Il più umano degli umani

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"Okay, ascolta, io - non ce la posso fare" esordisce Axel così, dal nulla, mentre Maxence cercava di fare conversazione con lui come se niente fosse. Sono seduti al tavolo di un bar, hanno appena finito una riunione con quelli del cast e hanno pensato di prendere un caffè insieme per conoscersi un po' meglio, dal momento che dovranno condividere qualcosa di davvero importante tra qualche settimana.

Maxence lo guarda, confuso, interrompendo il discorso che stava facendo a metà e guardandolo con il cucchiaino con cui stava girando il suo caffè sospeso in aria. "Ho fatto qualcosa di sbagliato?"

"No, tu sei perfetto" risponde Axel di slancio, facendogli un sorriso gentile. "È proprio questo il punto, sei perfetto. Sei - cazzo, sei perfetto, ti sei visto? Sei uno schianto. Sei davvero bellissimo e non riesco a sentire quello che mi stai dicendo perché mi perdo a guardarti e penso che dovrò lavorare con te, fingere di essere il tuo ragazzo, e non mi sentirò all'altezza. Come posso farlo? Tu sei perfetto, mentre io - io sono solo io."

La preoccupazione di Maxence si scioglie in dolcezza, posa il cucchiaino nella tazza e si limita a guardare Axel dall'altra parte, con un sorriso leggero sulle labbra. Non lo conosce da molto, lo ha visto in tutto due volte oggi compreso, non ha avuto modo di parlarci molto e di interagirci ma lo ha capito fin da subito che fosse speciale. Soprattutto quando oggi è arrivato, ha abbracciato gli altri membri del cast e ha iniziato a monopolizzare tutta l'attenzione su di lui. E ha capito il perché è successo. Axel è davvero un sole, non è una di quelle bellezze strabilianti che si vedono sulle copertine delle riviste, eppure quando entra in una stanza tutti si girano a guardarlo. Ha un fascino tutto suo, ci sa fare e se non lo consideri oggettivamente bellissimo, inizi a farlo nel momento in cui capisci anche solo un po' com'è fatto. E lui non ci ha capito molto, o meglio sa di non averlo fatto fino in fondo, e gli piacerebbe davvero conoscerlo meglio perché qualcosa gli dice che questo ragazzino impertinente è molto di più di quello che appare.

"Be' questo è un problema" gli dice lentamente, appoggiandosi allo schienale della sedia. "Però oggi è il tuo giorno fortunato, perché io sono un ragazzo intelligente e ho un'idea."

"Tu hai un'idea."

"Sì, ce l'ho" ripete, guardandolo dritto negli occhi. "Tu adesso vieni a casa con me, o io vengo a casa con te, e ci restiamo qualche giorno. Da soli e coi telefoni spenti. Non usciamo fino a quando non saremo certi di conoscerci abbastanza."

Axel lo guarda, l'espressione impassibile lo fa sorridere. "Tu sei pazzo. Sul serio, sei fuori di testa. Il bello è che lo dicono sempre a me, voglio dire, di solito sono io quello che viene accusato di essere pazzo, ma ehi. Tu sei proprio pazzo."

"Stai adorando il fatto che io lo sia" risponde Maxence, perché Axel non sembra affatto preoccupato, piuttosto sembra intrigato. "Hai visto? Ancora dobbiamo cominciare questa convivenza e già hai imparato qualcosa di me. Dai, ci stai? Ci divertiamo, promesso. Facciamo i giochi da tavolo - "

"Okay, allora sì" risponde Axel, senza più alcuna esitazione. "Solo perché adoro i giochi da tavolo."

-

Sono passate tre ore da quando a mezzogiorno Maxence ha lasciato il stesso appartamento e Axel non si è mosso da qui. Ha camminato avanti e indietro per il soggiorno per così tanto tempo che sente male ai piedi, è preoccupato, è stato sul punto di telefonarlo almeno otto volte per poi lanciare il telefono sul divano perché non può farlo, perché se Maxence è con Camille ora dopo che li ha beccati a letto insieme non può di certo telefonarlo come una fidanzatina apprensiva. Così non può fare perfettamente niente, se non stare qui, aspettare che torni e magari stargli accanto. Oppure no. E se tornasse con Camille?

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