8

553 25 0
                                    

L'appartamento è un openspace: in salotto c'è un grande divano a L di pelle nero, i mobili della parete soggiorno sono neri come il divano ed altrettanto moderni, con alcuni ripiani scoperti che fungono da biblioteca e una grande TV al plasma con lo schermo curvo appoggiata al centro di essa. Sopra al tappeto ovale beige c'è un piccolo tavolino di vetro rettangolare.
La cucina è spaziosa con una bellissima isola al centro, i pensili sono bianchi con il piano da lovoro nero. Gli elettrodomestici sono nuovi di zecca, come tutto il resto. La casa sembra uscita da un catalogo di arredi ma la cosa che più mi colpisce è la pulizia: non c'è nemmeno un cucchiaino fuori posto.
"Ci vivi da solo qui?", chiedo.
"Si."
"Stamattina hai detto che vivi con tuo zio.", sembra strano pensare che fosse solo questa mattina.
"Intendevo che sono cresciuto con lui."
"Ah. E come riesci a permettertelo?", sembrerò una ficcanaso, ma la curiosità ha la meglio.
"Lo sai che fai un sacco di domande?", risponde infastidito.
"Si, lo so.", sorrido e aspetto che lui risponda alla mia domanda.
Alza gli occhi al cielo.
"È mio, me l'hanno lasciato in eredità i miei genitori, perciò quando ho compiuto diciotto anni sono venuto a vivere qui. Mentre le bollette le pago lavorando."
"Che lavoro fai?", domando sempre più avida di informazioni.
"Se te lo dicessi, poi dovrei ucciderti.", dice facendomi l'occhiolino.
"Studente di giorno, 007 di notte?", pensandoci bene avrebbe senso, da come combatteva durante la rissa si direbbe che è un soldato o qualcosa del genere.
"Oh no, sono molto lontano dall'essere un poliziotto.", dal tono con cui parla e dalla strana scintilla che gli attraversa gli occhi, inizio a pensare che sia un criminale. Kyle mi ha raccontato delle brutte compagnie che frequenta Jordan e lui stesso ha affermato di non essere un bravo ragazzo. Non posso fare a meno di chiedermi se non sia immischiato in qualcosa di illegale, e in tal caso, questo mi terrebbe alla larga da lui? Per quanto mi conosco la risposta è no, probabilmente questo mi attirerebbe ancora di più.
"Non sarai mica un toyboy, vero?", scherzo fingendo un'espressione innoridita. Per tutta risposta lui alza gli occhi al cielo.
"Andiamo, simpaticona, basta domande. Dobbiamo lavarci via il sangue.".
Mi fa strada verso il bagno che si rivela essere meno spazioso di quanto immaginarsi, ma per lui che vive da solo dev'essere perfetto. Mi siedo sul bordo della vasca mentre aspetto che lui si lavi le mani con cura, poi lava la mia cercando di fare più delicatamente possibile. Adesso che non ho più l'adrenalina in circolo il dolore si fa sentire, mordo l'altra mano per non gridare e mi vengono le lacrime agli occhi. Lui mi guarda dispiaciuto.
"Ho quasi finito. Comunque non sembra rotta.", mi rassicura.
Asciugo la mano e torniamo in cucina. Prende una borsa del ghiaccio dal congelatore, la avvolge in una tovaglietta da cucina e me la passa.
"Tu non ti sei fatto nulla?", domando per distrarmi dal dolore.
"Qualche taglietto, ma ci sono abituato, perciò non ci faccio più caso. È la prima volta che picchi qualcuno, vero?", domanda divertito.
"Si, ancora non riesco a credere di averlo fatto davvero.", ora che ci penso sono stata grande! Mi darei una pacca sulla spalla per complimentarmi con me stessa, ma temo che Jordan mi crederebbe veramente pazza.
"Grazie.", dice.
"Di cosa?"
"Di avermi guardato le spalle.", risponde sorridendo.
"Te lo dovevo, è stata colpa mia se ti sei trovato in quella situazione."
"No, è stata colpa loro. Comunque, hai fame Terminator?"
Per tutta risposta il mio stomaco brontola. Lui sorride mentre io avvampo.
"Qualcosa di veloce?", domanda esaminando il frigo.
Faccio cenno di si e lui prende due porzioni di lasagne e le scalda nel microonde. "Dove hai imparato a combattere così?", domando mentre lo aiuto ad apparecchiare, penso di sapere già la risposta ma sentirlo dire da lui è diverso da un pettegolezzo genitoriale.
"È stato mio zio, il padre di Nate. Lui era un soldato e ci ha insegnato a combattere per autodifesa.", il tono piatto che usa dà l'impressione di aver ripetuto questa frase spesso, come fosse scritto su un copione da imparare a memoria.
Jordan toglie le lasagne dal microonde e iniziamo a mangiare. Sono davvero buone, non penso le abbia cucinate lui, non riesco proprio ad immaginarlo mentre cucina.
"Di cosa stavate parlando tu e psyco-barbie stamattina?", chiedo tenendo gli occhi fissi sul piatto.
"È venuta a chiedermi come mai tu fossi in macchina con me, le ho risposto che non sono affari suoi. Tutto qui.", fa spallucce e continua a mangiare. Sembra sincero quindi non insisto.
" Cosa c'è tra te e Gilbert? ", continua dopo aver bevuto un sorso d'acqua.
"Niente, siamo solo amici."
"E lui lo sa?", chiede sfoderando quel sorrisetto impertinente che adoro.
Alzo gli occhi al cielo.
"Certo che lo sa. Almeno credo.", lui annuisce.
"Hai sempre vissuto in California?", domanda.
"No, questo è il nostro quinto trasloco.", ho sempre la sensazione di conoscerlo da tempo, invece non ci conosciamo affatto, questa è la prima volta che parliamo davvero.
"Ah, come mai vi spostate così spesso?"
"Mia madre riceve spesso offerte di lavoro migliori e dato che sono ancora minorenne sono costretta a seguirla.", rispondo mangiando un'altra forchettata di lasagne.
"Come si chiama tua madre?"
"Rachel.", a quanto pare adesso è il suo turno di fare domande.
"E tuo padre?", domanda tranquillamente.
"Non l'ho mai conosciuto. È morto pochi mesi dopo la mia nascita.", parlare di mio padre mi fa venire un nodo in gola, nonostante non lo abbia mai conosciuto. Penso sempre a come sarebbe la nostra vita se lui fosse ancora qui.
"Scusami, non lo sapevo."
"Non preoccuparti. Allora ci riesci a chiedere scusa, eh?", cambio discorso prima di mettermi a piangere ricordando i momenti in cui volevo il mio papà vicino.
"Si, a quanto pare non è cosi difficile come sembra.", sorride.

Despite the blood Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora