9. Spie e gelsomino

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Adriel

«Trenta, il supervisore vuole vederti.»

Mi pietrifico sul posto e sento gli occhi di tutti puntati addosso.

Come mai vuole incontrarmi ora? Non ho mai fatto un colloquio di prima mattina...

Serro i pugni e fisso il soldato che mi sta di fronte. «Perché?»

Lui inarca un sopracciglio e la mano destra scatta sulla fondina della pistola che porta attaccata alla cintura. «Seguimi.»

Indugio con gli occhi sull'arma e deglutisco. Non promette nulla di buono ma non ho altra scelta, così lo seguo.

Prima di chiudermi la porta della nostra casa alle spalle, scorgo la preoccupazione negli occhi di Amabel e Delaney. Kaleen è rigido e intuisco che anche lui ha il mio stesso cattivo presagio. L'unico che non sembra per nulla turbato è Malaki, che è impegnato a mangiare un panino.

Percorro il cortile in silenzio e, al mio passaggio, i pochi Alphaniani che incontro mi fissano come se mi stessero conducendo al patibolo, ma nessuno osa protestare. Nessuno dice nulla, sanno che peggiorerebbero solo la situazione.

Raggiungiamo la sezione Sigma in silenzio. Il soldato mi scorta fino alla claustrofobica stanzetta adibita per i colloqui che conosco tanto bene: quattro sterili pareti bianche, con un'unica finestra oscurata e una telecamera posta all'angolo destro del soffitto. Una scrivania e uno sgabello d'acciaio sono gli altri elementi d'arredo.

Il militare bussa e, nell'istante in cui sentiamo la voce del supervisore dire "avanti", spalanca la porta e si appoggia al muro con la schiena. Lui non entrerà, è la procedura, rimarrà fuori di guardia.

Mi faccio coraggio, muovo un passo dopo l'altro e cerco di mantenere la calma. Mark è già comodamente seduto nella sua poltrona in pelle nera e, quando mi vede, fa un cenno con le dita, invitandomi a prendere posto di fronte a lui.

In silenzio, mi scruta con i suoi glaciali occhi cerulei per qualche secondo, poi si sistema gli occhiali sulla sommità del naso. Si schiarisce la gola e abbassa il capo per leggere qualcosa dai fogli che stringe tra le mani.

Di tanto in tanto solleva lo sguardo per lanciarmi delle strane occhiatine, per poi riprendere subito dopo con la lettura, come se nulla fosse.

Che diamine c'è scritto?

Sono sempre più a disagio per questo interminabile silenzio.

«Allora, Trenta» afferma all'improvviso, facendomi sobbalzare sullo sgabello. «Ti starai chiedendo il motivo per cui ti ho fatto chiamare?»

Resta in attesa della mia risposta, con le braccia incrociate sopra i fascicoli che ha poggiato sulla scrivania.
Mi limito ad annuire, ho la bocca troppo impastata per dire alcunché.

«Ho fatto uno strappo alla procedura perché ho modo di credere che tu abbia omesso alcune cose durante il tuo colloquio di ieri.

Possibile che sappia di Alyssa? Qualcuno ha fatto la spia? Gli ha detto del marchio?

Liscio il tessuto di cotone con i palmi delle mani e deglutisco. «In tutta onestà non so a cosa si riferisce.»

«Mmh, stavo guardando i tuoi test, Trenta» dichiara, spulciando quei dannati plichi. «Vedo che hai raggiunto un punteggio molto alto in quelli del Q.I. e hai ottenuto risultati sbalorditivi in quelli psicologici, quindi, davvero non capisco» ribadisce freddo, con lo sguardo fisso sulle parole apposte sulla carta.

«Che cosa non capisce?» chiedo, non riuscendo a mettere un freno alla mia curiosità.

Lui solleva lo sguardo e mi fissa dritto nelle palle degli occhi. «Mi chiedevo: non sei stupido, quindi, perché mentirmi?»

Alpha - the escapeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora