cap. 24

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Arrivo davanti al vagone del ragazzo, guardo dentro per vedere se lo trovo
ed eccolo là
seduto in un sedile, guardando fuori dal vetro sporco opposto a dove stavo io.
Entro.
"Cesare" gli dico quando sono abbastanza vicina con gli occhi colmi di felicità e sorridendo.
Si volta verso di me, ha gli occhi lucidi, non mi rivolge parola.
"che è successo?" gli domandò preoccupata
"vai via" mi risponde
"no, dimmelo"
"ti ho detto di andare via!" Mi ripete ritornando a guardare fuori dal finestrino.
"no" gli rispondo.
Non dice niente.
Mi siedo affianco a lui, prendo coraggio e "mi eri mancato tanto"
continua ad ignorarmi e dopo un po' stufa del suo comportamento gli dico
"ma si può sapere che cazzo c'hai?"
la nostra 'discussione' viene interrotta da una voce robotica che dice 'gentili accompagnatori vi preghiamo di scendere dal treno'
mi alzo intenta ad andarmene, ma poi mi fermo "anzi sai che ti dico? Rimango qua!"
Finalmente si volta verso di me, si alza di scatto e mi si avvicina.
Mi ispeziona, per poi guardarmi dritta negli occhi. Mi fa quasi paura, non riesco a guardarlo negli occhi ma cerco di resistere.
Dal suo volto traspare la sua rabbia e il suo dolore, sembra che gli esca fuoco da tutti i pori.
"Vattene" mi ripete.
I nostri respiri si intrecciano e si rincontrano dopo tanto tempo, ma io non riesco a resistere, abbasso lo sguardo e corro via dal treno con le lacrime agli occhi.
Torno a casa, non riesco né a parlare né a fare niente, tremo, mi butto sul letto, abbraccio il cuscino e passo la notte a piangere.
Non riesco a dormire.
Forse era meglio se non lo andavo a cercare.

Il ragazzo della panchina - Cesare Cantelli Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora