Una lunga notte - pt.2

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"Mi domando se le stelle sono illuminate perché ognuno possa un giorno trovare la sua"

- Il Piccolo Principe





"Oh Dio. Fuori si gela" esordisce Maxence così, rientrando in clinica e affondando le mani nelle tasche del suo cappotto beige. Axel, che sta seduto sulla stessa sedia blu e scomoda da almeno due ore, non solleva neanche la testa per porgergli un sorriso o una parola. "Pure qui dentro" aggiunge in un sussurro, mentre si avvicina a lui con un sospiro rassegnato. L'operazione ad Ouba è cominciata da un po' oramai e Axel sembra intenzionato a rimanere in quella posizione tutto il tempo a fissare le sue scarpe.

"Sono tutti chiusi, ho trovato un distributore a cento metri da qua" gli dice Maxence, che era appunto uscito per cercare qualcosa da mangiare per Axel che non ha fatto in tempo a cenare. Tira fuori dalla tasca destra del cappotto, una lattina piccola di coca cola e una barretta di cioccolata. Si siede accanto a lui e gliela passa piano, quasi come se temesse una sua reazione brusca. "Questa ti piace di sicuro."

"Non ho fame" mormora Axel, continuando a fissare le sue scarpe da ginnastica. Maxence osserva lui, di rimando, e non può fare a meno di pensare a quanto sia infinitamente bellissimo e triste il suo Axel. Ha una felpa blu scuro addosso che spunta da sotto la giacca, i capelli disordinati come al solito e il suo profilo è mozzafiato come sempre. Le labbra screpolate, gli occhi socchiusi e il naso perfetto che gli ha sempre invidiato.

"Neanche questa vuoi?" ci prova ancora, mostrandogli la lattina rossa.

Axel sposta appena lo sguardo, esitando qualche istante prima di afferrarla. A questa non può certo dire no. "Grazie" mormora pianissimo, sollevando la linguetta e aprendola con facilità.

Maxence lo osserva mentre se la porta alle labbra e beve un sorso, e anche se è poco e non è certamente qualcosa da mangiare, è abbastanza sollevato dal fatto che si stia almeno dissetando. Lo guarda e si rende conto che non sa minimamente cosa dirgli. Non è la prima volta che sta da solo con lui, hanno passato insieme quella domenica pomeriggio quando è piombato a casa sua con la pretesa di provare insieme, ma in questo caso è diverso. Non ci sono copioni da studiare e recitare, non c'è il lavoro a tenerli in piedi uno di fronte all'altro, sono soltanto loro. Nudi. Esposti. Axel in preda ad un dolore che probabilmente non sa come gestire. E non sa che cosa dirgli, di cosa possono parlare?

Ci sono tante cose che Maxence vorrebbe chiedergli di questi sette anni che hanno passato lontani, che non si sono visti, ma con Axel sembra perennemente di essere in un campo minato e ha paura di parlare. Non può permettersi di farsi cacciare via, non ora che Axel ha bisogno di averlo vicino.

Così, prova a parlare dell'unica cosa su cui Axel probabilmente riuscirà a sbottonarsi. "Uh" sospira, cercando in un modo del tutto ridicolo di attirare l'attenzione. "Quindi. Tu ed Eric?"

"No" lo interrompe Axel senza esitazione. Non sembra proprio uno che vuole sbottonarsi.

"Okay" sussurra Maxence, sentendosi un po' demoralizzato. Però tentar non nuoce. "Quindi voi due, niente?"

"No" ripete Axel, e stavolta Maxence non capisce se si tratta di una risposta o di nuovo un modo per chiudere la conversazione, un modo per dirgli che non ha intenzione di parlare. Non adesso.

"Lo so che è solo sesso" continua Maxence, chiedendosi per un attimo dove stia trovando tutto questo coraggio di tentare ancora una conversazione con Axel che non vuole neanche sentire la sua voce. "Io ed Eric oramai siamo amici, proviamo lo spettacolo tutti i giorni e stiamo instaurando un rapporto, quello che mi chiedevo è cosa c'è da parte tua. Se provi qualcosa per lui."

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