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Non ho la minima idea di dove sono, ma continuo a correre finché i polmoni non iniziano a bruciare. Mi fermo appoggiandomi ad un albero, piango più lacrime di quante pensassi di avere e una volta ritrovato un contegno estraggo il telefono dalla borsa.
Vado sulle mappe, inserisco l'indirizzo di casa mia e scopro che sono lontana poco meno di dieci chilometri. Ci metterò una vita ad arrivare a piedi, soprattutto perché ho i tacchi. Stupida, stupida, stupida! Gli ho raccontato così tanto di me, gli ho raccontato addirittura di Justin, mi sono fidata di lui e lui mi ha ferita. Aveva promesso che con lui sarei stata sempre al sicuro, ma a quanto pare intendeva solo fisicamente e non sentimentalmente. Un passatempo, è questo che sono per lui, nient'altro. Bello quanto perfido, le parole di Mel mi rimbombano nelle orecchie. Non sono un bravo ragazzo, mi aveva avvisato lui stesso, ma io non volevo ascoltare. E se facessi la stessa fine di Victoria? Anche con lei è durata solo una settimana, e lei è impazzita. No, non farò la sua fine. Ho superato cose peggiori di questa, un rifiuto non mi distruggerà. Però se non prova nulla per me, perché è andato da Justin? Perché è venuto a cena da noi, questa sera? Perché si è presentato a mia madre? La testa mi scoppia, fa freddo e gli occhi mi bruciano, non voglio chiamare mia madre perché la farei preoccupare inutilmente. Ora lei sarà a casa, al caldo, sul divano assieme a Matt a guardare qualche film. Quanto vorrei essere rimasta con loro. Cosa mi aspettavo da uno così? Eppure è difficile pensare che le cose provate fino ad ora, sia stata solo io provarle. Dopo un'ora abbondante finalmente arrivo a casa, entro e mi dirigo in salotto. Matt e mia madre stanno dormendo profondamente sul divano, lui sembra un bel uomo visto da qui. Tolgo le scarpe e scopro di avere i piedi ricoperti di vesciche, salgo lentamente le scale per non svegliarli e mi infilo nel letto senza nemmeno struccarmi. Affondo il viso sul cuscino e singhiozzo fino ad addormentarmi.

"Buongiorno, tesoro. Non ti ho sentita rientrare ieri sera.", dice mia madre passandomi il caffè.
"No, stavate entrambi dormendo e non volevo svegliarvi. Lui è ancora qui?", domando allungando il collo verso il salotto.
"No, è dovuto andare a casa a cambiarsi. Stasera pensavo di organizzare una cena, noi due e i ragazzi.", sto per vomitare sul bancone.
"Che ragazzi?"
"Matt e Jordan.", ecco pronunciato il nome del figlio del diavolo. Ho provato a non pensarci da quando ho aperto gli occhi, non voglio più saperne nulla di quello stronzo pieno di se.
"Lui non è il mio ragazzo, quindi niente cena. Ora scappo a scuola. Ciao mamma.", esco di corsa perché non voglio più parlare di lui. Salgo sull'autobus e inizio a studiare il manuale teorico della patente, il tragitto dura meno di quanto mi ricordassi e arriviamo a scuola troppo presto. Mi faccio coraggio sapendo che vedrò Jordan alla prima ora, ma non farò scenate, l'indifferenza sarà la mia arma. Qualsiasi cosa succeda, qualsiasi cosa dica, non lo ascolterò. Non gli presterò nemmeno cinque minuti del mio tempo. Metto gli auricolari e mi dirigo in classe, non voglio parlare con nessuno, voglio solo stare per conto mio.
Mel entra sorridente in classe, ma quando incrocia il mio sguardo il sorriso le muore sulle labbra.
"Che cos'è successo?", domanda preoccupata.
"Si nota così tanto?"
"Si, hai due occhiaie terribili."
"Non ho dormito molto bene.", racconto solo una parte della verità perché sarebbe troppo umiliante raccontare quello che è successo davvero.
"Sicura di stare bene? Non hai un bel colorito.", mi appoggia la mano sulla fronte per sentire se sono calda.
"Si, sto bene.", vedo la figura famigliare di Jordan passare alle spalle di Mel per poi accomodarsi nel banco dietro al mio. Mi costringo a non guardarlo e quando il professore entra mi concentro sulla lezione. Al suono della campanella prendo le mie cose e mi dirigo fuori assieme a Mel, sono molto orgogliosa di me stessa per non essermi girata nemmeno una volta verso Jordan. Posso farcela, posso evitarlo per altri sei mesi. A francese utilizzo lo stesso schema, evito di guardarlo e riesco addirittura a rispondere ad una domanda del professor Clark senza mandarlo al diavolo. Dopo economia, decido di pranzare con Kyle, Mel e Dave, non sono dell'umore giusto per ridere alle battute di Dave perciò fingo di sorridere quando loro ridono, e resto seria quando fingo di ascoltare. Alzo lo sguardo dalle mie patatine e incrocio gli occhi blu che odio, lui è seduto nel tavolo di fronte al mio e continua a fissarmi. Improvvisamente la mensa si rimpiciolisce e inizia a mancarmi l'ossigeno. Chiedo scusa ai miei amici e mi alzo per andare fuori a prendere una boccata d'aria, Kyle si offre di accompagnarmi ma rifiuto gentilmente. Prendo la borsa e scappo verso la prossima lezione. Se ripenso che solo qualche giorno fa, in quella mensa, sorridevo come una stupida perché lui mi aveva telefonato, mi viene da piangere. Come può qualcuno cambiare così velocemente? No, non verserò più una lacrima per lui, non gli darò questa soddisfazione. Chimica passa in un batter d'occhio, e prima di rendermene conto mi ritrovo in palestra a chiacchierare con Kyle, provando a non incrociare più lo sguardo di Jordan. Una volta finito il riscaldamento, ci prepariamo per essere divisi in squadre per una partita di pallavolo.
"Ascolta, volevo chiederti una cosa.", inizia Kyle.
"Si, dimmi pure.", rispondo.
"Mi chiedevo.. Se.. Beh.. Ecco.. Vorresti venire al ballo con me?", ah. Come fai a rifiutare qualcuno senza ferirlo?
"No, lei non viene da nessuna parte con te.", interviene Jordan. Sento il cuore fuoriuscirmi dal petto al suono della sua voce.
"Non sono affari tuoi, Jordan.", rispondo senza guardarlo.
"Signorina Cooper, lei e il signor Gilbert sarete nella squadra rossa, mentre lei signor Kent, sarà nella squadra blu. Mettetevi le casacche e iniziate la partita.", ci avvisa la professoressa.
Prendo posto sotto la rete, dall'altra parte c'è un bel ragazzo bruno, mi sorride e io ricambio. Jordan arriva alle sue spalle.
" Fred, lasciami il posto.", ordina Jordan al ragazzo bruno.
" No, Fred. Resta qui.", ribatto. Il povero Fred guarda prima me poi Jordan, ma lo sguardo inceneritore di Jordan è più intenso del mio, perciò Fred si allontana lasciando il posto a Jordan. Mi volto dall'altra parte.
" Nemmeno mi saluti?", domanda.
" No. Non abbiamo niente da dirci.", taglio corto.
Una ragazza della nostra squadra batte la prima palla, la prendono facilmente e il loro centrale la alza a Jordan che schiaccia. Mi alzo in muro, riesco a bloccarla e la palla cade alle spalle di Jordan. Siamo 1 a 0 per noi. Sfoggio un sorriso vittorioso, mentre Jordan sorride scuotendo la testa. La nostra squadra batte di nuovo, mentre io torno sotto la rete a pochi centimetri da Jordan. Passo la lingua sulle labbra per idratarle, gesto che faccio spesso quando gioco perché mi aiuta a concentrarmi.
"Stai cercando di distrarmi?", domanda lui con un sorriso sghembo.
"No.", rispondo con tono secco.
La palla finisce nel nostro campo, Kyle la recupera con un bager, la passa al centrale e quest'ultimo la lancia verso la mia direzione. Prendo la rincorsa, mi accorgo che Jordan salta per fare muro, perciò fingo di schiacciare ma all'ultimo secondo fermo la mano e assesto un pallonetto che finisce sulla linea del loro campo. 2-0. Sorrido strafottente.
"Così la rendi troppo facile.", lo provoco.
"Sono un galantuomo, non posso fare altrimenti.", replica. Torno subito seria, non posso permettergli di riavvicinarsi.
A metà partita stiamo vincendo 17 a 12. La squadra blu batte la palla, la ragazza dietro di me riesce a prenderla per un soffio e il centrale per prenderla mi finisce addosso. Nel cadere per terra posiziono male la caviglia e un fitta di dolore mi attraversa le ossa.
Jordan attraversa subito la rete e prende il ragazzo per la casacca.
"Vuoi guardare dove cazzo metti i piedi?", parla in tono minaccioso a pochi centimetri dalla sua faccia.
"Jordan, lascialo stare. Non l'ha fatto apposta.", lo prego. Lui lo lascia andare, si avvicina a me analizzando la caviglia. Kyle si siede dalla parte opposta.
"Stai bene? Ti sei fatta male?", domanda Kyle preoccupato.
"Si, credo di essermi slogata la caviglia.", rispondo. Provo ad alzarmi ma la caviglia mi fa veramente male.
"Ti porto in infermeria.", dice Kyle.
"No. La porto io.", interviene Jordan.
"Signor Gilbert, accompagni la signorina Cooper in infermeria.", ordina la professoressa. Kyle sorride vittorioso.
"Con tutto il rispetto, professoressa Johnson, sono io il suo ragazzo. Preferirei portarla io.", tutti, me compresa, ci voltiamo a guardare Jordan a bocca aperta.
"No, non lo sei.", replico.
"Deve aver sbattuto la testa. Non sa quello che dice.", continua lui. È talmente bravo come bugiardo che per un istante ci credo anche io.
"Per l'amor del cielo, fate quello che volete, basta che qualcuno la porti in infermeria.", conclude indispettita la professoressa.
Jordan mi prende in braccio nonostante le mie proteste e usciamo dalla palestra.

Despite the blood Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora