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La piccola casetta dei genitori di Fausto si elevava su due livelli.
Il primo, quello su cui si apriva l'ingresso, era talmente piccolo da essere suddiviso soltanto in due stanze: un bagno e la cucina. Quest'ultima era caotica, piena di elementi decorativi come quadri, piatti dipinti, ceramiche, centrini sparsi su quasi tutte le superfici, posti persino a coprire alcune porcellane che riempivano il piano da lavoro in muratura e che facevano compagnia a diversi barattolini in vetro che, probabilmente, contenevano delle spezie; pentolame vario ed un paio di bicchieri già utilizzati ed abbandonati di fianco una bottiglia senza tappo.

Vi era un tavolo a ridosso del muro di destra con tre sedie intorno; vicino l'ingresso si trovava un mobiletto che reggeva un vecchio modello di televisione e decine di fotografie riempivano la parete sopra il tavolo.

Una credenza faceva bella vista di sé nella parete di fronte la porta d'ingresso e conteneva decine di stoviglie differenti, scintillanti e finemente decorate: il mobile sembrava dividere in due la parete e la porta che si apriva alla sua sinistra da una scala sulla destra che conduceva al piano superiore.

Le pareti erano dipinte di un caldo color ocra che sembrava rendere l'ambiente ancora più piccolo.

Paolo cercò di non farsi beccare, ma la sua attenzione venne subito catturata dalle foto appese alla sua destra e tentò più volte di sbirciare in quella direzione nella speranza di scoprire qualcosa in più sulla famiglia di suo padre.

C'era un odore intenso che la faceva un po' da padrone e sembrava sovrastare ogni altra cosa ovattando la percezione di tutto il resto: sapeva di buono, di dolce, di latte caldo.

-Hai tanti soldi e fai uscire di casa, tuo figlio, così- disse sua nonna guardando i vestiti di Paolo con un certo disprezzo. Il ragazzo sussultò percependo quelle parole come un'intromissione nella sua "indagine" furtiva.

-Mio figlio fa quel che vuole: è maggiorenne, è un uomo libero- disse Fausto prendendo posto intorno al tavolo: -Paolo, ti presento Antonina Spatola, tua nonna. Mamma, lui è Paolo, mio figlio-

Antonina gli sorrise e Paolo arrossì mentre la donna gli faceva cenno di prendere posto sulla sedia posta in prossimità delle scale, dall'altro capo del tavolo rispetto a Fausto. Il ragazzo scosse un po' la testa, ma poi accolse l'invito di suo padre che spostò una sedia proprio di fianco alla propria ed il ragazzo prese posto.

Si sentiva a disagio: sua nonna li scrutava con occhi indagatori senza tralasciare alcun particolare, quasi come se stesse facendo loro una radiografia ed il giovane temette potesse trovare qualcos'altro fuori posto oltre i suoi vestiti.

Dopotutto, suo padre l'aveva trascinato via dall'albergo di Luther senza dargli tempo di capirci granché: aveva finito per lasciarsi addosso la maglia del pigiama del suo ospite ed aveva infilato il costume da bagno al posto dei pantaloni, sopra le infradito.

Di certo non si poteva affermare che risaltasse agli occhi per via della sua raffinatezza e per l'elegante scelta di vestiario.

Restava di fatto che, il modo in cui sua nonna lo scrutava, gli fece iniziare a mordersi l'interno di una guancia mentre l'ansia cresceva dentro di lui.

Non aveva la più pallida idea di cosa si sarebbe dovuto aspettare: uno scontro biblico? Un coming out? Una tranquilla rimpatriata?

E più si tormentava oscillando tra tutte le possibili alternative che la vita poteva avere in serbo per lui, più l'ansia cresceva.

-Papà non c'è?- domandò Fausto ed Antonina sbuffò voltando le spalle ai due per aprire un mobiletto affisso al muro sopra il lavabo della cucina: ne tirò fuori una moka, la smontò con gesti meccanici mentre rispondeva al figlio:
-Che vuoi, mica ci aspettavamo che tornassi oggi. Tuo padre all'orto è andato. Solo quello gli è rimasto, che la pensione non gli fa tanto bene-

TWO WEEKSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora