19. La fuga

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Adriel

Questa mattina mi sono alzato prestissimo, impaziente di arrivare al Campus. Non ho chiuso occhio, preoccupato per la sorte di Alyssa e Delaney e agitato per il nostro imminente piano di fuga.

Maledetto supervisore!

Ieri, prima di cena, ci ha chiamati a uno a uno per il rapporto di routine. Ho percorso lo sterile corridoio che conduce al suo studio e mi sono imbattuto in Malaki, che si dimenava e imprecava, mentre veniva trascinato via da due militari.

Mi sono bloccato di fronte a loro, deciso a non farli passare. «Ehi, dove diavolo lo state portando?» ho chiesto, trattenendo a stento la rabbia.

Il soldato più grosso dei due, con una vistosa cicatrice sul sopracciglio destro, ha fatto un sorrisetto. «Ordini del supervisore, levati.»

«Io non mi muovo da qui. Esigo sapere cosa è successo» ho dichiarato risoluto, allargando le gambe e piantando i pugni sui fianchi.

L'uomo ha posato la mano libera sull'impugnatura della pistola, che sbucava dalla fondina appesa al suo fianco. «Vuoi far compagnia al tuo amichetto nella cella d'isolamento, alieno?»

Malaki ha sollevato il capo e un sorriso amaro si è dipinto sul suo viso. «Non fa nulla, Adriel, me la sono cercata. Domani mattina sarò già fuori. Il supervisore ha pensato che una notte dietro le sbarre potesse giovarmi, dato che gli ho quasi tirato un pugno su quella brutta faccia che si ritrova.»

«Tu cosa?»

Dannazione, possibile che sia così idiota?

I soldati lo hanno strattonato, impazienti di eseguire gli ordini. «Ora basta, saluta il tuo amichetto.»

I due uomini hanno ripreso a trascinarlo lungo al corridoio e, mentre lo portavano via, Malaki ha urlato: «Ho dovuto farlo. Quel bastardo è andato a prendere Delaney a scuola.»

Mi sono pietrificato. Se era andato a prendere lei, di certo ha coinvolto anche Alyssa. Che n'è stato di loro? Ho stretto i pugni così forte che mi sono conficcato le unghie nei palmi e la rabbia è divampata dentro di me come un incendio impetuoso.

Se quell'uomo crudele ha torto un solo capello a Alyssa, o a Delaney, lo ucciderò con le mie stesse mani.

Senza tanti convenevoli, ho spalancato la porta dello studio del supervisore. «Cosa ha fatto ad Alyssa e Delaney?»

Lui è rimasto immobile, barricato dietro la sua maledetta scrivania, con le mani incrociate sopra un mucchio di scartoffie e mi ha guardato divertito. «Deduco che tu abbia visto il giovane Malaki. Che ragazzo sciocco e impulsivo! Il suo patetico tentativo di colpirmi mi ha fatto sorridere.»

Accecato dall'ira, ho cominciato ad avanzare a grandi falcate verso di lui, deciso a strangolarlo con le mie mani, se era necessario.

Mark ha fatto scivolare una mano sotto la scrivania, ha afferrato qualcosa e, dopo pochi secondi, mi sono ritrovato puntata contro la canna lucida di una Sig Sauer. «Ora che sei più tranquillo, accomodati» ha sibilato, indicandomi con la mano callosa la sedia vuota di fronte alla sua scrivania.

Mi sono seduto con movimenti lenti, consapevole di essere ancora sotto tiro. Quando ho preso posto, il supervisore ha abbassato la pistola e l'ha posata sul piano di fronte a sé. «Dove eravamo rimasti? Ah, sì, questo pomeriggio ho deciso di andare a conoscere di persona questa umana che ti sta tanto a cuore.»

Quelle parole mi hanno fatto rabbrividire, ma ho cercato di rimanere impassibile. Ho incrociato le mani al petto e ho piantato i miei occhi violacei su di lui. «Mi sembra di averle già detto che questa umana non mi interessa.»

Alpha - the escapeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora