tredici

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Gipsy

Una breve telefonata,

lo sai bene che siamo amici.

Alla fine di questa cena

tu mi dici che aspetti un figlio.

{Cenerentola Innamorata- Marco Masini}

Rigirai la scatolina tra le mani tremanti, senza avere il coraggio di aprirla.

Non è difficile Gipsy, datti una mossa cazzo.

Certo, in sé non era una cosa difficile, avrei dovuto bere qualche litro d'acqua e andare a pisciare, per poi aspettare il risultato. Ma era proprio questo a farmi paura, il risultato.

Non ce l'avrei fatta, eppure dovevo per forza.

Osservai il telefonino accanto a me, buttato sul letto disfatto. Lo afferrai, deglutendo con forza.

Chi avrei potuto chiamare?

C'erano solo due persone di cui potevo fidarmi e su cui avrei potuto contare, che mi avrebbero appoggiato in quel momento.

Holly, che era a casa con suo padre, una delle poche sere in cui erano solo loro due. Nessuna partita di calcio, nessuna fidanzata con cui uscire a cena, nessun gatto e nessun altro fottutissimo animale da riportare da qualche parte. Non me la sentivo di rovinarle la serata con le mie paranoie.

Rimaneva lui, ma non avevo la forza di chiamarlo. Ero una codarda, una vigliacca. Non ero ancora riuscita a parlargli, dalla nostra litigata al parco, perché sapevo bene che lui aveva ragione. Aveva sempre ragione. Eppure non volevo ammetterlo, odiavo dover ammettere di aver sbagliato.

Mi mancava, Louis, più di ogni altra cosa. Come se una parte importante di me - un arto, un polmone, il cuore - mi fosse stato asportato. Non riuscivo a vivere senza.

Imprecai sottovoce, sentendo la porta della stanza accanto aprirsi e sbattere con forza poco dopo.

Mi alzai, buttando la scatoletta sul letto accanto al telefonino e uscii dalla mia stanza, fermando Arielle prima che scendesse le scale. Indossava una minigonna rosa che le copriva appena le natiche semi scoperte ed una maglietta famigliare.

"Quella è mia!"sbottai. Lei si strinse nelle spalle, infilandosi le giacca.

"Dovrei credi di andare? - chiesi nervosa - Fra poco arriva la pizza."

"Prendo qualcosa per strada. Devo andare da Bridget, c'é una festa."mi rispose lei in francese, mentre Marion scoppiava a ridere dal salotto - evidentemente stava guardando uno di quei stupidi cartoni animati per cerebro lesi.

"Mi hai per caso chiesto il permesso?"

Lei alzò gli occhi al cielo.

"Posso andarci?"chiese con voce innocente, sistemandosi i capelli in una coda mal fatta.

"Se ti vesti sì - esclamai, assottigliando lo sguardo - Figurati se ti lascio uscire conciata così! Sai quante persone…"

"Stai tranquilla Elle, non mi succederà niente!"disse Arielle, sorridendomi e stampandomi un bacio sulla guancia, per poi scappare verso la porta.

Strinsi i pugni. "Torna presto, non farmi stare in ansia!"gridai, ma la porta d'ingresso era già chiusa.

Tornai in camera, afferrai il telefonino e composi il numero che sapevo a memoria. Mi avrebbe risposto? Speravo davvero di sì. Avevo bisogno di lui, ora più che mai. Ero agitata come mai in vita mia e quando la sua voce mi rispose mi parve di svenire. Non me l'aspettavo.

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