Capitolo 6.

149 12 0
                                    


April's pov.
Finisco il mio Estathé al limone e guardo il fondo del bicchiere pur di non incontrare il suo sguardo, anche se sono sicura che lui mi stia fissando.
<<Sei proprio logorroica eh?!>> mi dice e sono costretta a sollevare gli occhi e lui mi sta guardando con un sorrisetto ebete sul viso. A volte sembra che faccia uscire le orbite da fuori pur di farti notare le sue iridi profonde.
<<Sono molto timida, semplicemente.>>
<<Sicura di non starti annoiando piuttosto?>>
<<No, non mi piace parlare ma bensì ascoltare. Parlami di te, sei una "star" ormai, ti piacerà tanto parlare di te stesso.>> gli sorrido e lui sbuffa sorridendo.
<<Ormai non faccio altro da mesi e sono quasi stanco di farlo.>>
<<Eddai, fallo per me. Considera il fatto che non ti seguivo durante il programma e né fuori. Quindi non so nulla di te.>>
<<Okay - sospira - ho iniziato a cantare a 7 anni, quindi quindici anni fa. Sembra ieri che ho fatto la mia prima lezione di canto. Ero tanto emozionato, forse perché non capivo la realtà in cui mi stavo catapultando, dato che io avevo iniziato per gioco. In fin dei conti ero solo un bambino. Ho continuato e giorno per giorno capivo che quello stava diventava il mio sogno. Ogni volta che cantavo vedevo mio padre riempirsi di orgoglio paterno e gli occhi di mia madre di lacrime di gioia. Un giorno un amico di mio padre mi disse "Hai un talento fra le mani, non fartelo scappate".  Il mio obiettivo era diventato far emozionare chiunque mi sentisse.>>
Lo ascolto estasiata e ammaliata dalla dolcezza della sua voce e dal modo in cui si emoziona mentre parla del suo passato, trasparendo quanto sia felice di questo traguardo raggiunto con le sue forze.
<<Devi essere fiero di quello che stai ottenendo, sono sicura che continuerai ad avere successo.>>
Mi sorride e mi afferra la mano, rendendosi conto del mio sussulto. È morbida, calda e ha una forte presa.
<<Sono un ragazzo che ha bisogno di continue conferme e a volte spaventato dal giudizio altrui. Spero che a lungo andare questo lato di me possa cambiare o moderarsi. Non ti nego che quando sono nel backstage devo ricacciare indietro le lacrime o a volte finisco per scoppiare in un forte pianto liberatorio.>> mi sorride e mi accarezza il dorso con il suo pollice.
<<Sei anche tu un essere umano, hai dei sentimenti e non devi vergognarti di quello che senti. Un giorno magari ti abituerai, forse non avrai più bisogno di piangere per sfogarti prima di un concerto, ma se accadrà, sarà perché l'hai voluto tu e non perché devi necessariamente per chi ti è di fronte. Sono sicura che chiunque ti segua, ti ama e ti apprezza per quello che sei veramente e non perché sei l'ennesimo burattino portato avanti dai tuoi superiori.>> gli sorrido quanto più rassicurante mi sia possibile e vedo che mi ascolta attentamente. D'un tratto mi sembra di avere di fronte un bambino indifeso, lo stesso bambino che quindici anni fa fu catapultato nel mondo dello spettacolo. Mi fa tenerezza e mi scappa un sorriso troppo dolce per essere dedicato ad uno sconosciuto.
<<Grazie, davvero, per queste parole.>>  mi sorride di rimando. Rimaniamo a fissarci come due stupidi per forse qualche minuto, ma quegli occhi sono proprio una calamita.
<<Sai che faccio?>> mi dice d'un tratto.
<<Cosa?>> lo guardo quasi ridendo.
<<Ti regalo "Solo".>>
<<"Solo"?>>
<<Si, "Solo", così lo ascolti e mi dici che ne pensi. Non puoi non ascoltare un cd del genere.>> dice con una punta di ironia.
Sbuffo per finta. <<E va bene, sentiamo 'sto "Solo".>>
<<Dovrei averne qualche copia con me, li porto sempre nel caso qualcuno agli Instore non ne sia in possesso perché magari, boh, non può permetterselo. Mi piace regalarli e farli felici.>> mi guarda e poi triste abbassa gli occhi.
<< Che c'è?>> gli sussurro.
<<No niente, è che mi sono reso conto che inconsciamente faccio quello che faceva mia nonna con i CD fatti a casa da me: lii regalava a tutti, così come caramelle, ed io ero sempre costretto a ricominciare tutto da capo. Mitica la nonna.>> dice con un accenno di accento siciliano e sorride malinconico. Lo guardo e questa volta sono io afferrargli la mano: un brivido mi percorre la pelle nel momento in cui le mie dita accarezzano le sue; lo guardo quasi sorpresa e lui fa lo stesso. Lui me la stringe più forte.
<<Hai le dita fredde.>> mi sorride.
<<Si effettivamente ho un po' di freddo. La temperatura si è abbassata parecchio.>>
Lui si alza e prende posto alla sedia più vicina a me, avvicinandola ancora di più alla mia.
<<Posso?>> mi chiede con le braccia leggermente aperte. Io annuisco. Devo tristemente ammettere che mi rende debole: solitamente resisto alle avances, ma nelle sue attenzioni non vedo nulla di malizioso. Mi stringe con un braccio avvicinandomi di più a lui per tenermi al caldo: la sua mano grande si posa dolcemente sul mio braccio, strofinandolo ripetutamente in modo che possa riscaldarsi. Ad un tratto si blocca e lo vedo fissare un punto.
<<Albe, che succede?>>
<<Anche qui no...>> non risponde a me, ma semplicemente da voce ai suoi pensieri. Estrae il berretto dalla tasca posteriore del jeans scuro e lo infila, abbassandolo il più possibile sul viso, accompagnato subito dopo dagli occhiali da sole.
<<Non ti voltare - sussurra- ci sono dei paparazzi che tentano di nascondersi ma fortunatamente ci vedo bene. Non lo faccio per me, perché non me ne frega nulla di finire su un giornale, ma per te, non voglio che tu finisca in copertina su una rivista di gossip.
Lo guardo tentando di assorbire le informazioni dettate a raffica. "Paparazzi, foto, gossip" si ripete il mio cervello.
<<Se vuoi possiamo andare via.>> gli sussurro, anche se devo ammettete che mi dispiacerebbe molto.
<<Sarebbe troppo pericoloso, ci seguirebbero.>> mi dice a fior di labbra: è vicinissimo al mio volto pur di dare le spalle ai suoi aguzzini. "Ammettilo che la situazione non ti dispiace affatto" mi dice la mia coscienza e non posso far altro che dargli ragione. Ha un profumo paradisiaco: non so se sia la sua pelle, il suo vestiario o i suoi capelli, ma è davvero buono da sentire su di lui.
Dopo qualche secondo mi sento afferrata per mano e mi sollevo per inerzia, trascinata da lui verso una vettura scura: non mi sono resa conto che nel mio momento di trance- innamoramento, lui si era mosso a chiamare i soccorsi. "Non ti devi innamorare April", ah già giusto.
Siamo al sicuro in una grande macchina sera. I sedili in pelle sono chiari, morbidi e spaziosi. Non deve essere così male essere famosi.
<<Scusami, davvero, ho rovinato tutto.>>
<<Albe, non ti scusare perché non è stata colpa tua. È normale, succede quando si è famosi e bisogna accettarlo. È stata una bellissima serata.>>
<<Sicura?>>
<<Sicura!>>
Mi sorride dolce e mi abbraccia, tenendomi stretta contro al suo fianco. Mi rilasso contro di lui e lo sento canticchiare quello che stanno dando alla radio.
<<Fammi sentire come canti.>>
<<Non mi pare il caso, romperei i vetri.>>
<<Oh ma andiamo... un pochino!>> gli faccio il broncio inconsciamente.
Mi sorride. <<Un giorno magari. E non fare quell'espressone da cucciolo indifeso che tanto non ci casco.>> mi accarezza una guancia con un pollice.
Sbuffo e mi allontano. <<Antipatico.>>
<<Perché non ti tengo contenta?>> ride.
<<Si!>> incrocio le braccia al petto guardandolo torva. Lui tenta di guardarmi serio ma è solo ridicolo, così tanto da farmi scoppiare in una fragorosa risata.
<<Sei tremenda!>> ride anche lui e io mi ritrovo nuovamente tra le sue braccia. Potrebbe nascere proprio una bella amicizia tra noi. "Si, amicizia" mi dice il mio cervello.

Si è offerto di accompagnarmi davanti alla mia camera in albergo.
<<È stata una bella serata, Mr. Sotuttoio. Non immaginavo.>>
<<Nonostante il mio essere snervante, eccentrico e i paparazzi?>>
<<Oh quella dei paparazzi è stata la mia parte preferita, mi rincresce ammetterlo ma è così .>>
<<Se non fossi stata con me non avresti provato questo brivido e spirito di avventura.>>
<<Non posso fare che darti ragione.>> rido e finisco lentamente con la schiena contro la porta. È a qualche centimetro da me e mi tiene gentilmente le punte delle dita, accarezzandole con le sue. Mi guarda di nuovo quell'espressione da "ti conquisto" sul volto, mentre vedo che lentamente si avvicina sempre di più, finché a poca distanza dal mio viso non inclina la testa e avvicina decisamente troppo le sue labbra alle mie. Mi volto e gli porgo la guancia. Lui si ferma e mi guarda intontito, prima di rendersi conto che non sono quel tipo di ragazza che bacia il primo che le capita alla prima uscita. Mi posa un leggero bacio sulla guancia, sfregando la barba sul mio zigomo.
<<Buonanotte- mi sussurra - e grazie ancora per la compagnia.>> mi sorride mentre si allontana.
<<Buonanotte, e grazie a te.>> gli sorrido e lui fa lo stesso mentre si incammina, tenendo una mano mezza sollevata a mo di saluto.
Entro di fretta in camera e mi chiudo la porta alle spalle e scivolando giù finché non sono seduta sul pavimento con la schiena contro le spalle.
Credo che una promessa sia una promessa. Credo che quando ne fai una sia da codardi infrangerla, ma devo ammettere a malincuore che credo di aver appena spezzato l'ennesima promessa fatta a me stessa.

L'unica voce a cui il mio cuore risponde|| Alberto UrsoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora