24. Non dire niente.

367 17 19
                                    

Ignazio.
Resto lì da solo qualche minuto e poi rientro in sala giusto per congedarmi.
Gianluca, con cui non ho scambiato neanche una parola dall'inizio della serata, si avvicina a me.
Io lo vorrei ignorare bellamente. Ma lui non se ne va e quindi sono costretto a guardarlo.- Che c'é? -chiedo. - Vuoi dire qualcosa sul fatto che ho ballato con la mia ragazza?

Scuote piano la testa - Volevo farti gli auguri. -Mi poggia una mano sulla spalla -Buon compleanno Ignazio. - dice solo. E poi si allontana.

E ancora una volta mi sento una merda per come l'ho trattato. Ma è troppo lontano ormai per scusarmi e probabilmente non lo farei neppure se fosse qui. E lo so di avere torto marcio e che lui si é comportato fin troppo bene. Se qualcuno si fosse rivolto a me come io mi rivolgo a lui da tanto tempo ormai gli avrei spaccato la faccia. La verità è che Amelia non è la mia ragazza.
Non lo è più, e nonostante faccia male ammetterlo, é ciò di cui devo convincermi.
E se fossi stato in lui mi sarei inferocito se qualcuno avesse detto quello che ho detto io. La mia ragazza. Amelia non è mai stata mia. É sempre stata fiera e libera e che mi abbia concesso di essere parte della sua vita è un onore che io non ho saputo cogliere in tutto il suo valore. Ma adesso dire a lui che lei sia la mia ragazza é un capriccio idiota che avrebbe provocato una reazione in un idiota come me. Ma non in lui. E ancora una volta mi sento stupido in confronto a Gianluca, e capisco perché Amelia si sia trovata meglio tra le sue braccia che le mie.
E probabilmente devo accettare che sia così.
Quando me ne vado in camera la musica é ancora alta.
Ma tutto ciò che desidero è dormire su questa serata.
Quando entro in camera trovo sul letto una scatola e penso sia il kit da bagno ma quando la prendo capisco che si tratta di qualcosa di diverso.
C'é accanto un foglio di carta ripiegata.
E la calligrafia con la quale le parole sono scritte non la confonderei con nessuna.

"Più non si incanteranno i miei occhi nei tuoi,
più non si addolcirà vicino a te il mio dolore.
Ma dovunque andrò porterò il tuo sguardo
e dove andrai porterai il mio dolore."
Pablo Neruda.

La poesia mi strazia ancora di più, e quando apro la scatola mi si ritorce contro tutta l'ironia della sorte.

Una medaglietta.

Un'altra rosa dei venti come la prima che ci scambiammo mesi fa.
Come il bracciale che mi ha regalato e che non ho mai tolto.
So già cosa ci sarà scritto dietro e ho paura a girarla.
Ma poi lo faccio, e una picconata mi farebbe meno male.

Tutto torna a mesi fa, a quando a Natale la invitai ad una festa.
Di nuovo in quell'occasione ci fecero cantare e io le dedicai una canzone.

E la canzone era "Io che non vivo" e le avevo regalato il primo ciondolo della collezione quella sera, con dietro incisa la frase "io che non vivo più di un'ora senza te."

Qui é inciso "come posso stare una vita senza te."

Giro il biglietto.

Al centro del foglio é scritto solo

"Addio."


Ed é a quel punto che la strage é completa.
Mi sembra di tornare un bambino. Solo, in una stanza vuota a piangere tutte le mie lacrime. E questa volta so che è definitivo.


"dovunque andrò porterò il tuo sguardo

e dove andrai porterai il mio dolore"

Poi bussano alla mia porta. Quando apro, sembra una visione.
Lei è lí, bella come sempre, struccata e con i capelli umidi.
Porta una felpa e i pantaloni del pigiama. Avevo dimenticato che sarebbe rimasta qui in hotel.

-Amelia...

Lei scuote la testa - Non dire niente.

Mi bacia, io resto sorpreso solo un momento.
La stringo a me, lei richiude la porta alle sue spalle.
La spingo contro la porta, lei porta le mani alla cerniera dei miei pantaloni.
Mi sembra un sogno.
La aiuto e me li sfilo velocemente, poi le sfioro i fianchi e le sollevo la felpa. Lei se la toglie. Sotto non porta nulla. Vuole bruciare le tappe, rendere tutto veloce.
Ma a me sta bene così.
Le tiro giù i pantaloni e gli slip, lei finisce di spogliarmi.
E nel frattempo le nostre bocche si cercano spasmodicamente, siamo senza fiato e non me ne importa nulla.

E poi mi spinge sul letto e si siede cavalcioni sulle mie gambe.

Manteniamo un ritmo forsennato troppo forte, troppo a lungo.

Fa persino male, ma è meglio di qualsiasi cosa al mondo. Raggiungiamo il culmine insieme, Amelia é eterea, sovrumana.
Reclina il capo, chiude gli occhi, la pelle sottile delle spalle e del petto è tesa sotto i respiri profondi. E poi noto le lacrime che le solcano il volto. Penso di averle fatto male. E capisco che si, è quello che ho fatto, ma non in questo momento.
Non è dolore fisico quello che prova.
La bacio sul collo e sulle clavicole, affondo il viso tra i suoi seni. Lei mi accarezza i capelli. Poi mi bacia di nuovo.
E infine mi guarda negli occhi, a lungo.
Non dico niente.
Me lo ha chiesto lei.
Quasi credo veramente che si stenderá qui sul mio letto e che dormiremo fianco a fianco come mi manca fare.
Ma ovviamente non è quello che fa.
Sì alza lentamente, e anche questa é un'agonia.
Poi semplicemente raccoglie i suoi vestiti e li indossa.
Io non faccio nulla per fermarla.
E quando la accompagno silenziosamente alla porta, lei mi guarda un'ultima volta, ha gli occhi pieni di lacrime.
E poi si allontana senza voltarsi.
Ed io so benissimo perché ha bussato alla mia porta.
Lo so dal primo momento.
Era un addio.
Mi ha lasciato andare.

Holaaaa. Che mi dite di questo capitolo? Ve lo aspettavate? Lo avete trovato intenso? Fatemi sapere nei commenti e ditemi cosa pensate che accadrà.

Ps. Siamo a - 4.

Come nessun altro al mondo. Ignazio Boschetto.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora