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L'incontro di quella mattina aveva, senza ombra di dubbio, contribuito ancor di più a minare la tranquillità emotiva di Paolo: il ragazzo si sentiva come travolto dalla sua stessa esistenza e temeva di stare per annegare in quel caos che lo vedeva protagonista, senza che egli si sentisse in grado anche solo di provare ad annaspare nel tentativo di rimanere a galla.

Se avesse potuto, avrebbe preferito di gran lunga tagliare ogni cosa di netto, lasciarsi tutto alle spalle e scomparire dalla circolazione.

Non gli sarebbe neanche importato se gli altri si sarebbero creati un'immagine di lui poco piacevole, dipingendolo come un codardo.

Sarebbe stato molto meglio di quel martellante mal di testa che lo accompagnava ormai da un po' e di quella terribile sensazione di stare precipitando sempre più.

Non si sentiva più sicuro di nulla: ogni punto di riferimento all'interno della sua vita si era o si stava sbriciolando e credeva che non volesse più la pena di struggersi e cercare di cambiare le cose.

Lottare... ma per chi? Per cosa?

Sembrava che tutti, intorno a lui, avessero già deciso, finito per lasciarlo sullo sfondo senza più prestare attenzione al ragazzo ed ai suoi sentimenti. Se non importava agli altri, perché sarebbe dovuto importare a lui? Perché stava ancora lì a rimuginare allontanandosi sempre più dalla sua tranquillità mentale?

Il ragazzo sospirò e si strinse le ginocchia al petto.
Sentiva freddo, la temperatura sembrava essersi abbassata di colpo: il caldo afoso e soffocante che li aveva tormentati per tutto il pomeriggio, aveva lasciato il passo alla brezza marina, tanto frizzantina e leggera da ricoprirgli la pelle di evidenti brividi.

-Copriti- disse Rosalia lanciandogli una felpa: -Di notte fa feddro a mare e tu sei ancora scombussolato da ieri- aggiunse sedendosi al suo fianco sul telo da mare.

Paolo scosse appena un po' la testa, infastidito dall'intrusione della ragazza nei suoi pensieri: tutto gli dava fastidio, tutto lo faceva incazzare.

-Perché mi hai voluto qui?- le domandò a bruciapelo e Rosy sgranò gli occhi stupita dalla rabbia dell'altro che, a suo parere, era stata manifestata senza giusta causa:
-Perché ti avevo promesso che ti avrei fatto vedere anche questo e perché desideravo che tu fossi con noi. Che razza di domanda è? Perché sei così arrabbiato?-
-Se fosse davvero così, non mi ritroverei solo in mezzo a decine di sconosciuti- disse, riferendosi alla quantità di amici dei ragazzi che si erano radunati con loro per trascorrere insieme la notte di Ferragosto.

-Non ti ho lasciato solo, Paolo... ma che stai dicendo?- domandò la ragazza, sempre più allibita e l'altro si scrollò la felpa di dosso e si alzò incominciando a camminare sul bagnasciuga senza una meta precisa.

Si aspettava che Rosalia lo seguisse?
Sì.

Desiderava che insistesse chiedendogli spiegazioni sul suo strano comportamento fornendogli una scusa per sfogarsi con lei?
Sì.

Perché non dirglielo direttamente?

Perché si stava legando tanto a loro? Perché quelle pseudo-scenate di gelosia? Cosa pretendeva da quei quattro? Che incominciassero ad allontanare gli amici di sempre per fare spazio a lui, per concentrare più attenzioni su di lui che sugli altri?

Perché stava diventando così possessivo quando non aveva nulla da poter pretendere da loro?

Paolo si strinse nelle spalle e procedette a testa china, mentre l'acqua del mare, di tanto in tanto sospinta da una flebile onda, si infrangeva su i suoi piedi rendendo ancora più gelida la sua pelle e suscitandogli puntualmente dei brividi che lo facevano tremare.

TWO WEEKSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora