campo scuola cap.1

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Sto per fare finalmente il mio primo campo scuola con la mia classe verso una delle città che più amo, Bologna.
Ma partiamo dall'inizio, intanto io sono Elisa, ho 17 anni, sono di Roma e frequento il quinto anno di liceo scientifico, sono una ragazza molto chiusa, riservata, timida, sensibile ed insicura appunto per questo sono anche molto solitaria.
Nella mia classe non ho amici, sono ritenuta da tutti quella "strana", nessuno è interessato o comunque si è mai interessato a conoscermi.
Ero riuscita a farmi delle amiche in classe, ma pian piano si sono allontanate, tra chi è stata bocciata e chi ha deciso di cambiare scuola.
Mi sembra scontato dire che ho perso i rapporti con tutte, e pensare che le ritenevo vere amiche, "per sempre" un cazzo se dopo due mesi sparite.
È proprio difficile convivere con il mio carattere, con queste continue ansie ed insicurezze che mi mangiano dentro e mi portano sempre a non dare il massimo.
Sapete qual'è la cosa buffa? È che io non ero assolutamente così.
Quando ero più piccola, molto più piccola, ero più socievole, con tutti!
Poi iniziano le elementari con i primi insulti, a quell'età non si dovrebbe neanche sapere cosa sia il bullismo eppure fin da subito ne ho sofferto, ciò mi ha portato a chiudermi in me stessa, forse fin troppo, come un riccio quando si trova in una situazione di pericolo;
non parlo praticamente quasi più se non quando devo farlo per forza.
Odio essere così, ma non riesco a cambiare.
Tornando a noi, sto per salire sul pullman, pensate che gioia stare insieme a delle persone che praticamente non conosco e mi ignorano completamente, a volte mi sembra proprio di essere invisibile.
Sinceramente non volevo partire, mi ha costretto mia madre "dai che questo è un modo per legare di più con i tuoi compagni di classe" non capisce proprio la mia situazione, anche se è vero che non gliene ho mai parlato, non riesco a raccontare quello che provo a nessuno....
e comunque, cara mamma, non ci ho mai parlato in cinque anni con questi, non è una gita che fa la differenza.
Mi siedo tra i primi posti, accanto a me non si siede nessuno, poggio lo zaino e mi metto le cuffiette.
Tra gli ultimi posti, infondo all'autobus, ci sta lui. Un ragazzo moro e riccioluto che era la mia vecchia cotta, quando mi dichiarai a lui si mise a ridere e mi prese in giro davanti a tutta la scuola, da quel giorno neanche lo riesco più a guardare in faccia perché mi riporta alla luce bruttissimi ricordi.
Non avete idea di quanto sia brutto essere presa in giro da un'intera scuola e non avere nessuno dalla tua parte, una contro tutti, è stato un trauma per me.
Mi addormento in autobus quasi subito ma vengo bruscamente svegliata dai miei compagni che con un suono assordante puntato nelle orecchie mi fanno balzare da seduta.
Apro gli occhi e vedo tutta la classe intorno a me che ride e mi sta con il telefono puntato addosso per registrare la "divertente" scena.
Mi viene da piangere, ma le lacrime non escono mai è da tempo che non mi rigano il volto, mi hanno sempre detto "piangere è da deboli" ed allora mi sono imposta di non farlo più, ora non ho più idea di come si faccia.
Cerco in mezzo tra le continue risate lo sguardo rassicurante della prof, sperando che lei, conoscendo me e la mia situazione mi possa aiutare, la trovo e la vedo ridere insieme agli altri "andate tutti a farvi fottere" penso tra me e me. Rimango con la testa chinata verso il basso, quasi indifferente a tutte le battute e le prese in giro dei miei compagni, poi prendo il cellulare, mi metto gli auricolari ed inizio a guardare fuori dal finestrino, pensando a quanto vorrei scappare da quel quattro ruote, ignorandoli e ad un certo punto ritornano ai loro posti (finalmente aggiungerei).
Il viaggio per il resto procede abbastanza tranquillamente e finalmente arriviamo a Bologna!

Il ragazzo della panchina - Cesare Cantelli Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora