Capitolo 10.

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April's pov.

Mi sento una stupida, davvero, mai sentita così tanto sciocca e, soprattutto, mai stata così debole con un ragazzo. Cosa diamine mi è passato per la testa, mi chiedo.
La mia stanza è vuota: Sara è uscita, come pensavo e com'è giusto che sia, e c'è un biglietto scritto a mano a confermare la mia ipotesi. Mi guardo allo specchio e sono indecente: ho il trucco sbavato dal pianto che mi ha accompagnato per tutta la strada del ritorno e i miei occhi sono rossissimi. Il problema vero è che, inconsciamente, da lui mi aspettavo il mondo pur conoscendolo solo da due giorni. Mi sono creata da sola castelli fatti di zucchero filato e unicorni, immaginando chissà quale grande storia d'amore fosse nata dopo solo un primo incontro da soli. Ad alimentare la mia fantasia è stato il fatto che, lo ammetto con quasi disdegno perché non è da me, lui sia ormai una celebrità e di certo non mi capita tutti i giorni di aver a che fare con gente famosa; ho ingenuamente pensato che un cantante ormai seguito da tutta Italia si fosse infatuato di una sciocca ragazzina, perché è così che mi sento dopo il mio atteggiamento alquanto immaturo, e che sarebbe nata una meravigliosa storia d'amore, che mi avrebbe portata automaticamente al... al successo. Mi guardo ancora disgustata da me stessa per aver formulato un pensiero del genere. Ma è davvero possibile che io mi sia interessata a lui per lo scopo finale? Non è assolutamente da me. Mi vien da piangere, perché per l'ennesima volta in questa serata mi sto autocommiserando come fossi una feccia umana, un parassita. Non può essere minimamente possibile, una piccola parte di me sa che non è così, ma l'altra parte di me che ha reagito con tale disdegno ad un pensiero premuroso da parte sua, ovvero proteggermi, mi fa capire che in un modo o nell'altro il pensiero mi è balenato in testa. 

Guardo l'orologio e mi convinco che sia meglio andare a letto, nonostante siano solo le 23.15, per concludere finalmente questa spiacevole giornata. A volte vorrei avere il potere di riavvolgere il nastro e poter tornare indietro per evitarmi certi errori. Grazie al mio atteggiamento ora con lui è sicuro che non avrò più occasioni.
Mi giro e rigiro, chiudo gli occhi sforzandomi, ma non faccio altro che avere davanti agli occhi il volto di Alberto che mi guarda quasi con delusione. Forse lui cercava semplicemente una ragazza che non fosse come lui, per vivere con più tranquillità la relazione, e io non gli ho dato ciò che cercava.
La sua immagine mi tortura, finché non prendo sonno all'01.00all'incirca, dopo aver passeggiato sulla veranda per godermi la luna splendere tra le acque di Alghero e cercare un po' di serenità. Alghero...e dire che ai miei genitori ha portato l'amore e invece a me, sfigata come sempre, la delusione.

Sono come fuori dal mio corpo. Vago in un luogo che agli occhi mi pare non conoscere ma dentro di me so che è famigliare. D'un tratto scorgo due figure che parlano animatamente, sembra che stiano proprio litigando; la ragazza ha lunghi capelli biondi e il volto del ragazzo è incorniciato da spessi boccoli bruni. Capisco che siamo io e Alberto: lui è furioso e deluso, proprio come l'ultimo momento in cui l'ho visto, e io cerco di difendermi in ogni modo dalla lava di parole che esce dalle sue labbra.
<<Non ti facevo così infantile.>> dice lui, e sento che mi ferisce nel profondo. Io fuggo, ma senza speranze, perché è come se fosse tutto collegato: vado via e mi ritrovo davanti a lui nuovamente. È un loop, una scena che si ripete all'infinito, e io mi sento stanca e priva di energie.
Mi sveglio di soprassalto, madida di sudore e con il cuore in gola. Sono sola in camera: a farmi compagnia ci sono solo i primi raggi di sole che entrano attraverso le veneziane. Mi ristendo a letto, guardo l'orario sul mio cellulare che segna solo le 05:45 del mattino. Ormai non ho più sonno, è stata una notte travagliata e per quel poco che ho dormito l'ho pure sognato, e non è stato un bell'incontro. Decido che è ora di abbandonare il letto: mi tuffo nella doccia, facendo scorrere l'acqua fredda sul mio corpo in modo da schiarire le idee: mi sento tremendamente in colpa verso me stessa, ma soprattutto nei suoi confronti. Ho sempre odiato deludere le persone e anche se tra noi c'era stata una semplice uscita, sentivo che con me lui ha avuto l'occasione di sentirsi un ragazzo comune per solo qualche ora. Mi specchio e ringrazio il velo di abbronzatura sul mio viso, perché altrimenti sarei stata uno zombie.
L'aria è molto fresca e credo che lo sarà per il resto della giornata: indosso una felpa oversize e un paio di shorts in jeans, accompagnando l'outfit con le mie amate Converse.
Esco dalla stanza, lasciando tutto in disordine: Sara si spaventerà per il caos che c'è ora in quella stanza perché non è da me uscire senza aver riordinato tutto, ma momentaneamente quel disordine rappresenta il mio stato mentale.
Mi avvio verso la zona di ristorazione nei pressi nella piscina principale, ma come immaginavo è ancora tutto chiuso. Sto per ritornarmene in camera quando una dolce melodia attira la mia attenzione: la mia testa dice di non farci caso, mentre il cuore mi prega e scongiura di seguirla. Il mio corpo risponde autonomamente; mi giro sui tacchi e mi avvio lasciandomi trascinare. Le mie gambe si muovono per inerzia e intraprendono la passerella che porta alla spiaggia.
Il mio cuore scalpita perché sa dentro di se quali occhi si troverà ad incrociare. Ogni mia ipotesi diventa affermazione quando lo vedo seduto su una sdraio che abbraccia la sua chitarra: sorrido quando gli scorgo in testa quel cappellino da cui non si separa mia, neanche quando è completamente solo.
Con molto timore mi avvicino, ma lui non sembra accorgersi della mia presenza, anche se capisco, da ciò che sta suonando, che è molto triste. Lo sento canticchiare, lentamente, come se volesse trovare le parole giuste quella melodia appena composta, e subito dopo quando ha capito che sono giuste, le scrive freneticamente su un blocchetto.
<<Non so perché, ma immaginavo e speravo che fossi tu.>> gli dico, dopo aver raccolto quel briciolo di coraggio che era rimasto nel mio corpo.
<<E da cosa l'avresti intuito?>> mi dice lui, amaro.
<<Beh sai non si sente ogni giorno qualcuno che suona la chitarra alle 6.30 del mattino!>>
<<Eh si, sono più unico che raro.>>
<<Non posso darti torto e forse è meglio che sia così.>>
<<April, dimmi, cosa vuoi?>>
<<Nulla Alberto- sussurro- è solo che ho riflettuto sulle mie parole e sulle mie azioni e, mi rincresce dirlo eh, ma hai ragione.>>
Lui sorride guardandomi, e non so se sia per il fatto che glielo sto dicendo con estrema difficoltà oppure il fatto che si stia sentendo dire di aver ragione, e con un gesto inaspettato, mi afferra per un polso e mi attira a se, tra le sue braccia: sento dissolversi tutto quello che è intorno a noi ed è come se ci rinchiudessi nella nostra bolla. Sospiro di felicità e mi sento così libera che lacrime salate iniziano a rigarmi le guance.
<<April, perché piangi?>> mi sussurra dolcemente e mi culla quasi fossi una bambina, mentre mi da ripetuti baci per la nuca.
<<È che mi sento in colpa per il modo in cui mi sono comportata nei tuoi confronti, so per certo di averti deluso e credimi non volevo, ma non so cosa mi sia preso -singhiozzo- davvero non sono io quella con cui hai avuto a che fare ieri sera, ero, non lo so...accecata da una specie di delusione mista a gelosia... perdonami Alberto.>>
<<April- mi afferra il viso tra le mani- ti avevo già perdonata al "Non so perché ma immaginavo fossi tu". Lo ammetto, ero molto arrabbiato perché da una ragazza bella e matura come te non mi sarei aspettato quella scenata, ma devo anche ammette che un po' di piacere mi ha fatto.>>
"In che senso piacere?" Lo guardo interrogativa, finché lui non capisce e quindi non continua. Si vede palesemente che prende coraggio inspirando. <<Una piccola parte del mio cuore spera che quel tuo atteggiamento sia dovuto al fatto che tu provi un minimo di interesse nei miei confronti...>> finisce la frase quasi sussurrando. Lo guardo senza rispondere, non sono certa di ciò che provo, o almeno non razionalmente, perché so che da qualche parte nascosta la risposta c'è già, ed è lì dal primo momento in cui ho incontrato i suoi magnifici occhi. Mi guarda speranzoso di ricevere una risposta, ma l'unica cosa che in questo momento riesco a fare è avvicinarmi a quelle meravigliose labbra, che mi hanno attirato come una calamita, e quando capisce le mie intenzioni si increspano in un sorriso e mi vengono incontro. Poso le mie labbra sulle sue, che sono calde e pronte a ricevermi: una sua mano scivola sulla mia guancia, attirandomi di più a se e io mi sciolgo, ancora una volta tra le sue braccia: mi cerca con la lingua e il bacio si fa presto più intenso, ma non è mia intenzione andare oltre. Si sposta e mi guarda con estrema dolcezza e scorgo nei suoi occhi grigi come il mare di quella mattina un velo di commozione. Mi stringe a se e posa le labbra sulla mia testa, baciandola ripetutamente, mentre io tento di non svegliarmi da quel sogno meraviglioso e soprattutto dalla turbine di emozioni contrastanti che sto vivendo in questo momento. Il mio lato razionale cerca di convincermi di non illudermi, cerca di farmi capire che sia per me che per lui è una questione di questi pochi giorni che mi sono rimasti; ma il lato illogico e romantico di me mi prega e scongiura di vivermi a pieno queste ore che trascorrerò con lui, perché indipendentemente dall'esito che daranno, non torneranno mai indietro e me ne pentirei amaramente.
Sono ancora avvinghiata a lui e ci godiamo in silenzio il sole che sorge, sinonimo della nascita di un nuovo inizio che cambierà le nostre vite.

L'unica voce a cui il mio cuore risponde|| Alberto UrsoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora