7. Maledetto Karma

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Adriel

Ciao.

Mi ero preparato qualche frase a effetto, qualche battuta da rifilarle, ma l'unica cosa che sono riuscito a dirle è stato un banale ciao. Mi prenderei a schiaffi da solo, ma non ne ho il tempo, perché la ragazza mi sta guardando con gli occhi fuori dalle orbite, come se all'improvviso si trovasse di fronte all'apparizione di una creatura mitologica.
Sbatte più volte le palpebre, come se si stesse risvegliando da un sogno, o da un incubo a giudicare dal modo in cui mi osserva, poi si porta una ciocca d'ebano dietro l'orecchio.

«Incredibile» borbotta con sarcasmo.

Provo a sorriderle. «Cos'è incredibile?»

Alle mie parole lei scoppia a ridere di gusto; questa volta sono io a essere confuso e mi limito a fissarla.

Lei si ricompone. «Tu hai qualche problema, fidati! Ieri mi hai trattato come un'appestata e oggi ti siedi di fianco a me, mi rivolgi la parola e magari ti aspetti pure che ti dica il mio nome e che ci mettiamo a fare conversazione.»

Mi blocco, spiazzato dalle sue parole. Sì, vorrei sapere il suo nome e sì, vorrei parlare con lei, capire che cos'ha d'insolito questa ragazza, perché qualcosa di diverso dagli altri umani lo deve avere se ogni dannata volta che gli sono vicino il marchio prende a tirarmi la pelle.
Il mio comportamento di ieri deve apparirle alquanto bizzarro, ma...
Dannazione! Scoppiarmi a ridere in faccia?! Questo proprio non me lo aspettavo. Nessuno mi ha mai riso in faccia fin'ora...

Mi passo la mano tra i capelli, indeciso su come portare avanti questa disastrosa conversazione, quindi opto per porgerle le mie scuse. «Volevo scusarmi per ieri. Mi dispiace, davvero...» ritento e le rivolgo uno sguardo affranto.

Lei raddrizza la testa, fissa i suoi occhi nei miei con aria di sfida, e fa una smorfia. «Mi sembra il minimo!»

Dannazione!

Questa ragazza non è intenzionata a rendermi le cose facili.

«Sono davvero dispiaciuto, devi credermi» ribatto e la sicurezza che da sempre mi contraddistingue un po' si affievolisce.

Lei mi scruta con attenzione, come per verificare se sono sincero e la cosa mi dà la spinta per proseguire: «Mi piacerebbe ricominciare da zero, se per te va bene. Mi chiamo Adriel e tu sei...» Lascio la frase in sospeso, nella speranza che questa volta accetti le mie scuse e mi riveli almeno il suo nome.

Sostiene il mio sguardo, per un istante sulla difensiva, come se si aspettasse che da un momento all'altro dia di matto, poi fa un sospiro e la sua espressione si addolcisce. «Ok, accetto le tue scuse. Io sono Alyssa.»

Protende il braccio destro verso di me e resta con la mano sospesa nel vuoto, in attesa che io la stringa.
Osservo esitante le dita tese verso di me e valuto se sia il caso di stringerle o meno.
Questi umani sono davvero strani: hanno sempre bisogno del contatto fisico, anche tra estranei, di baci, carezze, strette di mano, insomma, ogni scusa è buona per toccarsi.
Metto fine all'indecisione e l'afferro. Non appena le nostre dita si sfiorarono, avverto un intenso calore propagarsi dal mio nodo, come una sorta di strana corrente che sembra attirarci l'uno verso l'altra. È allo stesso tempo una familiare e fastidiosa sensazione di déjà-vu: la stessa cosa mi succedeva ogni volta che sfioravo la mia Layla, solo che era molto più intensa.
Sussulto e ritraggo in fretta la mano, poi fingo che non sia successo nulla.

Forse questa Alyssa ha ragione: ho davvero qualche problema.

Lei si fissa la mano, incredula, ed esamina le dita a una a una, con occhi sgranati. «Ok. Questo è stato strano.»

Alpha - the escapeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora