15. Only In Dreams

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Era rannicchiato tra le coperte al caldo e percepiva che, fuori dal suo piccolo mondo, il tempo era messo peggio del giorno prima. Non gli importava di uscire allo scoperto da quel confortevole tepore che pensava fosse legato al corpo di qualcuno accanto a lui.
Immaginò dei capelli biondi e splendenti solleticargli il viso e il collo, degli occhi pallidi e velati scrutarlo, delle mani bianche e sottili toccarlo, accarezzarlo; della labbra gli infervorarono le guance, ed il tocco gli sembrò tanto lieve come quello della sera prima... Ma la vergogna che lo aveva pervaso in quel momento sembrava spartita di nuovo. Tutto, perso in quei sogni, era dannatamente reale... eppure sentiva di essere sveglio, sentiva, suo malgrado, che nessuno era lì con lui come avrebbe sperato. Immaginò un futuro in cui lui e Dereck stavano insieme e suo fratello e la sua famiglia, in un qualche modo, erano d'accordo.
Dereck che gli dava un bacio.
Dereck in camera sua.
Dereck in imbarazzo.
Dereck sul suo letto.
Dereck steso.
Dereck gay.
Dereck.
... Dereck.
Justin...
Justin?!
<<Dylan che fai ancora a letto!>> Comincio a sentirsi in imbarazzo solo quando, destato da quella prospettiva beata, entrò la Signora Jhonson spalancando la porta con un sonoro botto e spostandogli le coperte lanciandole giù dal materasso, riportandolo nel mondo reale in cui si era dimenticato di essere visto che, non appena Dereck era uscito dalla sua camera la sera prima, non aveva avuto altri contatti esterni. In un attimo fulmineo tornò a pensare "razionalmente": lui era Dylan Jhonson, aveva avuto un rapporto sessuale con suo fratello maggiore nonostante fosse parzialmente etero, e aveva un migliore amico che non voleva per nessun motivo perdere... il calore delle coperte fu sostituito per l'ennesima volta da quello fastidioso dell'imbarazzo che ormai gli stava diventando particolarmente famigliare. Cosa gli saltava in mente a pensare certe cose con il suo migliore amico!? Maschio per giunta! In un certo senso non si era nemmeno accorto di quei pensieri, o meglio, con la giusta calma e tranquillità della dormiveglia gli sembrava del tutto normale, ma da sveglio e sull'attenti gli sembrava più che una follia! Mille incertezze lo invasero e la strana bestiolina nel suo petto cominciò a ribellarsi in cerca di spiegazioni.
<<Dylan! Hai sentito cosa ti ho appena detto? Sono le sette e quaranta!>> Disse la Signora Jhonson impettita, evidentemente lo aveva detto più di una volta, solo che Dylan era troppo impegnato a tornare in sé per ascoltarla.
<<Co...>> fece spaesato.
<<Non hai messo la sveglia ieri sera? Su sbrigati se fai veloce non fai tardi! Dai ti aspetto giù!>> concluse uscendo dalla stanza di corsa e chiudendo la porta con un po' troppa forza. Dylan rimase immobile per qualche secondo pensando a quello che aveva detto la madre. <<Le sette e quaranta!?>> esclamò allo schermo del telefono che però era spento, e in effetti sembrava che lo stesse sgridando invece di controllare l'ora. Si alzò, si vestì e si lavò a velocità razzo, corse giù dalle scale a rotta di collo e raggiunse la Signora Jhonson che vedendolo aveva aperto la porta e stava uscendo. Scorse di sfuggita Justin in pigiama appoggiato al tavolo della cucina con una tazza in mano. E lui non ci va a scuola!? Disse internamente immaginando da un lato di essere ancora nel suo letto caldo, ma dall'altro di ringraziare sua mamma per aver interrotto i suoi imbarazzanti pensieri.
Salì in macchina e nella fretta rischiò di chiudere la portiera quando c'era ancora la sua gamba fuori, che non si amputò grazie alla pronta mano della madre che fermò l'impatto, lanciandogli in più un'occhiataccia severa.
La donna partì velocemente e in pochi minuti erano già arrivati.
<<Ciao mamma!>> urlò correndo verso l'edificio.
<<Sbrigati!>> udì Dylan in lontananza e poi la vide ripartire. Non era troppo tardi e si concesse qualche secondo vicino all'ingresso per riprendere fiato, poi anche lui ripartì di gran carriera verso la sua classe che quella mattina sembrava più distante del solito. In tutto quel frangente si era completamente dimenticato di Dereck, di quello a cui stava pensando... di tutto; che poi tornò alla memoria non appena mise un piede in classe, si scusò con la professoressa Leroy che si voltò di scatto verso di lui facendo dondolare i riccioli grigi. Si sedette al suo posto e lanciò uno sguardo a Dereck dall'altra parte della classe, che non sembrava essersi accorto della sua presenza visto che stava scarabbocchiando distrattanente sulla copertina di un libro. Sembrava molto infelice. <<Ragazzi silonsio per favore! usate quelle bocche per far'altro invesce di parlare!>> la classe, invece di tacere, esplose in una grassa risata e tutti i ragazzi guardarono le ragazze in modo eloquente. Gli unici a non ridere erano Dylan e Dereck, il quale sembrava ancora immerso nel suo mondo su mitologia greca.
<<Jhonson lascia stare la justifica per oji, non ha fatto molto tardi... >> gli disse la professoressa Leroy accentuando una "J" moscia sul suo nome, al che Dereck abbandonò immediatamente il suo passatempo e si voltò sorpreso verso il banco di Dylan. Si guardarono qualche secondo e Dereck gli sorrise, sembrava molto più colorito della sera prima e i capelli più accesi e brillanti. Dylan sentì un famigliare calorino sulla punta delle orecchie, accennò un sorriso e si voltò velocemente coprendosi il profilo con una mano in modo da non farsi tentare e lasciar scivolare lo sguardo su Dereck, che parve leggermente deluso. Dopo pochi minuti di lezione, tutti i ragazzi cominciarono a fare un gran baccano e ciò permise a Dereck di attaccare discorso con Dylan mentre la professoressa non li ascoltava, anzi sembrava che volesse continuare la lezione nonostante il chiacchiericcio impertinente che riempiva l'aula. <<Quando sei arrivato? Non ti ho nemmeno visto... >> cominciò Dereck sottovoce spostando il suo banco leggermente verso quello di Dylan.
<<Il libro sembrava più interessante di me, hai un nuovo amico, Dk, bravo>> fece ironico; risero entrambi.
<<Scusa, il libro era solo un optional. Non ti ho visto stamattina e pensavo non saresti venuto... >> sussurrò ancora guardandolo, mentre Dylan invece distolse lo sguardo, deciso a cambiare argomento. <<Come stai oggi?>> disse esitante, sperando che capisse a cosa alludeva.
<<Sto bene, mi è servito parlare con te ieri sera... ora sto davvero meglio, grazie>> sorrise Dereck. Anche a Dylan venne da sorridere ma non si voltò ancora a guardarlo, sapeva che sarebbe arrostito per qualche mistico motivo ed era pronto a impedirlo.
<<Ehm... Dylan...>> ma si fermò di botto perché il ciarlare dei ragazzi era cessato ed era calato il silenzio, l'unico rumore era stato quello della voce di Dereck che era eccheggiato nella stanza mentre tutti lo guardavano. Dylan si sentì a disagio per lui e allora si voltò a guardarlo: era arrostito lievemente e non era del tutto normale vedere Dereck Brown arrossire... probabilmente anche gli altri ragazzi se ne accorsero perché lo guardarono stupiti.
<<E smetetela di fisarlo, almeno lui stava bisbigliando!>> intervenne la professoressa Leroy squadrandoli tutti dalle sue spesse lenti rotonde mentre arricciava le labbra rinsecchite e colorate di rosso. Dylan si sentì un po' in colpa ad averla insultata il giorno prima, in fondo non era male come professoressa, era solo un po' strana. Dereck lanciò un fugace sguardo a Dylan con la coda dell'occhio prima di tornare alla lezione che non aveva nemmeno seguito fino a quel momento.
Quella mattina, fino al suono della prima campanella, non si rivolsero ancora la parola. Dylan era felice che Dereck fosse tornato a trattarlo con il consueto calore... non aveva tollerato di essere stato ignorato per così tanto tempo. Ed era anche felice che Dereck si sentisse meglio e sapeva che non stava mentendo, perché era evidente: le pesanti occhiaie che gli pendevano dagli occhi erano sparite; era decisamente più allegro nonostante anche il tempaccio che ostruiva il cielo ed il vento gelido nel cortile, e quando Dylan gli chiese il perché di tanta allegria, lui distrattamente gli rispose. <<È una bella giornata!>> e infatti gli parve molto strana quella risposta ma non volle dirglielo.
Intanto Dereck non si accorse che una feroce battaglia infuriava nella mente di Dylan:
Dereck è il tuo migliore amico!
Justin invece è mio fratello!
Ma Dereck è un tuo amico!
Infatti! È meglio amico che fratello!
Allora dimentica Justin!
Ma è mio fratello!
Allora dimentica Dereck!
Ma è mio amico!
Allora stai con Dereck!
MA IO NON SONO NEMMENO GAY!Avrebbe tanto voluto chiedergli il perché di quel bacio della sera prima... ma non ci riuscì. Forse per il disagio o forse per paura della risposta. Solo in un secondo momento, quando seppero di avere un'ora buca, Dylan venne trascinato lungo un corridoio pullulante di gente, poi il corridoio piegò a destra e Dereck continuò a trascinarselo dietro fino ad un angolino leggermente nascosto contro una parete. L'atmosfera era abbastanza tranquilla, non era imbarazzante o carica di tensione. Poi a Dylan venne in mente una cosa. <<Ah ehm... prima in classe stavi dicendo una cosa... >>
<<Si infatti...>> rispose Dereck con un sorriso colpevole. Attese qualche secondo. <<Ti ha dato fastidio ieri sera?>> chiese sempre con lo stesso sguardo quasi dispiaciuto. Dylan invece lo guardò con un misto di sorpresa e confusione. <<... I-io... >> Boccheggiò. Non riuscì a dire altro mentre ripensava ai suoi desideri di quella mattina. Dereck lo guardò dolcemente. <<Non so quante altre volte mi dovrò scusare con te per tutte le cazzate che faccio>> sussurrò.
<<Non hai fatto una cazzata>> gli rispose Dylan con decisione improvvisa.
<<Be' sai... hai fatto una faccia strana e pensavo ti avesse infastidito... mi sono pentito, dopo, di averlo fatto e non volevo che pensassi male o altro... che fraintendessi... >> spiegò sempre a voce bassa.
Una fiamma gli balzò del petto bruciandogli la gola. Si sentì improvvisamente molto stupido e ogni sua aspettativa che nemmeno lui aveva capito a fondo, svanì nel nulla. Si, aveva capito male. E nonostante dovesse essere felice che il suo migliore amico gay non provasse niente per lui, si sentì il cuore in pezzi. Però, da fuori, non diede segni di disperazione o altro. Rimase impassibile.
<<Hey ragazzi. Non dovreste essere in classe?>> chiese Harley passando per quel corridoio e la bestiolina nel petto di Dylan lo ringraziò infinitamente di averli interrotti. Non sopportava più lo sguardo di Dereck. <<Abbiamo un'ora buca, prof>> disse quest'ultimo voltandosi.
<<Io stavo andando in biblioteca>> intervenne Dylan velocemente senza guardare Dereck. Il professor Harley, con il suo solito completo marrone, gli lanciò una strana occhiata. <<Be' allora ci vediamo alla prossima ora Dylan, Dereck>> e dopo averli guardati entrambi andò via, e Dylan lo imitò, solo che sfrecciò nel corridoio opposto lasciando Dereck in mezzo a quello in cui stavano parlando qualche secondo prima.
Andò veramente in biblioteca, si sedette e incrociò le mani, puntando i gomiti sul tavolo, poggiò il mento su di esse e fissò la superficie legnosa. La biblioteca era deserta e la bibliotecaria, vecchia e sorda com'era, sembrava addormentata sulla sua sedia girevole.
Cominciarono a piovere grosse gocce d'acqua che si abbattevano sui vetri delle finestre e colavano giù per i davanzali. Presto il cielo s'infittì e sembrò quasi denso come al crepuscolo, come se fosse già sera; le nuvole diventavano sempre più scure e non si sparpagliavano nonostante soffiasse un vento molto forte che fischiava tra le fronde degli alberi, nel cortile umido e pieno di pozzanghere che continuavano a schizzare, battute dalla pioggia. Era un suono così piacevole, accompagnato da quello dei tuoni che rimbombavano nell'aria e risultavano ovattati alle orecchie di Dylan.
E un'ora dopo era ancora seduto su quella sedia appoggiato con i gomiti a quel tavolo, ad interrogarsi su troppe, decisamente troppe cose per una singola mente.
Dopo il suono della campanella tornò in classe e Dereck era già seduto al suo posto. Durante quell'ora passata in biblioteca aveva deciso - e si stupì di averci messo così poco - che si sarebbe comportato in modo normale, come se non fosse mai successo niente, come se quel bacio non fosse mai esistito, e dovette ammettere di essere davvero un bravo attore. Sorrise a Dereck come se niente fosse e Dereck sorrise a lui con un aria decisamente sollevata. Solo che non si rivolsero la parola. Ognuno si fece gli affari propri e Dylan fu veramente felice quando anche quell'ora passò, annunciando la fine di un'altra, complicata, confusa giornata di scuola... perché ora lo aspettava l'altra metà della giornata da passare a casa... e si ricordò solo in quel momento di essersi dimenticato completamente di suo fratello.
<<A domani Dylan!>> gridò Dereck scendendo i gradini della scuola tre alla volta e correndo veloce verso casa con una felpa sulla testa per non bagnarsi troppo. Dylan gli fece un cenno con la mano e aspettò sotto il piccolo porticato Justin, che non ci mise molto a fermarsi con la macchina davanti al cancello. Dylan corse sotto la pioggia e salì velocemente in macchina riparandosi dal temporale ormai già iniziato. Aveva il respiro affannato per la corsa ed era completamente fradicio. Justin lo guardò contrariato. <<Tu lo sai che hanno inventato un magnifico oggetto chiamato ombrello?>> disse, passandogli un piccolo asciugamano dal porta-oggetti. <<Non ho avuto tempo stamattina, ero in ritardo>> rispose infastidito asciugandosi il viso.
<<Già me ne sono accorto... e mi è sembrato strano visto che non hai mai fatto tardi nemmeno una volta. La tua sveglia? >> constatò Justin girando le chiavi e partendo in mezzo alla nebbia.
<<Mi sono dimenticato il telefono spento>> rispose Dylan guardandolo.
<<Va bene ma... di solito ti alzi prima che la sveglia suoni... sarà l'abitudine...>>
<<Ieri sera mi sono addormentato tardi>> ribatté Dylan.
<<A proposito com'è andata ieri sera?>> ed ecco che ci era arrivato; Dylan era sicuro che Justin non aspettasse altro che arrivare a quell'argomento... cosa che lui invece era contrario a fare. Pensò velocemente a come cambiare discorso, doveva trovare un modo per dirottare dalla risposta. <<E tu come mai non sei andato a scuola?>> chiese guardando la strada fuori dal finestrino.
<<Non mi sono sentito molto bene stamattina, stanotte non ho dormito molto>> Justin ridusse gli occhi a fessure e lo guardò.
<<Non guardare me, guarda la strada!>> esclamò Dylan quando vide un grosso TIR avanzare a gran velocità: era spuntato dal nulla attraverso la nebbia e se non fosse stato per i fari, forse non l'avrebbe nemmeno visto.
<<Tranquillo, non ho preso ieri la patente>> ribatte Justin tranquillo senza spostare lauto di un millimetro se non in avanti, sempre su quella strada.
Dylan deglutì, in ansia: non era certo di fidarsi di lui.
<<Come mai non hai dormito molto?>> chiese.
<<Non stavo bene... niente di cui preoccuparsi. Papà è rimasto con me finché non mi sono addormentato sul divano e poi è andato a lavoro>> rispose con aria ancora tranquilla.
<<Mamma lo sa?>>
<<Gliel'ho detto stamattina>> rispose sterzando quando la strada piegò a sinistra, e imboccò un incrocio.<<Smettila di fare quella faccia preoccupata... Mi vuoi dire com'è andata ieri?>> riprese.
<<Te lo dico a casa... ora non ho voglia>> mugugnò Dylan arrendevole nascondendo la faccia nel braccio appoggiato al finestrino freddo.
<<Va bene, non è il momento>> fece Justin sorridendogli e accendendo la radio. Let me be' your superhero. Una bella canzone, certo, ma sembrava un po' senza anima.
<<Non ti piace?>> chiese Justin abbassando il volume.
<<No, puoi lasciarla>> rispose Dylan sorridendo ma come se stesse facendo qualcosa di estremamente noioso.
<<Tu sei un eroe?>> chiese dopo un po' Justin.
Dylan nascose l'intera faccia nella manica della felpa. <<... E lasciami in pace... >> mugolò.
<<Lo sei; e lo sei per più persone, credimi>> affermò Justin sterzando ancora. Dylan non rispose, e da quel momento fino all'arrivo a casa, nessuno dei due parlò ancora.
Passò qualche ora prima che Dylan si decidesse a spiegare cosa fosse successo la sera prima perché, in realtà, voleva farlo. Era tutto il giorno che sperava di potergliene parlare per avere un opinione, un consiglio, un appoggio, il suo punto di vista o anche solo qualcuno con cui parlarne perché ormai Justin era diventato il suo diario segreto - non si vergognava nemmeno più - . Quindi prese un gran respiro e si diresse verso la sua camera, dove lo trovò letteralmente buttato sul letto a Stella marina.
Dopo essersi messi composti, Dylan raccontò a Justin tutto quello che era successo, saltando il particolare rivolto alla sessualità di Dereck, perché da buon amico aveva promesso di non dirlo a nessuno e nonostante Justin ora sapesse ogni suo segreto, be', non poteva sapere quelli di Dereck. Si rivelò essere un dettaglio importante però.
<<Quindi... Dereck ti ha dato un bacio?>> chiese Justin, appena Dylan finì di parlare.
<<Sulla guancia! Ma... si>> rispose Dylan piegandosi su se stesso come se si stesse sgonfiando.
<<E a te è piaciuto?>> chiese ancora Justin dolcemente chinandosi come lui per guardarlo negli occhi.
<<Io credo di si... ma non lo so! Cioè... è che... ci sei anche tu... >>
<<Io? Io sono tuo fratello, Dylan>> Spiegò Justin. <<Che t'importa di me? Lo sai il perché di quello che ho fatto... ne abbiamo già parlato, ricordi?>>
<<Io...>> mormorò Dylan, senza avere una vera protesta con cui ribattere.
<<... ti piace Dereck?>>
<<Non ne ho idea... >> sussurrò disperato. Ed era vero. << ... Ma so che io non piaccio a lui>> disse abbassandosi ancora di più.
<<ma se ti ha dato un bacio?>>
<<Ha detto che non dovevo fraintendere... >>
<<Tutti dicono così>>
<<No invece... lo ha fatto perché era triste, aveva bisogno di affetto... Si... è un po' come noi due, ti ricordi? Io non è che ti amo, ma ti ho baciato lo stesso... >>
<<Ecco hai visto? Te lo sei detto da solo. Intendo... su quello di prima per cui hai detto: "Ma ci sei anche tu".
Di me non deve dispiacerti. Quello che è successo fra noi non è molto normale, lo sai. Quindi prova con Dereck... se vuoi>> Disse Justin, ma Dylan scosse la testa guardandolo.
<<A meno che... che tu non mi dica->> continuò il maggiore, lasciando trasparire un leggero disagio.
<<No! Io... no. Tu?>>
Justin scosse la testa sorridendo. <<Finché vale per tutti e due, la situazione è abbastanza normale. Ma se vorrai ancora... be'... farlo>> gli propose Justin. <<Io... ci sono. E ti prometto che non cambierà niente>> finì, forse un po' in difficoltà.
<<Davvero?>> chiese Dylan, decisamente molto più tranquillo mentre l'animaletto nel suo petto si calmava.
<<Davvero>> rispose il fratello;si abbracciarono, poi Dylan si strinse ancora un pochino a lui e gli sussurrò, senza averlo pensato prima. << Ti voglio adesso>> sentì un brivido di eccitazione nel dirlo.
Justin deglutì e si leccò le labbra prima di parlare. <<Sei sicuro?>> chiese piano.
<<Si, sono sicuro>> confermò Dylan sentendo una certa tendenza nel basso ventre.
<<Ci sono mamma e papà... >> ribatté Justin.
<<Chiudi la porta, allora>> sussurrò Dylan con voce gutturale prima di baciarlo... ma, rispetto alla volta precedente, gli parve molto più strano. Dopo poco si staccarono e Justin chiuse a chiave la porta della camera. Ricominciarono a baciarsi nel mezzo della stanza; Dylan sentì le mani di Justin accarezzargli i fianchi prima sopra la maglietta e poi sotto, solleticandogli la pelle abbronzata; con le dita salì sempre più in alto, sollevando piano la maglia, e andò a sfiorare lentamente i muscoli tesi di fianco ai pettorali mente l'altro alzava le braccia.
Dylan invece aveva preso ad armeggiare con la sua cinta e, dopo averla slacciata, gli aveva tolto la felpa e Justin era rimasto a petto nudo. Anche quest'ultimo gli aveva tolto finalmente la maglietta e l'aveva gettata per terra, ai loro piedi, poi gli aveva tolto i pantaloni, anche quelli finiti miseramente sul pavimento.
<<... Letto... >> riuscì a mormorare Dylan sulle sue labbra mentre sentiva le guance e le orecchie prendere fuoco. <<Ai tuoi ordini... >> rispose Justin in un soffio portandolo davanti al letto e cadendoci sopra con lui e sopra di lui. Dylan non riusciva a pensare a quello che stava succedendo. Come se non stesse accadendo davvero, intrappolato in uno dei suoi soliti sogni che non comprendeva; sentiva ancora la pioggia fuori dalla finestra, sentiva i genitori chiacchierare al piano di sotto, vedeva i lampi e poi un boato assordante che si liberava nell'aria, ma non sentiva gli schiocchi umidi dei baci di Justin... sentiva degli altri baci umidi nella sua mente ma a darglieli non era suo fratello. Mille pensieri erano fermentati nelle profondità della sua mente, inconfessati se non nei sogni e nella zona d'ombra tra il sonno e la veglia. Riprese lucidità quando si accorse che erano almeno cinque minuti che Justin gli baciava il ventre ma non gli aveva ancora tolto i boxer e non aveva nemmeno tolto i propri pantaloni. Rimase in silenzio e lo guardò, prima di perdersi ancora in qualche strano punto della sua immaginazione. Sentì le labbra baciargli l'erezione da sopra la stoffa e sentì le dita stringergli i capezzoli. Dopo qualche ansimo, Justin si portò più in alto, raggiungendogli le labbra. <<A cosa stai pensando?>> sussurro.
<< ... Niente... >> ansimò Dylan, spingendo il bacino contro quello del fratello.
<<... Pensi a lui?>> chiese Justin sempre sussurrando.
<<No. No, non è vero... >> mentì.
<<Vorresti che ci fosse lui qui... vorresti vedergleilo e toccargleilo... vorresti sentiro...>> lo provocò Justin, baciandogli il collo e palpando il suo membro, che andava a irrigidirsi sempre di più mentre le parole del fratello prendevano vita nella sua testa. <<... Vorresti mettertelo in bocca... vorresti essere preso da lui...e ... vorresti che quello che sto facendo io ora te lo facesse lui... >> concluse spostando la stoffa dei boxer e cominciando ad accarezzarlo mentre gli leccava una spalla.
<<Sme... smettila... >> Dylan, senza accorgersene, aveva cominciato a piangere. Grosse lacrime scendevano dai suoi occhi ma non singhiozzava, non si muoveva... Justin si fermò di colpo e lo guardò. <<Mi devo fermare?>>
Dylan scosse la testa. <<Smetti di parlare>> la voce spezzata;
Justin sembrò quasi perdere la pazienza. Ebbe uno scatto irritato, come se stesse cercando di scacciare una mosca, e gli tolse l'ultimo indumento. Poi tolse i propri ultimi vestiti e buttò tutto per terra. Si avventò su Dylan e avvicinò la propria erezione al suo orifizio, mentre lui sentiva l'eccitazione svanire piano piano. Continuava a piangere ma sempre senza singhiozzi, in silenzio; scendevano solo le lacrime mentre Justin lo fissava con i suoi spaventosi occhi verdi; corruciò lo sguardo e spinse forte il bacino.
In una frazione di secondo, però, venne fermato.
La mano di Dylan lo aveva bloccato e solo allora era scoppiato a piangere veramente, quasi urlando. Le lacrime scesero copiose sulle sue guance roventi e gli infiammarono gli occhi rendendoli umidi e rossi, più di quanto già non fossero. Era preso come da degli spasmi che gli scuotevano il petto. <<... Non voglio... >> sbottò con la voce tutta rasposa. <<... Scusami...!>> singhiozzò forte.
<<Non è niente... shh... non ti farò niente, tranquillo>> lo rassicurò Justin abbracciandolo. <<Sapevo che non eri sicuro. In realtà tu non vuoi e io non posso rifare lo stesso errore... perché poi ci rimarresti ancora peggio ripensando a questa sera in cui lo abbiamo fatto ma in realtà tu stavi pensando ad un altro ragazzo... quindi lasciamo stare, va bene? Ora calmati però... >>
<<Non ci riesco Jus... !>> singhiozzò ancora in preda alla disperazione.
<<A fare cosa?>>
ma Dylan scosse la testa piangendo ancora più forte. Non riusciva ad andare avanti, non riusciva a non pensare a lui veramente, ma allo stesso tempo non voleva ammetterlo nemmeno a se stesso.
Pensava invece, che facendolo con Justin, tutto sarebbe sparito dalla sua testa... ed era stato sicuro di quello che voleva fino a quando non era arrivato il vero momento di quello che aspettava, e allora era crollato e tutto quello che aveva provato durante il giorno era esploso in un mucchio bagnaticcio di grida e lacrime.
Quella sera rimasero abbracciati dopo essersi vestiti, non scesero neanche a cena e dormirono insieme mentre Justin gli raccontava un po' delle sue cotte da quindicenne e sedicenne o delle sue prime volte... o le sue brutte figure in pubblico. Gli raccontò cose che non aveva mai detto a nessuno e infatti dovette anche abbassare la voce per non farsi sentire dai genitori.
E Dylan riuscì a distrarsi e a ridere anche: non avrebbe mai immaginato certi fiaschi da parte di Justin come quando - e glielo aveva appena raccontato - aveva cercato di fare la corte a una ragazza che si era scoperto essere lesbica e la sua fidanzata poi lo aveva picchiato; o come quando, durante un viaggio in Francia, aveva incontrato dei ragazzi italiani ma lui si era messo a parlare francese e tutte le parole erano sbagliate.
Fu una notte tranquilla e anche il temporale che aveva infestato tutto il pomeriggio era svanito. Dormì al caldo e al morbido, posto vicino a suo fratello che si scoprì essere più imbranato di lui. Fino a quando non si addormentano, nessuno dei due fece altre allusioni su Dereck.

Com'è possibile innamorarsi di qualcuno solo sapendo che quel qualcuno forse è interessato a te?... non so se è amore... ma... ora come ora... non ce la faccio a non pensare a te...
Fu il suo vero ultimo pensiero.



In questo capitolo ho descritto cose abbastanza personali perché in parte mi sono capitate e sinceramente mi è servito molto per scrivere questo capitolo perché sapere come si sente un personaggio di una storia che scrivi, è molto utile soprattutto se sono argomenti così delicati perche capita spesso di inventarsi le cose e quindi di rendere le scene o banali o esagerate e io in questo caso, avendo descritto il vero, spero di aver trasmesso l'angoscia e l'imbarazzo che si provano in queste situazioni ma anche il sostegno se trovi qualcuno con cui confidarti.
Tra l'altro è stato particolarmente complicato descrivere in se la miriade di emozioni confusissime che si provano e sicuramente non le ho descritte al meglio... ma ho provato con tutta me stessa.

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