Capitolo 4

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Will's pov

L'impronta della mano di mia madre si stampò sulla mia guancia, lasciandomi scioccato e interdetto.

Non aveva mai alzato le mani su di me.

«Ma cosa cazzo fai? Ti è andato di volta il cervello?» mi alzai dal divano di scatto e la sovrastai in tutta la mia altezza. Lei si alzò a sua volta e mi afferrò con forza le spalle.

«Will cosa ti sta succedendo? Dove sei finito? Dentro questa sagoma c'è ancora mio figlio o è morto del tutto?» la sua voce era triste, piena di rimorso.

Il mio cuore era sprofondato dentro il mio petto, non stava più battendo. Mi sentivo piccolo, insignificante.

«È morto.» lo sussurrai con un tono che non riuscii a riconoscere come mio e poi mi scostai da mia madre, salendo le scale.

Mi chiusi in camera mia.

Stavo facendo soffrire tutti quelli a cui volevo bene, era tutta colpa mia.

E di Mike.

Il mio comportamento era solo colpa di Mike in realtà.... che non mi cercava, che non mi amava come io lo amavo.

Ero solo ed era colpa sua, esclusivamente colpa sua.

Presi il telefono e digitai velocemente il numero di casa sua.

Non sapevo esattamente perché lo stessi facendo, ma sentivo che infondo non mi avrebbe fatto male sentire la sua voce dopo la scenata con mia madre.

«Will?» un sospiro dolce. Un sussurro flebile. La sua voce armonica e melodiosa mi attaccò dritto al petto e fece riprendere a battere il mio cuore.

«Mike.» lo dissi con tono dolce, non credevo che sarei stato capace di rivolgerglielo dopo tutto quello che mi aveva fatto passare.

«Oddio come mi sei mancato.» sentii la rabbia risalire dentro le mie vene.

Esplosi.

«Immagino.» lo dissi freddo, distaccato.

«Cosa?»

«Hai sentito bene quello che ho detto.» un sospiro disperato mi arrivò alle orecchie dal telefono.

«Perché non mi credi?» la sua voce era triste, a sentirlo in quello stato per colpa mia, mi sentii leggermente sollevato.

Era una leggera consolazione al vuoto che mi stava riempendo tutti i sensi.

«Fanculo Mike. Sono stati tre mesi di merda per me... per te saranno stati di paradiso! Ti sarai divertito con Undici, no?» lo dissi acido e quelle parole mi lacerarono il petto.

Non volevo credere che Mike mi avesse tradito veramente con la mia sorellastra.

«Cosa stai dicendo? Undici è stata tutto il tempo con Max! L'avrò vista due o tre volte! E poi lo sai bene... lei mi odia!» scossi la testa per la sicurezza con cui il mio ragazzo pronunciò la frase.

«Ne riparliamo quando torno la settimana prossima. Nel frattempo divertiti con tutte le ragazze che ti vanno dietro perché...» mi interruppi incapace di pronunciare quelle parole. «Ti lascio.» attaccai la telefonata e caddi in ginocchio, per terra.

Mi sentivo così male, la mia testa stava esplodendo. Il mio cuore si stava screpolando piano piano in una tortura lenta e dolorosa. La mia vista si stava appannando per via delle lacrime.

Avevo lasciato la mia metà... avevo rovinato la mia felicità, avevo impedito a me stesso di avere un futuro felice.

Avevo paura di me stesso, non mi riconoscevo più.

Era come se non fossi più in me, non riuscivo più a riconoscermi. Ero diverso, ero strano.

Ero... più sbagliato di quando già non lo fossi prima.

Jane's pov

Entrai in casa con il sorriso in bocca, nonostante tutto quello che mi ero lasciata alle spalle.

Mi mancavano Joyce e le sue continue attenzioni. Al contrario dei suoi figli, io le ero grata per tutto quello che faceva per me.

Sfilai le scarpe e mi chiusi la porta alle spalle. Accantonai la valigia vicino alla scarpiera e mi diressi verso il salone, speranzosa di trovare Joyce.

Quando la vidi in lacrime, gli occhi gonfi e le spalle impegnate a muoversi a tempo dei suoi singhiozzi disperati, il sorriso mi morì sulle labbra.

«Dio!»

«Oh Jane! Sei tornata...» Joyce si alzò dal divano asciugandosi le lacrime e io rimasi in silenzio per diversi secondi.

«Joyce, per quale motivo stai piangendo?» mi avvicinai piano a lei e la strinsi tra le mia braccia.

Joyce mi strinse e poi si abbandonò in un nuovo pianto liberatorio. Io non sapevo cosa fare, non mi piaceva vederla triste perché lei stava facendo di tutto per rendermi felice.

Dovevo assolutamente ricambiare il favore.

«Ne vuoi parlare?» annuì flebilmente sulla mia spalla e io la trasportai delicatamente verso il divano, da cui si era appena alzata.

Mi infuriai ancora di più con i due fratelli Byers che non si erano neppure accorti che la madre era in quelle condizioni.

«È Will.» a quella piccola frase semplice e diretta il mio cuore si infuriò e tutti gli altri sentimenti caddero in secondo piano.

In quel momento ero solamente incazzata con quel ragazzino che se ne stava seduto allegramente in camera sua.

Mi venne voglia di salire di sopra e urlargli contro tutto quello che era successo tra me e Mike in quelle due settimane, ma mi trattenni.

Dovevo prima sistemare le cose con Joyce.

«Sai... da quando è stato costretto a... confessarci la sua sessualità è cambiato. Non è più in sé... e penso che sia tutta colpa di Mike» trattenni le lacrime e annuii flebilmente.

«Quel ragazzo ci ha rovinati tutti.» cercai di trattenere la mia voce, ma non ci riuscii.

Joyce alzò lo sguardo su di me e io non feci in tempo ad asciugare la lacrima solitaria che mi aveva solcato il volto.

«Undici, sei sicura che sia prudente tornare la settimana prossima?»

«No Joyce per niente, ma ne ho bisogno.»

Mi alzai dal divano e corsi al piano di sopra, lasciando cadere il piano di consolare Joyce.

Come pretendevo di consolare una persona se prima non trovavo il modo di consolarmi da sola?

Avevo bisogno di aiuto, ma non avevo il coraggio di chiederlo.

Prima di chiedermi in camera mia, feci il medio davanti alla porta di Will.

Lo odiavo, mi aveva portato via la mia dose di felicità.

Mi aveva ferito e calpestato il cuore senza alcuna pietà.

Ero colpa sua se ero triste...

E di Mike.

Ero solo colpa di Mike e del mio maledetto amore nei suoi confronti.

Non mentire||bylerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora