Capitolo 11

1K 63 37
                                    

Mike's pov

Quando un dottore aprì la porta della mia camera d'ospedale sperai mi comunicasse una malattia grave che mi avrebbe ucciso a breve.

Non fu così.

«Mike... Wheeler.» disse il mio nome e io rimasi fermo sul letto, incapace di qualsiasi movimento.

Avrei voluto gridargli di arrivare dritto al punto, ma non avevo la voce per poterlo fare.

Mi limitai a guardarlo mentre leggeva la mia scheda medica.

«Stai benissimo. Devi solo... mettere gli occhiali e smettere di bere.» a quella frase il cuore si fermò nuovamente, per quel poco che aveva ripreso a battere.

«Io sono morto...» lo sussurrai e un dolore atroce alle corde vocali me ne fece pentire amaramente. «Oh no ragazzo, sei forte. Come non sei caduto in coma etilico non solo so neanche io. C'è un uomo che vuole vederti qui fuori, lo faccio entrare.» una fitta dolorosa nel petto mi fece rabbrividire.

Che fosse mio padre l'uomo?

Quanto il dottore uscì lasciando entrare il mio papà, una lacrima mi rigò il volto.

Sentii il mio cuore riprendere a battere flebilmente.

Stavo male, mi sentivo in colpa nei suoi confronti, anche se poi non avevo fatto niente.

«Michael.» quando lo sentii chiamarmi con il mio nome completo il cuore si spense di nuovo, sprofondando nella cassa toracica.

«Hai deciso di perdonare tuo figlio per un errore che non ha commesso?» lo chiesi con tono pieno di odio, rancore, tristezza, rabbia. Lo odiavo quanto lo amavo. Non sapevo cosa fare.

«Ieri in telegiornale ho visto la notizia che un ragazzo... gay, è stato ripudiato dal padre e poi... dopo mesi ucciso dalla madre... io non voglio questo per te. Mi hai deluso e non sarà facile per me accettarti per quello che sei, te lo dico in piena sincerità... ma per il mio unico figlio maschio farei di tutto. Quello che più desidero è vederti felice, sorridente. Nonostante tutto.» ascoltai con rabbia il discorso di mio padre.

Scossi la testa frustrato. «Per capire che devi amare tuo figlio nonostante tutto, ci è voluta la morte di un ragazzo?» lo guardai con gli occhi ancora straboccanti di lacrime.

«Sì, lo so... ma spero che mi perdonerai.» annuii con poca convinzione. Di certo non mi sarei lasciato convincere con così poco dopo tutto quello che mi aveva fatto passare in quei lunghissimi mesi.

«Io... ti vorrò bene per sempre, sei mio padre. Nonostante tutto ti amerò per sempre perché mi hai messo al mondo. Ma non posso perdonarti così in fretta dopo i mesi di agonia che mi hai fatto passare.» lo dissi asciugandomi con il dorso della mano le lacrime. Papà mi guardò tristemente e poi annuì.

«Io e la mamma abbiamo... divorziato. Avrai tutto il tempo per... perdonarmi per quello che ho detto e fatto. Intanto ti va di comprare gli occhiali insieme a me appena ti dimettono?» lo chiese con un sorriso strano in bocca.

Non sapevo cosa rispondere. Io non volevo portare gli occhiali, ma annuii.

«E... puoi... smettere di bere? Hai solo sedici anni.» lo disse guadando il pavimento. Non poteva vedermi, ma decisi di non parlare e annuire.

«Come stai?» finalmente la fatidica domanda che aspettavo da quando era entrato giunse alle mie orecchie.

Come stavo? Non lo sapevo neanche io.

«Sono morto.» a quelle mie parole mio padre prese a piangere in silenzio e io presi a singhiozzare rumorosamente.

Ero morto, avevo distrutto tutto quello che avevo di caro. Avevo offeso la mia piccola sorellina, avevo fatto divorziare i miei genitori, avevo distrutto i sentimenti della mia fonte di vita e gioia, avevo spezzato decine e decine di cuori per la mia lussuria.

Avevo rovinato tutto, meritavo di essere morto in quel modo doloroso.

Meritavo di soffrire... anche molto di più di quanto già non stessi facendo.

Non mentire||bylerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora