4 Felicity: strani ricordi

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Ancora una goccia e dovrebbe funzionare.
Il contagocce di vetro risulta freddo alla mia presa, cerco di non sbagliare la dose e mi concentro al massimo: i suoni della notte sono ovattati, la luce è concentrata solo sul baker e la mia vista non è mai stata migliore.
Ci siamo quasi, sta per cadere dalla sua punta e...
Pop.
Ce l' ho fatta!
Ne salvo immediatamente una dose per evitare di commettere errori e dover rivominciare; è ormai una settimana che provo a lavorare ad un cura per ricordarmi del mio passato e per cercare di far cessare i miei incubi: già perché ogni notte essi tornano e mi tormentano, grazie a questi ormai, per me, rimanere sveglia la notte è un abitudine.
Durante il giorno non mi sforzo troppo non dovendo interagire con il mondo esterno e poi soffro di insonnia quindi non è stato affatto un problema, anche se dire affatto è effettivamente un esagerazione.
Il liquido giallastro scorre lungo tutto il tubetto fino a finire in una piccola fialetta di vetro sterilizzata.
Non so neanche perché so tutte queste cose, già dalla prima notte mi era venuto d' istinto di studiare e lavorare il liquido appiccicoso che avevo sui miei capelli, un liquido violaceo molto denso.
Una goccia di quello mi aveva fatto dimenticare del mio incubo per un po' di tempo finché riaddormentandomi non me ne ero ricordata nuovamente.
Da lì ho capito che era la principale causa della mia amnesia.
Ne assaggio una piccola porzione che varia in base al peso, so che il sapore sarà pessimo ma ci provo.
Un secondo.
Due
L'amaro diffonde in tutta la mia bocca
Tre
Non succede niente, alcun ricordo.
Tiro un sospiro profondo per la stanchezza.
Sarebbe stato troppo facile altrimenti.
I capelli mi coprono la vista così cerco di spostarli, ma sono troppo corti e non riesco a fermarli dietro le orecchie.
Potrei ricorre alla molletta ma sono troppo stanca per alzarmi a prenderla e lascio fare.

~~~~~~~~~

Sono circa 10 minuti netti che sto fissando questa goccia di siero giallo verdastro.
Il mio sguardo è fisso, ma la mia mentre è da tutt' altra parte: domani dovrò parlare con la tanto temuta Ester che con io suo sguardo forte e determinato mi incute paura e forza allo stesso tempo.
Non dico che ho paura di lei come se potesse farmi del male, ma l' idea di dover spiegare un intero piano ad una persona sconosciuta mi fa rabbrividire.
La palpebre cominciano a farsi pesanti e la vista, man mano che mi incanto, diventa sempre più sfocata.
So che non durerà a lungo e che dovrò per l'ennesima volta, affrontare quel maledetto incubo.
Non devo dormire.
Sono ad un passo dalla cura ma non riesco proprio a concentrarmi per l' ansia così lentamente mi alzo, con l' eleganza di un bue, e mi avvio verso il letto a passi pesanti.
Mi stendo su di esso a peso morto, le coperte sono fredde e comode, una lieve brezza mi sposta i capelli entrando dalla finestra spalancata; questa freschezza mi fa sentire la pelle secca, mi bagno le labbra con la saliva, mi copro solo i piedi con le coperte leggerissime e con un ultimo clic spengo la luce e vado incontro alla mia più grande paura: l' abbandono.

~~~~~~

Eccola, eccola di nuovo quella odiosa vode di una ragazza: -dai vieni qui! Non ti faccio del male, ora sono la tua mamma!-
La odio.
Non so neanche perché, non la conosco, ma so che è MALE.
La fisso, voglio farle capire il mio disprezzo, ma quando cerco di parlare esce solo un grido strozzato, non mi ricordo più come si parla e mi sento chiusa in un corpo troppo piccolo per i miei gusti.
La donna non sembra accorgersi della mia presenza, afferra il ragazzino per la manica e lo tira a se; apparentemente sembrerebbe un gesto d' affetto, ma con un po di attenzione si puo chiaramente notare quanto forte sia la presa, lo sta strattonato in modo freddo, senza amore.
La donna che dice di essere la madre non prova alcun amore per il figlio.
Il bambino mi guarda con un aria affranta e per un ultima volta grida il mio nome.
-Felicity!-
Il suo volto è rigato dalle lacrime, sono lacrime nere, più nere del buio notturno, le lacrime più dolorose che abbia mai visto.
Sento una stretta allo stomaco e comincio a piangere anche io.
Nel subconscio so che quel semplice richiamo, significava più che il mio nome.
No era una promessa, come una promessa di sangue, stava a significare che per quanto tempo Sarebbe passato prima del nostro ritrovo, entrambi saremmo sempre e per sempre rimasti fratelli, che se uno dei due stava male, l' altro avrebbe dovuto essere felice per entrambi, che la nostra ricongiunzione sarebbe stata il motivo per continuare a vivere.
Si quell'ultimo grido stava significare moltissimo, perché mai e poi mai avremmo permesso che una stupida separazione corporea avrebbe dovuto cancellare la nostra fratellanza.
Non è cosi,
ETHAN?

Le Raduraie: Un nuovo InizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora