Capitolo 12

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Daniele, non appena venne a conoscenza del concerto, fu al settimo cielo ed attendeva con ansia quel giorno. Ecco, quel giorno era giunto. Prima, però, avremmo dovuto svolgere i nostri lavori come la scuola ed io il mio. Così, senza indugiare oltre, mi diressi in stanza di Daniele con l'intenzione di interrompere ogni suo bel sogno. Con mia gran sorpresa, però, lo ritrovai già sveglio mentre si vestiva.

-"Come mai già sveglio? Non vedi l'ora di tornare a scuola?"- lo presi in giro poggiando una mano su un fianco. Lui quasi mi fulminó con lo sguardo e poi continuó ad infilarsi la maglietta.

-"Sono sveglio solo perché l'unica cosa bella di questa giornata è il concerto di papà. Se fosse per me salterei la scuola molto volentieri"- spiegò dando, in vano, una sistemata ai capelli. Quando, però, si rese conto di non esser riuscito a dare un senso ad essi, lanciò via il pettine sbuffando. Quasi non mi venne da ridere e mi sedetti ai bordi del suo letto.

-"Prima di tutto voglio dirti che se i tuoi capelli sono disordinati devi incolpare il tuo papà"- cominciai a dire facendolo quasi ridere. Si sedette accanto a me mentre nella mente rimembrava tutte le volte in cui Niccolò aveva provato a tener ordinati i capelli.

-"Ed inoltre, voglio che tu capisca che prima viene il dovere e poi il piacere. Io adesso vado a lavorare, come tu vai a scuola, e poi questa sera riceviamo il premio per la nostra fatica"- sorrisi facendo un sorriso e provando a far capire a mio figlio i valori della vita. Lui, però, fece un enorme sorriso e mi guardó entusiasta.

-"Quindi per te vedere papà è come ricevere un premio?"- domandò con occhi sognanti.

-"Per me è anche molto di più"- risposi facendolo sorridere di grand lunga di più. A quel punto avvolse le sue piccole braccia attorno il mio collo e mi strinse a lui. Ricambiai con affetto il suo abbraccio e stampai un bacio tra i suoi capelli profumati di shampoo alla pesca.

-"Allora sei deciso ad andare a scuola?"- chiesi una volta aver sciolto l'abbraccio.

-"Si, mamma"- disse soddisfatto.

**
Una volta aver accompagnato mio figlio a scuola, andai a lavoro ed accolsi i miei primi clienti. Più lavoravo e più amavo il mio lavoro. Parlare con loro mi faceva star bene e soprattutto rilassare. Sarebbe sembrato un lavoro complicato a sentirsi, ma per me non era affatto male. Ad un certo punto mi ritrovai di fronte le perle nere, o comunemente chiamati, occhi di Matteo.

-"Si può?"- domandò un po' impacciato una volta aver aperto la porta. Lo guardai da lontano ed alzai un sopracciglio.

-"Si,entra"- mi limitai a rispondere per poi riprendere il mio lavoro sul pc. Smanettavo velocemente sulla tastiera cercando di ricordare tutto quello che dovessi appuntare. Lui, subito dopo, annuì e chiuse la porta alle sue spalle. Prese posto sulla sedia, di fronte la scrivania, e cominciò ad osservare quello che stessi facendo.

-"Hai bisogno di qualcosa?"- domandai non staccando mai gli occhi dallo schermo. Lo sentii sospirare e poi farsi avanti con la sedia, trascinandola e provocando un rumore terribile.

-"Oggi voglio parlarti come amico, non come se fossi il tuo cliente"- disse puntando gli occhi sul mio volto. Mi fermai un attimo e poggiai il mio sguardo sui suoi occhi. Poi sospirai ed abbassai lo schermo del computer.

-"Avanti. Di cosa vuoi parlare?"- chiesi curiosa e posando le spalle sullo schienale per stare più comoda. Matteo iniziò a grattarsi la testa e ad assumere un'espressione confusa in volto. Misi le braccia a conserte ed attesi che parlasse.

-"Volevo scusarmi per come sono andate le cose la serata del nostro appuntamento. Ho capito di aver esagerato ad averti chiesto un bacio"- cominciò a dire dispiaciuto per davvero. Glielo leggevo negli occhi.

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