due

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Holly

I'am a bitch, when I brush my teeth

I'm a bitch, walking down this street

I'm bitch, when I paint my lips

I'm a bitch, when people look at me

{Bitch - Plastiscines}

Varcai i cancelli lentamente, sistemando un ciuffo di capelli dietro le orecchie, guardandomi intorno. Il piazzale della scuola era gremito come ogni mattina, nonostante le lezioni sarebbero iniziate da lì a breve e sentivo gli sguardi di tutti puntati addosso. Non che la cosa mi dispiacesse, ma non ne ero nemmeno entusiasta. Passare da quel piazzale era come stare su una passerella di un'importante sfilata di moda ed io ero come un'inflessibile modella, che cerca a tutti i costi di non cadere sui tacchi da trenta centimetri per evitare una clamorosa figura di merda.

La differenza era che io non ero una modella ed il piazzale non era una passerella, ma erano dettagli irrilevanti.

Rallentai il passo, voltando la testa da una parte, cercando le mie amiche. Trattenni un sorriso canzonatore, notando che ogni persona che incrociava il mio sguardo abbassava la testa. Era una cosa davvero esilarante. Mi sentivo esattamente come Medusa, la temibile Gorgona con serpenti al posto dei capelli e con la capacità di pietrificare chiunque la guardasse negli occhi.

"Holly!"sentii una voce famigliare alle mie spalle.

E non sarebbe stato male essere davvero Medusa, pensai, per poter trasformare in pietra persone a me antipatiche, come lui. Mi voltai, esattamente come Samara in The Ring, nella speranza di intimorirlo, ma lui correva verso di me, il tipico sorriso un po' storto e i capelli arruffati.

"Ciao Irlanda."dissi senza far trapelare nessuna emozione, mentre lui mi raggiungeva.

"Come va?"mi chiese con il suo tipico accento, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni beige. Io alzai un sopracciglio, sistemando nervosamente un ciuffo dietro le orecchie.

Niall James Horan, l'irlandese più importuno, fastidioso e seccante che avessi mai avuto il dispiacere di conoscere. Era il prototipo di ragazzo che sta simpatico a prima vista. Sempre sorridente, sempre con la battuta pronta. I capelli biondi sempre in disordine, gli occhi azzurri come il cielo che raramente di scorgeva in Inghilterra nei mesi primaverili e un'espressione buffa ed infantile per ogni situazione. Era alto esattamente come me, ma era un po' ingobbito e perciò risultava più basso.

"Cosa vuoi?"chiesi, senza rispondergli. Lui si strinse nelle spalle, senza staccare gli occhi dai miei.

"Invitarti a pranzo?"chiese. Alzai gli occhi al cielo nuvoloso e sospirai, posando le mani sui fianchi.

"Sai quanti giorni sono passati dall'inizio della scuola?"gli chiesi. Lui scosse la testa.

"Ventitré - risposi - E sai quante volte mi hai chiesto di pranzare insieme a te?"

"Ventitré - continuai io, senza lasciargli il tempo di rispondere - E sai quante volte ti ho detto di no?" lui sospirò.

"Con questa sono ventitré."finii, sorridendo soddisfatta, incrociando le braccia al petto.

"Sarà per la prossima volta."disse lui, stringendosi nelle spalle e schioccando la lingua. Lo faceva sempre, era un tic abbastanza fastidioso. Fastidioso esattamente come lui, d'altronde.

"Quanti giorni dovranno passare prima che tu capisca che io non pranzerò mai insieme a te?"sbuffai, innervosita. Lui rise, con la sua risata che riusciva a contagiare tutti - tranne che me.

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