11. Qual è il prezzo di una spia?

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Adriel

Un vostro scienziato... ma che mi ha detto il cervello?

Per poco non mi facevo scoprire come un idiota da Alyssa.
Non posso mai abbassare la guardia con lei: è curiosa, intelligente e mi osserva di continuo, analizza tutte le mie reazioni.

Esco dalla Mansfield con un senso di frustrazione che mi manda fuori di testa.
Nonostante ho ignorato le raccomandazioni di Kaleen e il mio stesso istinto, avvicinandola per scoprire il motivo per cui il mio marchio reagisce a lei, non ho ancora trovato le risposte alle mie domande.
Fin'ora so solo che il mio nodo si attiva senza apparente logica alla sua presenza, mi spinge a desiderarla e la cosa non mi piace per nulla.
Inoltre questa ragazza ha avuto un'infanzia solitaria, era malata fino a poco tempo fa e, ironia della sorte, è convinta che gli alieni esistano davvero.

«Adriel, ciao.»

La voce di un ragazzo mi strappa dai miei pensieri e sollevo il capo. Dannazione!
È quel mio compagno del corso di Fisica, Adam.

«Anche tu ancora al campus?» aggiunge.

Perché gli umani sentono il costante bisogno di porre domande inutili? Perché?

Mi blocco a pochi passi da lui. «Dovevo fare una tesina per Astronomia.»

Proprio in quel momento ci raggiunge anche Alyssa e nel vederci accelera il passo. Ci fa un cenno con la mano, per salutarci e poi prosegue.

«La conosci?» mi chiede Adam, seguendola con lo sguardo.

«Sì, è nel mio corso. È con lei che sto facendo il compito.»

Lui si sistema gli occhiali con la punta dell'indice. «Se non sbaglio si chiama Alyssa, vero?»

Inarco un sopracciglio, curioso. Che rapporto c'è tra questi due? Non gli ho mai visti insieme. «Come lo sai?»

Adam mi sorride. «Ho un corso con una sua amica, una certa Melissa. Quella ragazza parla un sacco... È stata lei a dirmi il suo nome. Tra le altre cose, mi ha detto che si è mollata con il suo ragazzo. Sai se è ancora single?»

Incrocio le braccia al petto. «Perché? Ti interessa quella?»

«È carina e sembra gentile. Non mi dispiacerebbe uscire con lei.»

«È impegnata» ribatto senza esitare.

Non so perché l'ho detto, ma l'idea che Alyssa esca con questo umano non mi piace per niente. Anzi, mi fa proprio incazzare.
Lui si passa una mano fra i corti capelli castani, lancia un'altra occhiata verso di lei e torna a guardarmi.

«Ne sei sicuro? Be', è un gran peccato, ha un sedere davvero niente male.»

Stringo i pugni lungo i fianchi per impedirmi di cavargli gli occhi. «Non ci ho fatto caso.» Avanzo e quando sono al suo fianco gli dico: «Ora devo andare, ciao.»

«Ciao» sento che replica lui, una volta che l'ho sorpassato.

L'avrei strozzato per aver guardato il culo ad Alyssa, cosa che, per la cronaca, ho fatto pure io.
Pensavo che questo Adam fosse innocuo, invece devo ricredermi: è un idiota.
Appena arrivo nel parcheggio adiacente al Leopold Institute, trovo subito il pulmino anonimo che mi attende per rientrare alla base.
Salgo a bordo, saluto con un cenno del capo il soldato in borghese che funge da autista e rivolgo lo sguardo fuori dal finestrino.

Dopo un viaggio interminabile, intravedo le ormai familiari mura che circondano il perimetro della base. Sono grigie e soffocanti distese di cemento, sovrastate dal filo spinato che corre lungo tutto il bordo.
Nessun terrestre può immaginare cosa celino queste recinzioni: gli umani sono convinti che sia una normalissima base militare e, dall'esterno, ne ha tutta la parvenza.
Nulla di più sbagliato.

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