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PREMESSA

Per evitare complicazioni con la traduzione e perché il mio compagno sostiene che il mio inglese, in confronto al suo, sia pessimo (🙄), i discorsi diretti di questo capitolo saranno in italiano, ma con un po' di fantasia, in "realtà", do per scontato che siano tutti in inglese (capirete perché, leggendo).

Percepì il sonno abbandonare il suo corpo: i colori, sotto le palpebre ancora abbassate, sfumavano in varie tonalità di arancione.

Sentiva i muscoli intorpiditi e la bocca asciutta...

-Good morning!- urlò una vocina festante e Paolo si ritrovò a spalancare gli occhi, emettere un suono strozzato mentre si piegava in due balzando sul letto sotto il peso di Vittoria che si era lanciata direttamente sulla sua pancia.

Paolo ricadde tra i cuscini strabuzzado gli occhi:
-Ciao!- cinguettò la bambina con un ampio sorriso stampato in viso mentre si arrampicava sul suo corpo finendo a cavalcioni sul suo petto.
-Ciao- mormorò in risposta il ragazzo tentando di tornare a respirare normalmente.

-Che ci fai qui?- gli chiese la bambina stendendosi sul suo petto e poggiando il viso contro le palme delle mani e conficcando i gomiti appena sotto le clavicole del suo ospite.

-Ieri sera non sono stato molto bene così, tuo papà, è venuto a prendermi e mi ha invitato a dormire qui-
-Ohhh!-
-Eh!- le fece eco con il respiro ancora un po' strozzato.
-Adesso sei guarito?-

Paolo rimase qualche secondo a fissare gli occhioni scuri e vispi della bambina mentre quella prendeva a dondolare i piedi rimanendo come spalmata su di lui.

Ripensò a tutto ciò che gli era capitato nelle ultime ore prima che arrivasse a poggiare la testa su quel cuscino.

No, non si sentiva affatto "guarito".

Le sorrise:
-Certo!- disse, cercando di essere sufficientemente festante e convincente. Vittoria si lasciò scappare un risolino:
-Devi fare colazione-
-Che ore saranno?- Vittoria si strinse nelle spalle e Paolo sbirciò i numeri che figuravano nel quadrante della sveglia digitale posta sul comodino alla sua sinistra: le ore quattordici e ventiquattro minuti.

"Alla faccia della colazione!", pensò.

-Tipo... ordine supremo?- le chiese il ragazzo inarcando un sopracciglio:
-Io sono Vittoria, come la regina! Papi lo dice sempre!-
-Allora... agli ordini, Vostra Maestà!- esclamò il giovane alzandosi a sedere sul letto e stringendo la piccola in un abbraccio giocoso, facendole il solletico di tanto in tanto.

Vittoria riuscì a scappare dalla presa di Paolo e scese giù dal letto:
-Andiamo, Palo!-
-Ecco... "Palo" è una vera novità!- disse divertito seguendo la piccola.
Vittoria continuava a ridacchiare ad ogni parola dell'altro facendogli strada fuori dalla camera da letto.

Il ragazzo scosse la testa e si guardò il petto e le gambe:
-Indosso ancora il pigiama!- disse battendosi una mano sulla fronte:
-Va beh... che ci fa? Tanto siamo qui con papi e lo zio Sam-
-Chi?- domandò il ragazzo aggrottando la fronte.
-Papi e lo zio Sam!- ribatté Vittoria allungando a dismisura le "e" di pronuncia del nome "Sam".

Paolo cercò di fare mente locale: si trovava in un albergo con Luther, Vittoria... e Sam? Tipo... diminutivo di Samuel?
Possibile che fosse proprio la persona che credeva lui?

Il ragazzo sospirò: era in pigiama, mica nudo, certo... era sempre un pigiama di Luther e, come se non bastasse, il suo bagaglio era rimasto nel suo di albergo e lui non aveva proprio voglia di mettersi a frugare nel grande armadio che riempiva l'intera parete di fronte al letto, in cerca di qualcosa che potesse indossare.

TWO WEEKSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora