Capitolo 4

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-"Daniele vestiti che andiamo a scuola"- ordinai a mio figlio invadendo la sua stanza ed aprendo la finestra. Muguló e nascose la testa sotto il cuscino.

-"Mamma ho la febbre"- disse con voce impastata dal sonno facendomi sorridere beffarda.

-"Si? E sentiamo quante volte pensi di voler esser malato di febbre questo mese?"- chiesi mettendo le braccia a conserte e sfidandolo. Ormai lo conoscevo come le mie tasche, e sapevo che ogni volta che non voleva andare a scuola inventava la scusa di essere affetto da febbre. La sua testa sbucó dalla morbidezza dei cuscini e mi guardó fingendosi malato.

-"No, davvero. Non mi sento bene"- disse con un tono di voce teatrale per poi fare una finta tosse. Mi sedetti ai bordo del letto e poggiai una mano sulla sua fronte.

-"Alzati e vai a scuola, sfaticato"- dissi severa una volta aver constatato che non avesse per davvero la febbre. Lui sbuffó rumorosamente e poi si alzò dirigendosi al suo armadio. Io sorrisi soddisfatta e poi andai a bere un caffè. Il lunedì. Era davvero straziante e faticoso. Era il giorno della settimana che più odiavo dato che era lo stesso giorno in cui tutto prendeva inizio. Come di consueto, preparai la mia borsa e ci infilai dentro le mie chiavi della macchina. Perché si, ero riuscita a prendere la patente ed un auto tutta per me.

-"Mà allora noi usciamo. Più tardi vai a prendere Daniele a scuola perché oggi credo di tornare in ritardo dal lavoro"- avvisai mia madre, che era intenta a svolgere le faccende di casa già in prima mattinata. Lei alzò la testa e si limitò ad annuire.

-"Daniele sei pronto?"- urlai dal salotto per farmi sentire da lui. Non ricevetti alcuna risposta e, subito dopo lo vidi venire verso di me con lo zaino sulle spalle. Aveva un'espressione annoiata sul volto.

-"Quanta felicità"- ironizzai ridacchiando ed uscendo di casa.

-"Odio la scuola"- disse mettendo il broncio mentre raggiungevamo la mia auto.

-"Dai non è così male. Hai tanti amici e sono sicura che ti divertirai"- risposi. D'altronde non era così male. Frequentava a malapena la prima elementare, quanto poteva esser brutto?

-"Gli amici si, ma quelle maledette maestre non fanno altro che dirmi cosa devo fare"- si lamentò entrando in macchina. Mi misi al posto del guidatore e girai la chiave nella fessura per mettere in moto.

-"Daniele è ovvio che ti diano ordini. È una scuola, e in una scuola si educano i bambini. E tu sei uno di loro"- cercai di spiegare gesticolando di tanto in tanto. Non staccai mai gli occhi dalla strada e mi diressi dritta verso la sua scuola. Non era per niente lontana da casa ma, la mattina, dato che andavo a lavoro in auto, ne approfittavo per accompagnarlo.

-"Ecco perché la odio"- sbuffó subito dopo tenendo la cartella tra le sue piccole braccia. Indossava un jeans chiaro, una t-shirt bianca ed un giacchetto anch'esso in jeans. Ai piedi portava delle scarpe da ginnastica bianche ed i suoi capelli lasciavano parecchio a desiderare. Sempre sistemati in maniera sbarazzina e disordinata.

-"Miraccomando non fare troppe conquiste oggi"- decisi di prenderlo un po' in giro approfittandomene del fatto che molte bambine gli andassero dietro. Lui si guardò allo specchietto dell'autovettura e sospirò stanco.

-"Con questi capelli non credo proprio"- disse annoiato e distogliendo lo sguardo dal suo riflesso.

-"Ma dai che sei bello lo stesso"- dissi frenando di fronte l'edificio della scuola di Daniele. Lui mi sorrise e, prima di scendere, mi stampó un bacio sulla guancia. Poteva sembrare un bambino antipatico, ma in realtà era molto sensibile e dolce. Solitamente, però, lo diventava solo con chi e quando lo diceva lui. Non appena lo vidi entrare, spinsi il piede sull'acceleratore e partii per andare a lavoro. Al contrario, il mio studio era più lontano da casa e quindi dovevo raggiungerlo in auto per evitare di perdere troppo tempo. Quel giorno avrei dovuto assistere circa cinque clienti e ne conoscevo solo pochi di loro. Molte volte perdevo per fino ore intere con uno dei clienti, e quindi mi era difficile riuscire a tornar prima a casa. Non appena arrivai sul posto, accostai con l'auto e scesi subito dopo. Aprii il mio studio e notai già della gente fuori ad aspettare.

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