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La folle corsa dei due giovani, terminò poco prima che arrivassero al Tower Bridge. Si concessero qualche secondo per riprendere fiato, senza avere coraggio di guardarsi negli occhi.

Paolo lanciò un paio di occhiate furtive in direzione di Tyler: non aveva idea di come avesse reagito a quanto accaduto con Raquel. Era stato così preso da se stesso e dai suoi sentimenti, da non prestare attenzione al suo amante.

Era probabile che, le parole della donna, avessero ferito anche lui, in qualche modo.

Il giovane scosse la testa: voleva bene all'altro, lo conosceva da anni e percepiva un chiaro trasporto nei suoi confronti.
Nulla toglieva che, come al solito, stava anteponendo qualcun altro a se stesso.

Non immaginava che quello fosse un vero e proprio difetto, certo era che gli aveva causato innumerevoli guai, soprattutto, negli ultimi giorni, dove, per accontentare le necessità altrui, aveva finito per cacciarsi in situazioni spesso spiacevoli, mostrandosi come una persona abbastanza facile e vuota.

Oppure... era lui a pensare tutto quello di sé?

Si stava stancando di se stesso? Dell'immagine di sé che mostrava agli altri?
Davvero gli importava cosa potessero pensare di lui sua madre, Scott, Rosalia, suo padre, ... Tyler?

Trasse un lungo sospiro, sentendo i polmoni riempirsi di smog. Tossì un paio di volte, lasciando scivolare lo sguardo sulle automobili che intasavano il ponte, sulle centinaia di turisti che si muovevano intorno a loro, e sui londinesi totalmente assorti dalle loro faccende, intenti a procedere con passo veloce.

Imboccò la corsia riservata ai pedoni, procedendo lungo il ponte, tanto spedito da riuscire a percorrerlo in un paio di minuti. Così svelto da lasciarsi Tyler ad arrancare alle spalle, ancora con il fiato corto per via della loro, precedente, fuga.

Non aveva intenzione di voltarsi indietro. Non voleva tornare in albergo, da sua madre.

Era stato convintissimo di ciò che le aveva detto. Sperava, in futuro, che le cose tra di loro sarebbero potute tornare come un tempo, ma, in quel momento, preferiva allontanarsi il più possibile da lei e dal suo odio.

A un tratto, si fermò di colpo. Tyler gli finì addosso, rischiando di far cadere entrambi: Paolo gli strinse le spalle, tirandolo verso di sé, sostenendolo contro il suo petto, finendo per stringerlo in un abbraccio.

Il giovane rimase interdetto, contro una delle spalle dell'altro; chiuse gli occhi, affondando il naso nell'incavo del collo.

-Ho fame. Mangiamo qualcosa?- gli chiese e Tyler scosse la testa, solleticandogli la pelle. Sentì i capelli dell'altro sfiorarlo appena, mentre le labbra ne approfittavano per regalargli un bacio fugace. Rabbrividì e lo strinse maggiormente a sé.

-Potremmo...- incominciò col dire, ma l'altro si sciolse dal suo abbraccio velocemente. Fece qualche passo, allontanandosi da lui.
Si guardò attorno spaesato, prima di precipitarsi all'interno di un negozio.

Paolo aggrottò la fronte e lo seguì: lo trovò intento a parlare con il banconista, mentre ordinava fish&chips.

Attesero che la loro ordinazione fosse pronta e, per tutto il tempo, mentre Paolo cercava di intavolare una discussione con lui, Tyler continuò a troncare ogni sua parola sul nascere, prendendo a parlare con il banconista, spacciandosi per un turista in visita nella capitale.

Il giovane sembrò comprendere le intenzioni dell'altro, decidendo di rimanere in silenzio in attesa di uscire dal negozio.

Dovevano assolutamente parlare.

Sentiva la necessità di essere sincero con lui.

Non aveva idea di che forma avrebbero assunto i suoi sentimenti, certo era che stavano lì, sotto la superficie, pronti a balzare fuori da un momento all'altro.

TWO WEEKSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora