Capitolo 13

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Will's pov

Era passata una settimana e di Mike non c'era traccia.

Mi stavo divertendo tantissimo senza di lui, ma guardarlo ed essere guardato mi mancava.

Sapevo che con quelle parole lo avevo ferito molto, nel profondo del cuore.

Ma lui anche mi aveva fatto del male.

«Will oggi ti va di dormire da me?» Max me lo chiese guardandomi negli occhi. «Vengono anche gli altri?» «Certamente.» ci pensai su per diversi secondi e poi decisi di scuotere la testa. «Sono molto stanco e vorrei passare a trovare mamma e John.» Max annuì.

Salutai il gruppo e poi mi diressi velocemente verso casa Wheeler.

Non vedevo la mia famiglia da quando eravamo giunti lì e non vedevo Mike da tempo, forse era giunto il momento di affrontarlo per bene.

Quando giunsi davanti alla porta esitai un attimo prima di bussare, ma poi lo feci.

Aspettai qualche secondo e bussai una seconda volta. Finalmente sentii dei passi avvicinarsi alla porta. John mi aprì e quando mi vide sorrise cordialmente.

Lo abbracciai, ma lui non ricambiò la stretta.

«Mamma? Mike? Nancy?» offeso dal suo comportamento, andai dritto al punto senza troppi giri di parole.

«La famiglia Wheeler viene a vivere ad Houston... Mike rimane qui con il padre. Adesso vattene, mamma non ha intenzione di vederti. Partiamo domani, se vuoi puoi venire con noi.» a quella frase sgranai gli occhi.

Sapevo che la famiglia Wheeler era entrata in crisi, ma non credevo fino a questo punto.

Mike poteva venire a vivere accanto a me, ma aveva preferito non farlo. Avevo preferito rimanere ad Hawkins, senza ripensamenti.

Il cuore sprofondò nel petto e mi sentii per un secondo il peso dell'intero mondo sulle spalle, poi mi ripresi e mi costrinsi a sorridere sinceramente a mio fratello.

«Rimango con Lucas e poi rimedio un passaggio a fine vacanze. Ti voglio bene, saluta la mamma.» girai le spalle a mio fratello ed uscii di casa senza ripensamenti.

Stavo soffrendo, mi sentivo male.

Dovevamo resistere solo pochi mesi e poi saremmo potuti tornare vicini per tutto l'anno... ma non ce l'avevamo fatta.

Avevamo distrutto tutto prima ancora che cominciasse.

Mi mancava tantissimo sentire il suo odore nelle mie narici, le sue labbra sulle mie, le sue mani tra i miei capelli, la sua voce dedicata interamente a me, i suoi occhi sempre nei miei... mi mancava. Da quando ci eravamo divisi era come se una parte di me fosse improvvisamente morta... come se Fosse sparita, ma comunque collegata a me attraverso un filo che mi faceva male. Mi faceva sapere che c'era ancora, ma che era irraggiungibile per me e che allo stesso tempo era ad un solo passo di distanza.

Mike's pov

Era un giorno che avevo provato a cancellare Will dalla mia testa, ma risultava talmente impossibile che quasi mi veniva da ridere alla sola idea che mi era venuta in mente nel volerlo dimenticare.

Lui era una parte attiva di me, nonostante fosse irraggiungibile.

Potevo vederlo e toccarlo e pensarlo, ma non potevo averlo vicino a me. Non potevo averlo dove avrei voluto si trovasse. Io avevo bisogno di lui tra le mie braccia, accanto a me.

Dovevo sentirlo su di me, accanto a me, con me. Dovevo sentirlo mio.

Mi tolsi gli occhiali, poggiandoli delicatamente sulla scrivania per poi grattarmi gli occhi.

Vedevo troppo bene, mi stava facendo male la testa.

«Mike, ti cerca... Will.» mi alzai di scatto dalla sedia, infilando immediatamente gli occhiali.

«Come hai detto?» avevo sentito benissimo, ma dovevo avere la certezza che fosse tutto vero e che non l'avessi solamente immaginato.

«Ti cerca Will, scendi.» mio padre non amava Will, credeva che fosse colpa sua se ero quello che ero...

Scesi di corsa le scale, senza pensare neanche per un secondo.

Avrei fatto di tutto per rivederlo, nonostante tutto.

Nonostante mi avesse ucciso. Nonostante mi avesse abbandonato. Nonostante mi avesse distrutto e buttato al cestino i miei pezzi.

Io continuavo ad amarlo, nonostante tutto.

«Papà, posso...» «Fai quello che ti senti di fare...» gli sorrisi e uscii di casa, senza guardare dove si trovasse Will.

Dovevo prima allontanarmi da mio padre per evitare che mi cacciasse di casa, poi avrei pensato al resto.

«Mike.» la sua voce mi percorse la spina dorsale, mandandomi diecimila scosse elettriche.

Non potei fare a meno che far scivolare una lacrima sulla mia guancia. Avevo paura di quello che sarebbe potuto succedere, ma soprattutto mi era mancato più dell'aria.

Gli feci cenno di seguirmi e mi diressi nel posto più segreto e nascosto che conoscessi. Era una piccola catapecchia che nessuno utilizzava più da tempo, vicino alla nuova casa di papà. Negli ultimi giorni infatti l'avevo visitata più spesso.

Non mentire||bylerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora