la prigione, qualcosa di eterno

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CAPITOLO REVISIONATO

Due mesi dopo...

Dopodomani é natale. Rebecca da due mesi prova ad usare il braccio, senza tanto successo. Ester avrà tentato di aggiustarla un centinaio di volte. Riesce a muoverlo di qualche centimetro. Un paio di volte le abbiamo dato da tenere degli oggetti, che ha fatto cadere rompendoli. Ormai sono disperata. Lei sembra tranquilla, ma forse solo per non farci spaventare, mi correggo, farmi spaventare. In questi due mesi ho conosciuto alcune sfumature di Ester. Ho capito che lei ci ha costruito per volontà di qualcun altro, e ho capito che non é cattiva. Dato che non abbiamo mai niente da fare siamo uscite. Essendo dicembre abbiamo coperto tutto il metallo con tutte le cose invernali che ci sono in casa. Che bello uscire, io non esco da più di un anno, ma ester non é mai uscita in vita sua. Lei si guarda attorno spaesata.
-ehi dammi la mano... Ester? Terra chiama Ester?!- sembra una bimba piccola. Mi piace questo suo lato.
-eh sì, cosa...-
-ho detto dammi la mano!-
Lei prende la mia mano e iniziamo a camminare. All'improvviso mi sento chiamare. É una voce familiare. É Gioele.
-ester dobbiamo andare-
La prendo e la trascino velocemente fino a casa. Non voglio che Gioele mi veda. Non sono più come quella di prima. Dopo un po' sentiamo qualcuno che bussa alla porta. Mi avvicino e chiedo:
-chi é ?-
-emma sono gioele apri questa porta-
Guardo rebecca e lei fa si con la testa, si alza e mette la mano sopra la spalla.
-no, non voglio che tu mi veda, lasciami andare!- urlo
-emma ti prego apri questa porta!
-no, non posso!
Corro nella mia stanzetta e inizio a piangere sul letto. Non voglio che qualcuno di umano debba stare con me. Non voglio stare con nessuno. Chissà cosa é successo. Dopo un po' smetto di piangere e sento rebecca e ester che parlano nella stanza vicino.
-rebecca cosa succede ad emma?-
- quello era il suo fidanzato, l'ha dovuto lasciare prima di diventare così per opera tua-
- opera mia?! Non volevo farlo sono stata obbligata! Io non sono mai stata fuori, e soprattutto non sono mai stata libera! Tu non sai quante volte ha minacciato di affettarmi con una sega- dice piangendo. Sento qualcuno che si alza e che sbatte la porta. Poi silenzio. Questa é una cosa nuova, é un rumore di metallo che sbatte. Mi affaccio dalla porta, e vedo ester che gioca con dei coltelli sul tavolo mentre piange.
-ESTER! FERMATI SUBITO! - le urlo piangendo. Lei subito getta i coltelli a terra e mi guarda spaventata. Scende dalla sedia e inizia a correre per la casa.
- non mi stare vicino, sono un mostro! É solo colpa mia se siete così!-
Alla fine la fermo mettendola all'angolo
-ester stai ferma!-
-no...-
-ester smettila! Non é colpa tua!-
- Si che é colpa mia!-
- BASTA!-
Mi avvicino e la abbraccio forte. Lei non ricambia l'abbraccio; piange e singhiozza. E c'è anche questo lato.
-posso dormire con te?-
-non vuoi stare con rebecca?-
-lei mi odia...-
-ma... D'accordo dormirai con me-
Andiamo nel letto e lei si addormenta sul mio petto.
-emma...?-
- che c'è?-
-perché prima piangevi?-
-perché prima giocavi con i coltelli?-
-mi odiano tutti, e mi rispondo da sola, se tu prima piangevi era colpa mia

Qualche giorno dopo...

Dopo aver passato le feste separate in casa a consolare Ester oggi le avevo preparato la crostata al limone, la sua preferita. Esco e mi avvio per buttare l'immondizia. Mentre ritorno verso casa qualcuno mi ferma da dietro. Mi abbraccia stringendomi senza farmi male, ma comunque fermandomi. Sento il battito accelerare e la mente offuscarsi e andare in panne. Non voglio neanche aprire gli occhi, e vedere la persona che vorrei meno vedere in questo momento. Non ho la forza di parlarci. Parlarci? E dire cosa? Io non voglio che qualcuno debba avere a che fare con me. E senza rendermene conto apro gli occhi, e vedo la testa di quella persona chinata sulla mia spalla destra. Io porto una mano sulle sue mani, appoggiate sul mio petto.
-perché sei qui?- dico. Sto per piangere. E la risposta che mi arriva non me la sarei mai aspettata.
-emma, mi dispiace- dice mentre lacrime solcano le sue guance. E cosa faccio io? Inizio a piangere.
-non é colpa tua, ma io non voglio stare con nessuno!- dico tra le lacrime.
-perché?!
-io non sono normale! Avermi come amica vuol dire badarmi, aggiustarmi e... e.... E io non sto bene Gioele!- esclamo. Intanto inizia a piovere, ma siamo riparati da un portico.
-emma, io voglio solo che tu risponda a questa domanda.. Tu mi ami?
-ma certo che si, e proprio per que-- vengo interrotta
-e allora, é inutile girarci intorno. Io non ti voglio come amica, tu sei molto di più!- dice appoggiandomi al muro.
-lasciami...- dico, ma neanche la più piccola parte di me vuole che lui mi lasci da sola. Ma non voglio costringerlo, e non voglio dargli responsabilità che non ha.
-non puoi impedirmi di preoccuparmi per te, ma ti lascerò- dice facendo un passo indietro. Io rimango appoggiata al muro, incapace di dire qualcosa.
-facciamo così: ti aspetterò finché tu non prenderai una decisione che sia buona o cattiva.
-per quanto mi dovresti aspettare? Una settimana?!- dico piangendo, ma anche ridendo disperata
-anche per sempre, Emma
-sei pazzo- dico piangendo
-no, sono solo innamorato di qualcuno che non vuole ricambiare- io a questa frase chino la testa. So di stare sbagliando.
-io adesso devo andare- dice mettendosi le mani in tasca. Intanto un vento freddo sposta le foglie dal vialetto facendomi rabbrividire. Lui si avvicina a me e mi mette la sua sciarpa
-e non devi avere paura di farmi male, quindi scegli con il cuore e non con la testa.
E andò via.
Avviandomi verso casa vidi la luna che illuminava la strada.
Apro la porta di casa e vado in camera mia, trovando ester sul letto che dorme. Io le sorrido e vado a farmi una doccia.

La ragazza robotDove le storie prendono vita. Scoprilo ora