18. Il padre di Delaney. (pt.1)

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Alyssa

Ancora sconvolta per quello che è successo, percorro in modo meccanico tutto l'atrio della Mansfield, con Delaney al mio fianco che mi tiene per mano. Mentre costringo i miei piedi a fare un passo dopo l'altro, cerco di focalizzare l'attenzione sulle dita affusolate che stringono le mie. Sento il calore che irradiano, le pulsazioni cardiache della persona al mio fianco. Un corpo fatto di carne e sangue, dalle fattezze così simili alle mie, eppure tanto differenti. All'apparenza sembrano tutti normali essere umani, certo sono di una bellezza insolita, ma hanno pur sempre una testa, due braccia e due gambe come me, tralasciando quel piccolo dettaglio degli occhi viola e dei due cuori. Al ricordo della battuta di Adriel ancora mi sale la voglia di prenderlo a schiaffi.

Come riesce a scherzare su un argomento così delicato?

Spalanco una delle porte a vetri dell'entrata, mi lascio alle spalle la facciata della biblioteca, con la scritta Mansfield Library incisa sulla parete di pietra posta al centro dell'edificio, e rimango a osservare gli altri che, dopo avermi sorpassato, salgono nel solito furgoncino bianco.

Ora che conosco la verità mi viene il magone all'idea che stiano ritornando in quel posto orribile. Non li conosco bene, alcuni di loro non mi stanno nemmeno simpatici, ma so che nessun essere vivente dovrebbe vivere così, privato del libero arbitrio.

Anche Delaney condivide il mio stesso stato d'animo, perché appena Malaki scompare dentro l'abitacolo mi stringe la mano, come se non sopportasse l'idea di lasciarlo solo ad affrontare qualsiasi cosa lo attenda in quel luogo orribile. Adriel è l'ultimo a salire. Prima di chiudere la portiera si concede di guardarmi un'ultima volta. Capisco dalla sua esitazione e dal modo in cui stringe il bordo dell'auto che è combattuto tra il desiderio di non lasciarmi e la necessità di andare, preoccupato per me e per tutti loro. Gli sorrido in maniera rassicurante, anche se in cuor mio sono terrorizzata. 

Nell'istante in cui la vettura ingrana la marcia mi volto verso Delaney. «Dobbiamo raggiungere Melissa, la mia migliore amica, è lei che mi accompagna sempre a casa» chiarisco e spero che non sia un problema.

«Mmh, non mi sembra una buona idea. Troverà insolito che ci sia anch'io. Che ne dici di andare a piedi?»

All'idea di dover camminare un sacco faccio una smorfia di disappunto. «Non ci penso nemmeno a fare un'ora di strada a piedi! Andiamo, mi inventerò qualcosa.»

Già mi ha imposto la sua presenza, ora vuole pure che cammini per quattro chilometri? Solo un alieno può pretendere una cosa del genere...

Mi incammino a passo spedito e intravedo Mel, che se ne sta appoggiata al suo Maggiolone con le braccia conserte. 

Nell'istante in cui mi vide indica lo schermo del cellulare. «Era ora! Ti ho mandato mille messaggi. Dove diavolo ti eri cacciata? Io... oh, ciao!» esclama sorpresa, quando si accorge della presenza di Delaney alle mie spalle.

L'aliena la squadra e fa un timido sorriso nella sua direzione. Mi supera e si porta di fronte a lei. «Ciao. Sono Delaney.»

Melissa inarca un sopracciglio biondo e la guarda perplessa mentre se ne sta rigida di fronte a lei, poi un sorriso le si allarga sul suo bel viso. Riduce la distanza tra di loro e abbraccia la povera Delaney, stritolandola. Lei si irrigidisce e rimane immobile, non capendo cosa stia accadendo.

La mia migliore amica le dà anche un bacio sulla guancia. «Io sono Melissa, ma puoi chiamarmi Mel» replica e poi la lascia andare.

Vedendo che Delaney è ancora perplessa, fa una risatina. «Non dirmi che non ti aveva ancora baciata nessuno! Tra amici si usa fare così da queste parti, spero di non averti sconvolto» si giustifica, percependo il suo imbarazzo.

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