24. A Secret

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Le sue labbra erano morbide, umide, carnose... buone. Constatò di non averne mai assaggiate di migliori; erano eccitanti e dolci, salate e rudi allo stesso tempo. Ci affondò dentro, mentre quelle giocavano con le sue, le morse e le leccò mentre il cielo fuori cercava di schiarirsi invano, coperto dalle nubi cariche di cristalli i quali le rendevano incredibilmente bianche e belle; ma i due ragazzi, quelle nuvole, non le vedevano poiché le finestre e le tende erano chiuse e la sola fonte di luce veniva dalla solita lampada aranciata posata sul comodino.
Erano le sette di mattina e ormai da quelle che sembravano ore, si stavano baciando stringendosi l'uno all'altro, scaldandosi a vicenda, regalandosi delle carezze e delle frasi dolci, sussurrate come il più intimo e nascosto dei segreti.
Il moro si spostò un po' di più sul corpo del compagno, cercando una posizione comoda che gli permettesse di adagiarsi meglio su di lui, mentre l'altro cercava di rendersi il più confortevole possibile, allargando le gambe per accogliere Dylan e appoggiandosi meglio contro un cuscino. Gli toccò la schiena, spostò leggermente la maglietta del pigiama e prese a solleticare la sua pelle con la punta delle dita in una danza leggera e calma salendo fino alle scapole, allargando i palmi e tastando i muscoli del dorso che si contraevano leggermente al suo passaggio, saggiando ogni vertebra della spina dorsale tornando poi in basso accarezzando le lievi fossette di venere e andando a sfiorare qualche punto più delicato, stringendo delicatamente una natica, tornando ancora su e ripercorrendo il percorso già compiuto.
Anche l'altra mano, dopo poco, si intrufolò sotto la stoffa, tastando la pelle liscia del ragazzo che gli stringeva leggermente le ciocche dorate e che gli carezzava il viso dolcemente.
Nel suo percorso, si ritrovò presto a respirare un po' più profondamente mentre i movimenti delle mani si facevano sempre più lenti ma marcati, e si univano a loro quelli del bacino che, piano piano, prendeva a muoversi lascivamente verso l'alto, ondeggiando in cerca di una frizione con quello di Dylan.
Lo strinse più forte a sé, portando una seconda volta le dita sprofondare nella la carne sul fondoschiena, questa volta in modo leggermente più virile, mascolino ed estremamente eccitante; ma in quel momento, Dylan pensò: doveva dirglielo, ne aveva bisogno e soprattutto non poteva mentire a Dereck se la strada che volevano intraprendere si preannunciava seria, doveva farlo anche per rispetto nei suoi confronti e dei propri ma, soprattutto, aveva bisogno di superare quella che ormai stava diventando paura, sentiva il bisogno di dire a voce alta quello che da mesi lo opprimeva, doveva spiegare le sue motivazioni e liberarsi una volta per tutte di quel peso, di quel segreto che lo rodeva dentro e che non faceva altro che far aumentare i suoi sensi di colpa per non avergliene parlato prima, per non essersi spiegato con lui... lui, la persona che, ne era certo, lo avrebbe aiutato fino alla pazzia se solo gliene avesse dato modo.
Lentamente, si staccò dalle sue labbra quando sentì la mano del biondo in procinto di infilarsi nei suoi pantaloni e la prese, leggermente contrariato dalle sue stesse azioni, per poi guardarlo negli occhi notando la sua espressione vagamente accigliata. Nessuno dei due, per qualche secondo, spiccicò parola; poi, preso un respiro profondo e tanto coraggio Dylan disse, a bassa voce e leggermente titubante, non ancora del tutto convinto di quello che stava per fare: << Dereck io non posso fare sesso con te... >> esalò molto piano vedendo l'espressione del compagno cambiare, sfumare, in una più triste, quasi delusa; ma prima che potesse ribattere, aggiunse. <<... Finché non ti avrò detto una cosa>>
E allora il biondo parve rilassarsi leggermente, assumendo uno sguardo più dolce e disse, dopo qualche attimo. <<Allora dimmela... >>
<<Non... Non è così semplice Dereck>>
<<Dylan ti prego... ti supplico, giuro che non ti giudicherò, qualsiasi cosa sia>> disse, esasperato da quella lunga attesa.
<<Io... io... >> balbettò il moro, ma per qualche strano motivo le parole non vollero uscire della sua gola, incastrate in un groppo bello stretto e deciso a rimanere dove si trovava.
<<Senti... se è per il fatto che non sei più vergine, te l'ho detto... non m'importa, davvero->>
<<C'entra con quello ma... >> non ci riusciva, più si avvicinava alla frase che voleva tanto dire, più l'irrefrenabile voglia di piangere cresceva mostruosa dentro di lui senza dare spiegazioni... senza lasciare il tempo per riflettere. Si alzò leggermente sedendosi sul materasso, scostandosi dall'altro e, in uno spiraglio di quello che pareva essere coraggio, guardandosi le mani posate sulle gambe incrociate, gli rivolse uno sguardo tremulo e disse: <<Dereck... quando ho fatto sesso la prima volta, mio fratello era con me... era ubriaco... stavamo in macchina, subito dopo la tua festa, quando era venuto a prendermi... e... e lui ecco... forse era anche fatto, non lo so... ! Io non volevo e ho provato a fermarlo... ! Ma lui lo ha fatto comunque... però nemmeno lui voleva... ! io... io non lo so perché, va bene... ? Ti giuro che non volevo..! Non volevo! Non... >> ma ormai senza essersene accorto e senza poterlo impedire, stava piangendo... e le lacrime soffocarono le sue tremende parole assieme a quella cruda confessione che doveva fare, più che a Dereck, a se stesso. Si coprì gli occhi con un palmo per non farsi vedere in uno stato tanto pietoso ed, allo stesso tempo, per non vedere l'espressione sul viso del ragazzo di fronte a lui.

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