Capitolo 3

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Mike's pov

Lasciai un bacio a stampo sulle labbra di Undici e poi l'abbracciai forte, stringendola al mio petto.

«Mi mancherai tantissimo...» la guardai negli occhi e notai un leggero strato di lacrime velarle gli occhi scuri e incantevoli.

«Non mi dici nulla?» lei scosse forte la testa e poggiò la fronte sulla mia spalla, come a chiedermi di abbracciarla più forte.

Così feci.

«Vado.» Undici si staccò dal contatto e uscì dalla mia stanza senza girarsi nemmeno una volta di me.

Non sapevo se rimanerci male.

Io avevo bisogno di lei... e di Will.

Scossi la testa e mi affacciai alla finestra fino a veder sparire Undici dentro la macchina di mia madre, che si era offerta di accompagnarla per risparmiarle un viaggio in treno.

Chiusi l'imposta e mi buttai pesantemente sul letto, cominciando poi a fissare il soffitto come se fosse stata la cosa più interessante in questo pianeta.

La mia testa era così piena di pensieri che quasi non riuscivo a rendermene conto.

Passai un'ora, o forse più, in quella posizione fetale sul letto, cercando di bloccare le lacrime.

Ero triste, non chiamavo Will da mesi e sentire la sua voce mi mancava tantissimo.

Mi sentii terribilmente in colpa e mi resi conto che senza le sue risate, le sue battute cattive e il suo sarcasmo io non potevo andare da nessuna parte.

Dopo quello che avevo fatto in quelle due settimane con Undici non sapevo se sarebbe stato il caso di chiamarlo, ma lo feci.

Come al solito pensai solo al mio bene e non a quello degli altri.

Ero un egocentrico, idiota ed egoista ma non potevo farci nulla. Ero solo uno sciocco ragazzo.

Afferrai il telefono e con mani tremanti e insicure digitai sui tasti il suo numero di casa.

Sperai con tutto me stesso che mi rispondesse lui in persona, le mie preghiere furono del tutto ignorate.

«Pronto? Chi parla?» la voce di Joyce mi fece scivolare una lacrime sulla guancia... io volevo sentire la voce del mio piccolo Will.

«C'è Will?» cercai di non dire quelle parole, ma la mia testa era sconnessa. Io volevo solamente parlare con il mio amore, con la mia metà, con la mia dose quotidiana di felicità.

«Mio caro Mike! Da quanto non ci parliamo eh?» cercai di essere il più dolce possibile.

Dopo un piccolo questionario, finalmente riuscii a tornare sul vero motivo della mia telefonata.

«C'è Will?»

«Senti a proposito di questo... per caso... vi siete lasciati?» alla sua frase il mio cuore saltò diversi battiti.

Perché me lo stava chiedendo? Will non mi amava più? Si era stufato di me? Mi aveva rimpiazzato?

«N-no... p-perché?» la mia voce non poté fare a meno che vacillare ponendo a Joyce quella domanda.

Avevo paura, stavo tremando come una foglia e mi sentivo sprofondare sempre più in basso ad ogni secondo che passava.

«Oh niente caro, mi stavo preoccupando. Sai ultimamente Will è molto strano. E poi oggi... niente. È a casa del suo... amico J-ack.» alla sua frase il mio cuore si bloccò una seconda volta.

Perché non aveva finito la frase? Perché aveva vacillato nel pronunciare il nome del suo amico? Era successo qualcosa nella vita di Will che non sapevo, ma che mi riguardava?

«Grazie, digli che l'ho cercato. Ciao.» attaccai e caddi in ginocchio.

La vista appannata, le orecchie tappate, il respiro corto.

Avevo tradito Will...

La dura e crudele verità mi piombò addosso pesantemente... io non meritavo Will e lui lo aveva capito.

Will's pov

Camminavo mesto verso casa, non sapevo cosa fare, cosa pensare.

Jason mi aveva confessato che mi amava ancora, che per me ci sarebbe sempre stato e poi mi aveva detto che aveva bisogno di me anche solamente come amico.

A quel punto io ero scappato via, mi sentivo in colpa nei suoi confronti.

Lo avevo fatto innamorare e poi lo avevo scaricato senza pensare ai suoi sentimenti e al suo cuore.

Lui sarebbe stato veramente degno del mio cuore: era un ragazzo intelligente, colto, educato, sensibile, buono, simpatico, ribelle al punto giusto... ma no. Il mio cuore apparteneva alla persona più strana e imprevedibile della terra. 

Sospirai ed aprii la porta di casa, pronto per affrontare la rabbia di mia madre.

«Will, Mike oggi ti ha cercato al telefono.» ancora prima di entrare del tutto in casa mia madre mi salutò con quella frase.

Il mio cuore si fermò, ma decisi di ignorare tutto il casino che quella frase aveva sprigionato dentro di me.

Non lo avrei cercato. Non poteva fare come voleva, stavo soffrendo per colpa sua.

Non mi aveva cercato per tre mesi... tre mesi.

Mia madre mi raggiunse in salone e si sedette accanto a me.

Aveva le lacrime agli occhi, ignorai quel fatto e accesi la televisione, facendo zapping per i pochi canali che c'erano.

«Will perché non mi parli più?» la sua voce era spezzata dai singhiozzi, mi fece sussultare dallo spavento e dai sensi di colpa.

Il mio orgoglio si mise per un secondo da parte, ma poi tornò più forte di prima. «Perché non ho bisogno di te mamma. Non servi a nessuno. Siamo grandi ormai, sappiamo cavarcela da soli e non abbiamo bisogno di te.» sputai quelle parole con tono talmente acido che quasi mi feci del male da solo.

Non ero stato io a pronunciarle, ma la mia rabbia repressa nei confronti del mondo... della vita.

Mia madre si mise una mano sulla bocca e poi, senza avvertire in alcun modo, mi tirò uno schiaffo in pieno viso.

Non mentire||bylerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora