19. Jealousy

577 24 4
                                        

Stava per assopirsi quando l'immagine di un biondo gli piombò violentemente tra i pensieri. Eppure non ne capì immediatamente il motivo, ci volle qualche secondo per ricordarsi che lo aveva abbandonato quel pomeriggio, dopo la scuola, senza dirgli nulla. Si sentì in colpa e si girò velocemente tra le coperte che aveva scaldato, e ritrovandosi sul punto freddo del materasso rabbrividì; prese il cellulare dal comodino e - colpa della fretta - quasi gli cadde. Controllò più volte ma non c'era traccia di alcun messaggio. Nemmeno uno, e si sentì triste. Ripose lentamente il telefono al suo posto, spense la lampada, sprimacciò il cuscino e si tirò su le coperte sperando di scaldarle ancora; e la notte passò veloce come se nemmeno ci fosse stato sonno, e ciò spiegò il fatto che Dylan quella mattina avesse tali occhiaie da sembrare truccato. Aveva dormito poco e male e aveva la sensazione di non aver fatto sogni.
La casa era fredda e il fuoco nel camino della sera precedente ormai era spento e non c'era più nemmeno una lucciola, una fiamma, neanche una piccola scintilla a brillarvici dentro. Sbirciò fuori dalla finestra scostando le tende: la macchina del padre non c'era, fuori le nuvole erano di un piacevole grigio velato, ma per quanto candide sembrassero, erano tristi. Sentì dei passi provenire dalla cucina e dirigersi verso di lui, si voltò ancora con la vista appannata per la stanchezza e sua madre lo salutò posandogli un bacio sulla fronte, poi lo spinse leggermente, portandolo al tavolo e costringendolo a sedersi. <<Sembri uno spettro stamattina, eh>> fece la Signora Jhonson spostandogli i capelli dal viso e posandogli una mano sulla fronte. <<Tutto bene?>>
Dylan sbadigliò rumorosamente, si stropicciò gli occhi e solo dopo qualche secondo parlò. <<Si mamma, ho solo dormito male... papà dov'è? >> chiese.
<<È uscito presto con tuo fratello, dovevano andare in un posto>>
Dylan aggrottò la fronte e attese che la madre continuasse, ma quella non disse niente.
<<... be'? Dove dovevano andare?>>
La donna trangugiò un grosso biscotto, per prendere tempo, ma la sua espressione era tranquilla. <<Non so... non mi hanno detto niente, magari Justin ha combinato qualche casino a scuola e tuo padre è andato a sistemare le cose>> disse con una risata.
Dylan mugolò non del tutto convinto. Dopo aver fatto colazione, proseguì la sua solita mattina ritrovandosi a scuola senza che nemmeno se ne fosse accorto.
Attraversò i corridoi sbirciando fra le teste dei ragazzi sperando di vederne uno in particolare, poi varcò la soglia della classe e lo vide impegnato in una fitta conversazione con un bel ragazzo dai capelli castani e gli occhi chiari; sentì uno strano fastidio corrergli nel corpo e strinse la mandibola pronto a nascondere ogni tipo di strana mossa che facesse intuire qualcosa.
Mentre entrava in classe non si accorse che la vecchia e bassa professoressa Williams era davanti a lui e, non vedendola, ci sbatté contro e per poco non la ribaltò, per quanto quella era minuta. Dovette fare una serie di capriole per non scavalcarla o caderle sopra, attirando l'attenzione di tutti, anche di Dereck che guardava la scena divertito come gli altri. Sperò che nessuno lo stesse prendendo in giro e, con lo sguardo basso, si scusò e si sedette al suo posto fissando un punto della lavagna che aveva di fronte per evitare ogni contatto visivo con la professoressa che lo "rimproverava".
Dereck ogni tanto faceva cadere lo sguardo su di lui e sembrava stesse facendo uno sforzo enorme per non scoppiare a ridere; Dylan, invece, metteva il broncio e girava lo sguardo quando se ne accorgeva.
Vide che durante la lezione continuava a parlare con il suo compagno di banco, come se fosse una conversazione perversa e intrigante, la curiosità lo stava distruggendo e dovette alzare più volte la mano per chiedere di andare in bagno, in modo da passare vicino ai loro banchi per ascoltarli ma non sentì niente di particolare delle loro conversazioni e, nemmeno una volta, Dereck si girò a guardarlo.
Era davvero stata una cotta passeggera quella del biondo? La domanda continuava a tormentarlo, insomma, non gli aveva nemmeno dato il tempo di capire se ricambiare o meno che si era già dimenticato di lui. Eppure si sentì stupido e si fece ribrezzo da solo mentre quei pensieri da ragazzina ormonata gli vorticavano in testa... era così preso dai suoi pensieri che non si accorse della Williams con il viso troppo vicino al suo, che lo scrutava attraverso le lenti rettangolari. <<È ancora sulla terra, Jhonson? Mi sente? Jhonson! >> sobbalzò ma non sentì le risate dei compagni alle sue spalle. Si guardò attorno e non vide nessuno, o almeno nessuno seduto al proprio banco, anzi gli ultimi rimasti stavano uscendo dalla classe. <<Tutto bene ragazzo? La campanella è suonata, alzati e cammina! Su su!>> lo spronò la professoressa. <<Ma->>
<<Niente ma! Fuori di qui, vai ha sciacquati la faccia e riprenditi!>>
Così, uscì dalla classe e seguì il consiglio della "vecchia".
Arrivato al bagno aprì la porta e vide immediatamente i capelli biondi di Dereck; il ragazzo, sentendo la porta che si apriva, si era girato rivelando il ragazzo con cui aveva intrattenuto un lungo discorso per tutta la mattina; entrambi erano divertiti e quando Dylan entrò non persero le loro espressioni. <<Hey->>
Ma Dylan non sentì il resto della frase perché aveva già richiuso la porta dopo aver mormorato una scusa e se la stava svignando per i corridoi. Una scusa per cosa, poi? Aveva colpa Dereck? No. E lui aveva colpa? No. Si rispose da solo ma i brividi non lo abbandonarono mentre camminava deciso verso un altro bagno, e mentre stava per aprire la porta del nuovo nascondiglio, una mano lo fermò. <<Tutto bene?>> cominciò mentre Dylan si voltava. <<Ce l'hai con me?>> continuò sorridendo.
<<No. Perché cazzo dovrei avercela con te>> rispose stizzito Dylan entrano nel bagno e sbattendo subito la porta per evitare di essere seguito, ma dall'altra parte suonò la voce ovatta di Dereck.<<Ah ho capito... >>disse fintamente affranto. <<... Hai il ciclo>> continuò ridendo.
<<Da quando sei così spiritoso? Eh?>> Sbottò Dylan staccando la schiena dalla porta su cui si era appoggiato, andando verso il lavandino. <<Non posso divertirmi qualche volta?>> disse entrando in bagno.
<<No se mi devi prendere in giro per farlo...>> e poi ficcò la faccia direttamente sotto al rubinetto gelato.
<<Io ti prendo in giro?>> questa volta sembrava sorpreso. <<Quando l'ho fatto?>>
<<... Lascia stare... >> rispose prima di raccogliere dell'acqua con le mani a scodella e gettarci ancora la faccia dentro. E, in un improvviso istante, un attimo di confusione dovuto allo spostamento veloce del viso da dentro a fuori il lavandino, sentì una stretta sui fianchi e delle parole sussurrate al suo orecchio: <<Ho fatto qual->> le labbra molto vicine al suo collo quasi lo toccavano e il suo respiro bollente s'infranse sulla sua pelle scatenando una scossa elettrica dentro di lui; un misto di piacere e disagio e si mosse d'istinto, ma nel girarsi velocemente gli tirò uno schiaffo involontariamente, facendo schizzare ovunque goccioline d'acqua. Le parole infatti finirono con un ciocco e un imprecazione da parte di Dereck che teneva una mano sull'occhio sinistro ferito e indietreggiava. Dylan, mortificato, si avvicinò a lui dopo essersi coperto per un attimo la bocca con le mani. <<Scusa scusa scusa scusa scusa >> disse velocemente avvicinandosi al ragazzo con l'occhio sano leggermente lucido e il viso bagnato dagli schizzi. <<Scusa, Non volevo, non l'ho fatto a posta>> lo prese per le spalle esaminando, mortificato, il volto dell'altro.
<<Non fa niente, tranquillo>> fece lui fingendo un tono allegro e spensierato. <<Mi hai solo messo un dito nell'occhio, calmati>>
<<Fa vedere... >> sussurrò dispiaciuto prendendogli il viso e scostando la mano del ragazzo trovando l'occhio sinistro arrossato e lucido. <<... Scusa>>
<<Ma davvero? Vai nel panico per poco... >> disse Dereck trattenendo una risata.
<<Allora vaffanculo e tieniti l'occhio smonco, bastardo>> fece, con l'idea di allontanarsi da lui, accorgendosi solo in quel momento di essere appiccicato al suo petto, ma l'altro lo fermò premendo le mani dietro la sua schiena mentre l'occhio lacrimava per la botta ricevuta. Dylan sentì il sangue confluire tutto sul viso e cominciò a tremagli il labbro inferiore; strinse i denti e cercò di mantenere gli occhi fissi nei suoi ma una piccola scossa al basso ventre gli fece abbassare lo sguardo che nel giro di un millesimo di secondo venne riportato a galla da un bacio passionale. La bocca di Dereck aveva catturato la sua con un sospiro sollevato e ci aveva fatto subito scivolare la lingua dentro; si strinse a lui attorcigliando le braccia al suo collo e prendendolo dalla nuca per spingerselo contro. Sentiva la schiena avvolta dalle braccia del biondo.
Dereck fece scontrare la sua lingua con quella di Dylan, le fece attorcigliare ed esplorò la sua bocca quasi in modo rozzo. Le loro fronti si scontravano così come i loro nasi in una lotta senza vincitore in cui erano ugualmente forti e riuscivano a non farsi battere l'uno dall'altro. E questa volta nemmeno una particella di disagio osò sfiorare Dylan; era solo piacere, un forte, immenso e indomabile piacere tanto che presero a bruciarli gli occhi, forse anche a causa del calore che si impossessava piano piano di tutto il suo corpo. Le mani presero a spostarsi in diverse parti del corpo: quelle di Dylan si ritrovarono sui fianchi di Dereck e ora invece Dereck le aveva parcheggiate attorno alle sue spalle, una ad accarezzargli la guancia. <<Hai caldo?>> ansimò ad un certo punto senza smettere di baciarlo.
<<Solo un po'... >> rispose Dylan, poi si staccò leggermente. <<Perché, si sente?>> Dereck si riattaccò immediatamente alle sue labbra come un bambino ai seni dell madre, bisognoso, e annuì. <<Si, sei bollente... >> poi fece scendere le mani lungo il suo corpo, arrivando sul suo bacino dove le infilò sotto la maglietta. Dylan inizialmente si lasciò accarezzare pensando non ci fosse nulla di male, poi però Dereck prese l'orlo della maglia e lo tirò leggermente verso l'alto.
<<Se magari ti togliessi questa...>> allora Dylan lo fermò, bloccando il bacio e portando le mani sui suoi polsi.<<No, Fermo...>> aveva la voce bassa, impastata.
<<Quindi... proprio no... ?>> Chiese in un mormorio il biondo, con uno sguardo afflitto.
<<... No>> ripeté Dylan, deglutendo e cercando di non far cadere lo sguardo sul rigonfiamento alla patta dei pantaloni di Dereck.
Deglutì molte altre molte altre volte, a vuoto, e pregò ogni santo che la campanella suonasse. <<Ti va bene così, quindi? Non vuoi che faccia niente... lì? >> Dereck indicò ora il suo di rigonfiamento e lui istintivamente strinse le gambe e girò lo sguardo. <<No... >>
Dereck sospirò e annuì sconfitto. <<Non ho ancora capito cosa ti blocca->>
<<Non sono cazzi tuoi cosa mi blocca, non voglio e basta!>> sbottò prima di usicre dal bagno esattamente mentre la campanella suonava. E Dereck rimase lì a guardarsi attorno, confuso, probabilente cercando ancora di capire cosa fosse appena successo.
Lui non sapeva, lui non poteva sapere... e di certo Dylan non voleva che lo sapesse.
Ad ogni passo sentiva una fitta al basso ventre e per un breve istante pensò di rivalutare la proposta dell'amico... ma ci ripensò facendosi forza e continuando ad andare avanti per arrivare alla sua classe; insomma, prima o poi quella se ne sarebbe dovuta andare, no?
E invece non fu così perché per ogni secondo che seguì, durante le lezioni, il suo sguardo viaggiò inevitabilmente per la classe, trovando un solo punto, teso e stretto nei pantaloni, ma non era il suo.
Dereck stava a gambe larghe come se non sentisse niente di particolare, mentre giocava con una matita e se la rigirava tra le dita.
Dylan provò il forte impulso di usare quella matita per cavargli un occhio, ma pensò che, probabilmente, non fosse una buona idea, così passo le restanti ore senza alzarsi, cercando di mantenere la calma stringendo gambe e denti, e provò a pensare a cose che non riguardassero... be' Insomma, quello.
Quando uscì da scuola, ad aspettarlo non era suo fratello e la sua costosa macchina... c'era la signora Jhonson che aspettò più del previsto fuori da scuola poiché Dylan aveva preferito aspettare che tutti uscissero dall'aula, così che non potessero vederlo camminare come se avesse avuto le gambe di cemento. Dereck invece aveva avuto la grande idea di legarsi una felpa alla vita, così che le maniche potessero coprire il punto traditore.
Raggiunta la madre, Dylan si getto lo zaino sulle gambe sperando che lei non notasse niente e per tutto il viaggio lo tormentò un solo pensiero: dove poteva essere Justin.

LOVE YOUR ENEMYDove le storie prendono vita. Scoprilo ora