Ricordo anche la nostra prima discussione. Tutto dovuto alle mie cazzo di paranoie. Stavamo camminando sul ponte della nostra città e vedemmo sulla spiaggia due ragazze, circondate da persone, che si regalavano dolci baci. Notammo anche alcune delle occhiate infastidite che si posarono su di loro. Sentii un bruciore dentro, quelle occhiate mi avevano angosciato come se fossero state rivolte a me. Passasti mezz'ora a cercare di tirarmi un po' su, ammiravi quelle ragazze per quello che avevano fatto e me lo dicesti con un piccolo sorriso triste. Alcuni giorni dopo origliai una conversazione tra te ed una tua amica. Parlavate del suo fidanzato, lei ti diceva quanto fosse bello passare le giornate all'aria aperta a baciarsi e tenersi per mano. Tu le dicesti che eri molto felice per questo e anche un po'... invidiosa. Ero così arrabbiata con me stessa. Tu non ti vergognavi di quello che eri e non tentavi di nasconderlo. Avresti potuto baciare la tua ragazza anche tra mille persone. Le loro occhiate e i loro mormorii ti sarebbero scivolati addosso con facilità; e invece non potevi farlo perché io ero una fottuta codarda. Giorno dopo giorno decisi di allontanarmi da te, passavamo davvero poco tempo insieme e cercavo sempre di evitare la nostra sosta nel vicolo. Sorridevo sempre di meno ma continuai a farlo per te. Un venerdì però mi aspettasti vicino al cancello della scuola, ti salutai fredda e cercai di imboccare la strada di casa ma tu non lo permettesti. Mi afferrasti il polso e mi dicesti "dobbiamo parlare". Raggiungemmo in silenzio il retro della scuola, completamente vuoto. La prima cosa che mi chiedesti fu se fosse successo qualcosa o se tu avessi fatto qualcosa di sbagliato. Non sapevo davvero come risponderti. Stanca del mio silenzio, ti avvicinasti a me e con le mani afferrasti decisa le mie guance, iniziasti a scrutare i miei occhi come a volerne estrarre delle informazioni. "Cos'hai? Perché non vuoi parlarmene?". Mostravi segni di stanchezza, occhiaie accennate sotto gli occhi e un'espressione sfinita sul viso. "Sono io che sbaglio sempre, non tu" le mie parole ti confusero. Cercasti di parlare ma io ti interruppi. "Non puoi tenermi la mano quando vuoi, non puoi baciarmi dove vuoi... non ti permetto di fare tante cose e mi si stringe il cuore perché ti obbligo a nasconderti, quando ci hai messo tempo per uscire allo scoperto, sto mandando a puttane quello che c'è tra di noi perché ho paura" avevo gli occhi lucidi e mi mancava il coraggio di guardarti negli occhi. Circondasti la mia vita con le tue braccia e mi abbracciasti. Con le labbra che accarezzavano l'incavo del mio collo mi dicesti: "L'hai detto tu piccola, ho avuto bisogno di tempo per uscire allo scoperto, tempo di cui hai bisogno anche tu e che ho intenzione di darti". Piansi tra le tue braccia per qualche minuto. "Sono stata male in questi giorni in cui siamo state lontane, mi sei mancata e ho bisogno di sapere che quando qualcosa non andrà bene, tu verrai da me per parlarne, okay?" Annuii con il respiro un po' accelerato per il pianto e per il tuo effetto su di me.
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Un Petalo Bianco ➸ Lesbian
RomanceLa prima volta che ti vidi, le tue gambe erano fasciate da un jeans strappato e il tuo busto da un maglione color lavanda super largo. (Prima lettera) - Il tuo profumo dolce mi invase le narici ma cercai di restare indifferente alla tua vicinanza. (...