Capitolo 32

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Per tutto il tragitto in macchina Grayson non mi ha rivolto per niente la parola, non è stato imbarazzante a dire la verità, di solito il silenzio quando sono con altre persone, mi imbarazza, ma non questa volta, non con lui. Mi guardava di tanto in tanto e ha tenuto quasi per tutto il tempo una mano sulla mia coscia. Non so dove stiamo andando in realtà perciò è proprio vero ciò che ho pensato prima, che mi sarei lasciata portare ovunque.
Qualche minuto dopo arriviamo a destinazione, sono circondata da palazzi enormi, sono dappertutto e io mi guardò intorno per cercare di capire dove siamo.

«Io abito qui.» finalmente Grayson si decide a parlare e dopo averlo seguito fuori dalla macchina, lo seguo fin dentro uno dei palazzi «Prendiamo l'ascensore okay? Non credo che tu voglia farti cinque piani a piedi.» io annuisco soltanto.

E una volta entrata non so se farmi prendere dal panico perché soffro di claustrofobia e non gliel'ho detto, o cercare di fingere e non farlo notare.

«Emh, da quanto abiti qui?» gli chiedo stupidamente per cercare di non pensare al fatto che sono chiusa in un fottuto ascensore e che potrebbe bloccarsi da un momento all'altro.

«Tre anni.»

Quindi si è trasferito qui quando aveva vent'anni in pratica.

«Sembra un posto tranquillo.» dico continuando a guardare dappertutto e a giocare in modo nervoso con le mie mani.

«Arya, sei claustrofobica?» mi chiede dal nulla ed io mi costringo a guardarlo, mi sta fissando con un cipiglio sul volto, come se stesse cercando di capire qualcosa.

«Emh, si.» annuisco e lui si avvicina a me, non so se svenire perché ha ridotto ancora di più il mio spazio vitale o perché mi si è avvicinato tanto da poter sentire il suo profumo.

«Siamo quasi arrivati, stai tranquilla.» mi accarezza i fianchi e io chiudo gli occhi.

Quando sento il tin dell'ascensore capisco che non mi ha mentito e che siamo davvero arrivati, mi precipito, nel vero senso della parola, fuori da quell'aggeggio infernale e lui mi segue.

«Avresti dovuto dirmelo.» mi rimprovera lui, una volta fuori, io mi limito a fare spallucce.

Lo seguo verso quella che credo sia la porta di casa sua, appartamento A79, bene bene. Non appena entriamo e accende la luce, la sua casa già mi piace, è tutta moderna e dai colori nero, bianco e grigio, in realtà lo immaginavo, Grayson non è un tipo da casa color arcobaleno, appena si chiude la porta dietro di se, sento un abbaio e quando un grosso cane nero si avvicina a noi, non so come reagire.

«È tuo?» gli chiedo e solo dopo mi rendo conto della domanda stupida che ho appena fatto.

«Si, l'ho trovato un'anno fa per strada, era decisamente più piccolo e ridotto male.» mi racconta e per un momento mi si stringe il cuore.

Come hanno potuto abbandonare a se stesso un esserino così dolce?

«L'hai curato e te lo sei tenuto.» dico più a me stessa che a lui.

«In realtà all'inizio non volevo tenerlo.» fa spallucce come se volesse sminuire ciò che ha fatto.

Ma credo lo stesso che sia una cosa bellissima e anche se non vuole darlo a vedere, Grayson è davvero una gran bella persona e anche se lui vuole far credere il contrario, ha dei sentimenti.

«Ciao!» mi piego un po' per avvicinarmi al cagnolone che ho difronte, lui mi guarda, mi fissa e si avvicina di poco.

«Di solito ringhia a chiunque non conosca o semplicemente non si lascia avvicinare.» mi dice mentre osserva la scena.

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