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«Jimin, dove cazzo sei!?».

La voce di Kookie gli perforò un timpano, allontanò di poco il cellulare e Hoseok scoppiò a ridere nel sentire la voce squillante di Jungkook, mentre finiva di mettere via la sua roba in un borsone.

«Sono in palestra, perché?» domandò innocentemente il ragazzo dai capelli color mandarino, confuso dall'atteggiamento di Jungkook.

«La cena a casa di Jin Hyung! La FOTTUTA CENA, Jimin! Sono già tutti qui, Jin ha già presentato Namjoon e tu DOVE CAZZO SEI!? In palestra! Io ... Io non ho parole.»

Jimin si ricordò improvvisamente dell'impegno per quella sera e si maledì per non essersene ricordato prima.

«J-Jungkook-».

«É meglio per te se muovi quel tuo fottuto culo e arrivi qui velocemente, sono stato chiaro?».

Non gli diede modo di rispondere che chiuse la chiamata, il ragazzo sospirò e afferrò la sua sacca: doveva farsi una doccia, cambiarsi e volare a casa di Jin Hyung - ciò voleva dire che ci avrebbe impiegato come minimo un'oretta.

«Sono un uomo morto.» mormorò prendendosi il volto fra le mani e Hoseok si avvicinò preoccupato.

«Che succede, Chim?» domandò osservando l'amico iniziare a correre fuori dalla stanza.

«Ti spiego tutto domani! Scusami!».

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Due ore e mezza erano passate dalla chiamata di Jungkook, Jimin nel suo calcolo mentale s'era scordato di includere il traffico di Seoul e ora era lì, di fronte alla porta di casa di Jin Hyung e temeva il momento in cui avrebbe incrociato lo sguardo dei suoi amici e del suo fidanzato.
Jungkook era sembrato così alterato ed era sicuro che questa volta un paio di paroline dolci non avrebbero cambiato nulla.
Era fregato.
Cercando tutto il coraggio che possedeva suonò il campanello e attese, il vociare all'interno si spense pian piano e poco dopo la porta venne aperta da Jin Hyung, che nel vederlo gli sorrise dispiaciuto.

«Ciao Jimin, entra - vado subito a prenderti i piatti che ti ho messo da parte, vai pure in salotto.»

Jimin si sentì in colpa, il suo amico aveva messo via del cibo per lui per via del suo ritardo e lui era riuscito a fare ancora più tardi, se fosse stato in Jin lo avrebbe dato ai randagi piuttosto che a lui.
Non appena mise piede in salotto incrociò lo sguardo dei suoi amici e desiderò farsi piccolo, piccolo - Namjoon, così come Jin erano gli unici due a non avercela con lui, poiché erano sempre stati i più comprensivi.
Yugyeom lo fissava come se fosse un idiota, probabilmente al suo posto non si sarebbe nemmeno presentato, BamBam al suo fianco lo salutò appena, capendo che non fosse il momento per salutarlo al solito, Taehyung e Yoongi lo fissavano un po' delusi, un po' innervositi e poi c'era Jungkook, che non lo stava nemmeno fissando, osservava il suo piatto vuoto e sembrava sul punto di esplodere.

«Ciao, scusate il ritardo.» sussurrò inchinandosi per chiedere perdono, Jin Hyung gli diede una leggera pacca per farlo alzare e gli diede il suo piatto, prima di farlo sedere di fronte a Jungkook - l'unico posto libero a tavola.

«Non importa, sappiamo che stai lavorando molto.» sussurrò Namjoon con un mezzo sorriso e in risposta Jungkook sbuffò.
Jimin non disse nulla, sapeva che Kookie fosse furioso con lui e probabilmente non appena sarebbero rimasti soli gli avrebbe urlato contro le peggio cose.
Era nei guai fino al collo.

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«Io vado da BamBam, ti prego non ucciderlo.» mormorò Yugyeom sulla soglia dell'appartamento e Jimin, che se ne stava in salotto sentì tutto.
Non sapeva come giustificarsi, d'altronde se n'era dimenticato sul serio e non ci sarebbe stato nulla di male se negli ultimi mesi non avesse utilizzato tutte le scuse possibili e immaginabili.
Sentì la porta chiudersi e poi Jungkook apparve in salotto senza nemmeno degnarlo di uno sguardo, di nuovo.

«Kookie.» provò il maggiore, ma il ragazzo in questione si voltò verso di lui fulminandolo con lo sguardo.

«Non osare dire una sola parola, chiaro? Lo sapevi, lo sapevi da un po' dannazione! Ti è così difficile ricordarti le cose!? Io non sono così comprensivo, non me ne frega niente degli allenamenti, non quando inizi a dimenticarti di cose importanti!».

Jungkook innervosito era abbastanza spaventoso, essendo più alto di Jimin incuteva un certo timore e la consapevolezza di essere nel torto non aiutava il ragazzo dai capelli arancioni.
Sapeva di meritarsi tutte quelle urla.

«Mi dispiace, ti giuro che mi dispiace Kook! Mi sono dimenticato, non lo nego, ma per l'amor del cielo cerca di capirmi, okay? La danza è tutta la mia vita e ora che sto tornando in pista non posso permettermi distrazioni.»

Kookie non sembrò apprezzare affatto quelle parole, anzi lo innervosirono solamente di più.

«Distrazioni? Quindi avere una vita al di fuori della palestra vuol dire avere una distrazione!? Bene, quindi io sarei una distrazione! Fantastico!».

Jimin capì l'errore commesso e si avvicinò velocemente al corvino per prenderlo fra le braccia, ma Jungkook si scostò violentemente mettendo più distanza possibile fra di loro.

«Ora vado a dormire, sono stanco e non voglio vederti qui al mio risveglio, sono stato chiaro?».

Detto ciò Jungkook sparì verso la sua stanza chiudendosi la porta alle spalle, Jimin rimase immobile in mezzo al corridoio, ma decise di non andarsene: non voleva uscire da quella casa, temeva che avrebbe segnato la fine di tutto.

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Jimin entrò in camera del suo ragazzo in punta di piedi, sperava che stesse dormendo e che non si accorgesse della sua presenza fino al suo risveglio.
Scostò piano le coperte e si sdraiò al suo fianco, afferrò la sua vita stringendolo a sé e inspirò il profumo del suo shampoo.
Si sentiva così in colpa per ciò che aveva fatto, l'ultima cosa che desiderava era ferire Kookie o deluderlo o qualsiasi altra cosa negativa.

«Ti amo, Bunny ... Scusami.» soffiò sui suoi capelli.

«Ti amo davvero, mi dispiace di essere assente in questo periodo, mi dispiace di lasciarti solo, di non esserci quando hai bisogno di me, mi dispiace di ferirti in continuazione.
Non sono mai stato bravo con le persone, con le relazioni, ma con te volevo che fosse diverso e invece sto riuscendo a rovinare tutto.
Ho paura di prometterti qualcosa che non riuscirò a mantenere, ho paura di farti del male ancora e ancora ... Ho paura che tu possa lasciarmi, che tu smetta di amarmi.
Non mandarmi via, ti supplico ... Sei tutto ciò che ho.»

Jimin affondò il volto nel cuscino e strinse meglio il corpo di Kookie contro di sé, mentre sentiva le guance iniziare ad inumidirsi a causa delle lacrime.

«Idiota.» sussurrò Jungkook facendo sobbalzare Jimin, che non pensava che il minore fosse sveglio.
In un secondo si ritrovò stretto nell'abbraccio del corvino, che si era voltato verso di lui e lo aveva avvolto fra le braccia.

«Non ti lascerò per questo, ma sono stanco anch'io ... Vorrei stare con il mio ragazzo, poter uscire con lui, avere dei dannati appuntamenti ogni weekend ... Voglio poter stare con te per più di un paio d'ore, ti prego ... Non ti sto chiedendo di rinunciare alla danza, non lo farei mai ... Ti sto chiedendo di rallentare i ritmi e tornare ad essere anche il mio fidanzato.»

Jimin annuì sul suo petto, consapevole che Jungkook avesse ragione.
Doveva rallentare i ritmi e pensare anche alla loro storia, non poteva mandare a quel paese la loro relazione.
Alzò leggermente il volto per far scontrare le loro labbra in un bacio dolce e delicato, che diede le vertigini ad entrambi.

«Ora dormi, Mandarino.» sussurrò Kookie.

«Mandarino!?» mormorò sconvolto Jimin, ma Jungkook aveva già chiuso gli occhi e sembrava essere ripiombato in un sonno profondo.

Io non sono un mandarino.

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