Capitolo 30: il fu Mizukage Shinso (Seconda parte)

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Vuoto. Penso solo al meo triste Vuoto.
Sguardo d'un bieco corvo,
che pone'l vetro torvo,
sul foglio, colmo d'odio d'un rimorso.

Odio, odio per la dama senz'occhi,
che pone strade senza sbocchi.
Che separa mente dal core
e riempie entrambi di terrore.


Terrore, che sconvolge lo meo cielo.
Nutre questi pensieri foschi
ed il meo grigio veder rende cieco.


Vuoto. Penso solo al meo triste Vuoto.
Cammino al centro, schiacciato e ridestato.
Io roco, tra l'odio e l'amor amaro.


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Centosettantesimo anno del Drago, ore 20.30. Come seduti scomodamente su una sedia di legno, con i gomiti appoggiati sulla scrivania e il portatile che mostrava i titoli di coda di un film dal finale inquietante, gli esploratori di Brusilia e di Borgo Tesoro stavano così, con delle espressioni immobili ed incerte, alternando bocche leggermente spalancate a fauci chiuse e trattenute, come se fossero loro le uscite dei tristi fiumi lagrimosi. 

Tra questi visi, saltellavano sguardi rivolti verso il basso, dalle palpebre pesanti e tremolanti, privati di coraggio e determinazione, quelli che contraddistinguevano gli esploratori dagli altri pokémon.

Quelli, invece, degli abitanti di Crillaropoli erano spalancati verso un qualcosa di indefinito, davanti alle loro persone. Il loro cuore era stato intrappolato, tenuto prigioniero e torturato da sottili torni emani taglienti, per poi venir rilasciati tutto ad un tratto, non facendogli rendere conto di essere stati liberati. 

Erano di nuovo liberi di fare cosa? Di piangere? Di gridare? Di disperarsi? Niente e nessuno li avrebbero potuti salvare da quel silenzioso requiem, che suonava a tono basso con le loro membra, i loro respiri, e con le loro pulsazioni. 

Il terrore aveva deciso di riposarsi un po', lasciando spazio al vuoto più totale, mentre l'angoscia si scuoteva dietro le quinte, per fare anche lei la sua parte. Dalle crepe create sul terreno, qualche sasso abbandonò il palcoscenico, sgretolandosi dai bordi delle fenditure, facendo un leggero tic in quelle più sottili ed un sordo tonfo in quelle più larghe. 

Nessuna delle zampe dei pokémon in piazza fecero rumore nella strada, per abbandonare quel tragico palco, né per scappare via da quella tempesta nelle loro anime. 

L'ultimo attore rimasto, che ancora doveva dire la sua battuta finale, era lì al centro, legato da catene ghiacciate ed impalato su due denti di coccodrillo, bagnato da lacrime asciutte di cieli oscurati e gocce imbrunite di dolore versato, con lo sguardo di chi aveva perso tutto in mezzo alla tormenta. 

Malinconico, senza speranza, sconfitto: Shinikage Shinso, così chiamato quel pokémon, era in attesa dell'ultima comparsa, che avrebbe dovuto fargli recitare l'ultimo atto. Brina, l'attrice della scena precedente che aveva avuto un incidente sul palco, era ancora lì, stesa a terra, con la faccia distrutta, come se non avesse più nemmeno la forza di andare avanti e lasciare il suo posto a qualcun altro. Byakuken Kenji, uno degli spettatori più accaniti, il grande fan della ranocchia, era ancora rinchiuso, coperto di catene non solo materiali, che lo ancoravano al freddo suolo fermo,ma come uno spettatore che non voleva vedere la fine, perché aveva paura che le sue ipotesi più brutte si realizzassero. Il volto del sindaco, invece, era coperto dall'ombra del sonno. 

- Se domani, a Mezzogiorno, li trovo ancora qui... Per la tua gente... sarà la fine.

La sua bocca tremolò leggermente, al rammento di quelle parole, quasi arrivando a mordersi le labbra. Il rumore che, però, ruppe il silenzio della piazza non fu il digrigno dei suoi denti. Un piccolo leoncino, tra le fauci di sua madre, chiese timidamente cosa i suoi occhi da cucciolo stessero vedendo in quel momento.

PSMD: Le cronache dell'Oricalco. Secondo atto: il crepuscoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora