Capitolo 8

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« Vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste e nulla più »

- Oscar Wilde (1854-1900)

23 febbraio.
È notte fonda. Dal finestrino del pullman diretto all'aeroporto di Milano-Bergamo riesco a intravedere una luna piena. L'aria è irrespirabile e sento uno strano odore di sudore e urina, ho paura di non riuscire a sopravvivere al tragitto. L'autista ha deciso di azionare l'aria condizionata seppure sia ancora inverno; la gente continua a lamentarsene ma a lui non sembra importare. Di conseguenza, ognuno cerca di proteggersi con ciò che ha appresso, che sia un giubbotto o un plaid in pile.

Il mio compagno di viaggio ha deciso di non rendersi conto della mia presenza e lasciare che la sua massa corporea occupi più spazio di quello concesso. La sua testa è appoggiata sulla mia spalla, spero solamente non sbavi sul mio maglione di Yves Saint Laurent o i passeggeri saranno costretti ad assistere a una scena poco piacevole che potrebbe svegliarli dal sonno profondo.

Nel pullman regna un silenzio assordante, animato da qualche brusio di voci provenienti dai sedili posteriori del veicolo e da rumori generati dal motore interno.

Non riesco a chiudere occhio. Dicono che la notte porti consiglio, ma avrei preferito mi portasse un po' di riposo. Tra la temperatura glaciale e le convulsioni sporadiche dell'uomo vicino a me, non riesco a spegnere la mente e lasciarmi andare.

Forse non si tratta solo di questo.

E' da un paio di giorni che ho un chiodo fisso dentro di me. Tra qualche ora dovrò prendere un volo diretto per Parigi Beauvais e inaugurare quella che potrebbe essere l'esperienza più eccitante della mia vita. Non riesco a stare nella pelle, non riesco a contenere il mio entusiasmo ma, allo stesso tempo, l'agitazione prevarica sul mio stato d'animo e genera una serie di dubbi che violentano il mio inconscio. Ho paura di non essere all'altezza, ho paura di non essere capito ed essere messo da parte, ho paura di non trovarmi bene.
Ho paura di restare da solo. Ho cercato di camuffare le mie inquietudini con gli altri spiegando che fosse più che normale essere leggermente in agitazione, ma dentro di me sapevo cosa stava realmente accadendo. Rimanere da solo è sempre stata la mia più grande paura o, forse, la mia più grande vergogna. Ho voluto convincermi di non avere bisogno di nessuno al mio fianco, ma l'abbandono e i tradimenti hanno causato un trauma interiore di cui cerco ancora di rimarginare le ferite. Ogni qualvolta io cerchi di sentirmi abbastanza per me stesso, trovo un motivo per non esserlo. Trovo un modo per denigrarmi e convincermi del fatto che io non possa essere adatto ad affrontare un qualsiasi problema. Ho paura di rimanere da solo perché vivere con me stesso mi darebbe la nausea, mi porterebbe all'esaurimento e allo sfinimento. Ho paura di rimanere da solo perché è questo che ci impone la società. Ci costringe a sentirci realizzati con l'incontro della persona che dovrebbe farci sentire completi. Io non ho bisogno di questo, mi occorre solamente una persona che non mi faccia odiare me stesso, che non mi faccia andare giù nel baratro.

Salutare i miei amici è stato molto difficile. Magda ha preso le valigie e ha lasciato il paese i primi giorni del mese, mi ha assicurato che sarebbe stata bene e che ci saremmo sentiti in ogni occasione possibile; e così è stato. Mi ha raccontato di aver incontrato un gruppo di ragazzi che organizzano dei tornei di beer pong e che le hanno promesso di portarla a vedere l'aurora boreale il prima possibile.

Per quanto riguarda Antonio, dopo il grande successo dei meeting di Barcellona, gli è stato proposto di iniziare un tour in Sud America e portare le specialità trentine fuori dall'Europa. Dire che ne fosse entusiasta sarebbe riduttivo.

Questa Sera Basto a Me StessoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora