Paolo si svegliò tardi quella mattina. Quando voltò la testa sul cuscino e aprì un occhio con l'intenzione di vedere l'ora che segnava l'orologio del suo cellulare, si disse che non vi era nulla di male nel trovarsi ancora a letto alle ore dodici e trentasette di quello che ormai era diventato primo pomeriggio; dopotutto, la scuola era appena finita e lui si meritava una bella pausa.
Ciò che lo stupiva, e di cui si rese conto mentre il sonno abbandonava il suo corpo definitivamente, era non essersi svegliato a suon di urla e distruzione di oggetti di vario tipo, così come ormai gli era diventata abitudine nell'ultimo anno.
Si sollevò sulle braccia acuendo l'udito. "Si saranno ammazzati" pensò, sbuffando, e si alzò dal letto.
Scese al piano inferiore della loro villetta di periferia, recandosi in cucina, e sgranò gli occhi per la sorpresa. Sua madre e suo padre erano vivi, sereni e tranquilli, intenti a sorseggiare caffè, seduti intorno al tavolo. Sembrava di essere stati catapultati all'interno di una qualche soap opera tutta risolini e unione familiare.
E la situazione incominciò a puzzargli.-Che succede?- domandò ai genitori con la voce ancora roca di sonno.
-Buongiorno, figliolo, hai dormito bene?- gli domandò suo padre con un sorriso, mentre sua madre si alzava per andare verso la macchinetta del caffè e prendere la brocca con dentro il liquido scuro, e versarne un po' in quella che da sempre era la tazza di Paolo: verde militare con le stampe di tutti gli stemmi delle squadre NBA.Adorava il basket americano, una passione che si portava dentro sin da bambino e che sempre aveva condiviso con il padre, nonostante loro fossero, più o meno, inglesi.
Più o meno perché, di fatto, suo padre era di origini siciliane, immigrato nella Gran Bretagna da ragazzo, dopo avere vinto una borsa di studio, e stabilitosi nell'Isola definitivamente quando aveva conosciuto quella che era diventata sua moglie; una donna inglese dai lineamenti delicati, un po' snob, ma bellissima, Raquel, la mamma di Paolo che, sorridente come non la vedeva da mesi, gli porse la tazza contenente il caffè, per poi tornare a sedersi di fianco a Fausto, suo marito.
-Che ne avete fatto dei miei genitori?- domandò incredulo il ragazzo e sua madre si lasciò andare a una breve risata.
-Oh, Paul, tesoro, siamo sempre noi!- esclamò poco dopo la donna, mandando in tilt la ragione del giovane. Paolo posò la tazza sul tavolo, avvicinandosi ai due.-Siete stati rapiti dagli alieni e vi hanno fatto il lavaggio del cervello?- domandò, poggiando entrambe le palme della mani sul tavolo, fissando i genitori negli occhi a turno, spostando lo sguardo ora su uno ora sull'altra.
-Non dire assurdità, figliolo. Io e tua madre abbiamo trovato un... compromesso- disse suo padre e gli allungò una serie di fogli invitandolo, con un gesto, a leggerli. Paolo, titubante, prese i fogli e diede loro una lettura veloce e quella bastò a rivelargli il loro contenuto.
-Avete divorziato?- domandò incredulo. Non che non avesse mai pensato che quello potesse diventare l'esito ultimo delle infinite dispute tra i suoi genitori, ma rimase stupito nel ritrovarsi le carte già pronte che attestavano quanto lui sospettava da tempo, senza che nessuno dei due si fosse degnato di accennargli le loro intenzioni. Dopotutto, faceva parte della famiglia, era un suo diritto essere messo a corrente di ciò che vi accadeva.
-Perché non me l'avete detto prima?- domandò, sentendo la rabbia irrigidirgli la mandibola.
-Perché abbiamo divorziato noi due, è la fine della nostra relazione, dove tu non c'entri nulla-
-Perché? Non faccio parte di questa famiglia?!- tuonò il giovane.
-Ma certo, amore mio- disse sua madre. -Ma la tua famiglia non ha divorziato, io rimarrò sempre tua madre e lui tuo padre- disse indicando prima se stessa e poi l'ex marito. -Questo non cambierà mai e sempre potrai contare su di noi- concluse.Paolo aggrottò la fronte e incrociò le braccia sul petto, iniziò a mordersi l'interno di una guancia, così come faceva sempre quando era nervoso e cercava di frenare le parole dettate dalla rabbia.
-Perché non dirmelo prima?- chiese poco dopo.
-Perché, ti ripeto, era una cosa che non doveva coinvolgerti. Dovevi prepararti per gli esami, avevi il diploma, e noi ti avevamo già reso la vita abbastanza complicata. Non volevamo che lo diventasse di più- aggiunse suo padre.-E adesso?- domandò il ragazzo, dopo qualche minuto di silenzio.
-Adesso, spetterà a te: io ho deciso di tornare a vivere in Sicilia- Paolo sgranò gli occhi.
-Cosa?!- urlò quasi. -Ma se non metti piede lì da più di vent'anni!--Mi hanno offerto la possibilità di supervisionare l'apertura di una nuova filiale italiana dell'azienda. Ne abbiamo già una in Lombardia e un'altra nel Lazio. Mi hanno chiesto un suggerimento, dove aprirne una terza per abbracciare anche il mercato del sud della Penisola, se aprire una filiale in Campania o in Sicilia. Ho risposto di getto Sicilia: non tornerò a vivere nel mio paesino di origine, mi trasferisco a Palermo, per lavoro-
-E io?- domandò incredulo il ragazzo. -E tutti i discorsi assurdi che avete fatto sino a due secondi fa sul fatto che, la mia famiglia, non divorziava da me? E poi ti trasferisci in Sicilia!-
-Sei grande ormai, Paul- disse sua madre. -Presto ti costruirai una tua vita, hai diciannove anni, dopotutto. E ti sono sembrati abbastanza per decidere di non frequentare il college, interrompere i tuoi studi... benissimo. Sono anche abbastanza per capire cosa vuoi dalla tua vita e incominciare a camminare sulle tue gambe. Noi ti sosterremo sempre, ma, adesso, spetta a te decidere-
-Cosa?- domandò il ragazzo.
-Con chi vuoi stare-
-In che senso?-
-Nel senso che, io e tua madre, abbiamo pensato: conosci la vita qui, conosci te stesso, no? Ti regaliamo una vacanza premio per il diploma, in Sicilia, passerai lì due settimane. È estate lì, per davvero, non come da noi, e ti divertirai, vedrai nuovi posti, conoscerai nuove persone. Al tuo rientro, spetterà a te decidere se continuare a vivere qui con tua madre, trasferirti con me in Sicilia... oppure scegliere di startene per i fatti tuoi in giro per il mondo. Ti aiuteremo con ogni mezzo, anche economicamente, fino a quando non sarai diventato del tutto autonomo--A me sembra proprio che, con questa scusa, entrambi abbiate divorziato da me!- urlò il ragazzo poco dopo, e corse via per poi chiudendosi la porta della sua stanza alle spalle, decidendo di aver sentito abbastanza stronzate per quel giorno.
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TWO WEEKS
Teen Fiction⚠️ Da revisionare. Fausto e Raquel hanno da poco divorziato e, da genitori moderni e all'avanguardia quali si credono di essere, decidono di dare la possibilità al loro unico figlio, Paolo, di scegliere con chi dei due continuare a vivere: a Londra...