Decido di uscire per andarmi a fare una passeggiata, avviso la professoressa anche se non sembra affatto interessata a saperlo, ma vabbè, come biasimarla.
Respiro finalmente l'aria bolognese!
quando ero più piccola avevo visitato questa città e fin da subito mi ha colpito, nella sua semplicità è così unica.
Le luci calde di Bologna mi fanno sentire accolta, mi metto a scattare qualche foto, la fotografia è una passione che ho da tempo, immortalare momenti che siamo belli o brutti mi piace un sacco perché ogni foto ha una storia, la mia storia.
Dagli eventi più semplici a quelli più complessi, dai più significativi ai più inutili.
Mi imbatto in un parco, illuminato da qualche lampione, è deserto, non c'è nessuno, mi siedo sopra una panchina posta sotto un albero e rimango a soffermarmi sull'altalena di fronte a me che spinta dal vento si muove avanti ed indietro e rimango a pensare a quanto a volte vorrei non vivere più la mia vita, essere un'altra persona, cambiare vita, ma purtroppo non si può, a volte ho pensato addirittura al suicidio "forse la morte è meglio di ciò che sto vivendo" ma mi blocca sempre quel forse, quella mia paura di non sapere cosa ci sia dopo.
forse da un lato questa mia ansia è positiva perché beh se non fosse stato per questo probabilmente non starei qui.
"Ehi mi hai rubato la panchina" sento la voce di un ragazzo provenire da dietro di me che interrompe i miei pensieri "s-scusa" gli dico alzandomi di scatto e tenendo gli occhi bassi "cosa? Non ho sentito" alzo un po' la voce e ripeto "scusa non sapevo fosse t-tua" alzo lo sguardo e vedo che mi sorride è un ragazzo abbastanza alto, capelli castani e disordinati, con un sorriso contagioso che mi fa quasi arrossire nel vederlo "no macché! Stavo scherzando, non è mia, ti puoi sedere tranquillamente è solo che di solito in questo parco non ci vedo mai nessuno e quindi è un po' il mio posto per ogni volta che voglio stare da solo con i miei pensieri" "ah allora ti lascio ai tuoi pensieri" gli dico pronta per andarmene, mi blocca il braccio con la sua mano calda facendomi provare un senso di ansia e un brivido dietro la schiena "no dai, puoi rimanere qui a pensare tranquillamente!" gli accenno un sorriso, staccando il braccio dalla sua mano e mi siedo vicino a lui, rimaniamo entrambi zitti, ognuno immerso nei suoi pensieri, chissà perché ha così tanto da pensare, eppure sembra un tipo socievole, penso abbia delle persone con cui sfogarsi quando sta giù...
"Tu non sei di Bologna vero?" mi chiede spezzando il ghiaccio
"No" gli rispondo in modo secco "si sente da come parli" "già..." "di dove sei?" "Roma" "aaah bella Roma ci sono andato qualche anno fa" "si, la città è spettacolare, gli abitanti un po' meno..." gli rispondo mettendomi a giocare con le scarpe col terreno
"è successo qualcosa?" mi chiede con aria preoccupata e che pare quasi veramente interessata...
faccio un respiro profondo "più di qualcosa direi" "ne vuoi parlare?" Mi chiede avvicinandosi a me.
Improvvisamente un'ansia mi sale addosso, quell'ansia incontrollabile che ti viene prima di un compito o un'interrogazione, non gli rispondo, anche perché non ci riesco, mi blocca qualcosa dentro di me;
prendo il telefono, guardo l'ora
"Si è fatto tardi, devo tornare in hotel" "okay come vuoi" mi risponde il ragazzo riprendendo le distanze come se avesse capito il mio disagio e riprende a parlare
"ah ma aspetta, non mi hai detto come ti chiami?"
"fidati, non ti interessa saperlo" gli dico allontanandomi e non sentendo la sua risposta.
Torno in hotel e mi butto nel letto, ripenso a quel ragazzo anonimo, chissà se fosse veramente interessato a conoscermi.
Vabbè è inutile che mi faccia pippe mentali.
Tanto non lo rivedrò più probabilmente.
Cerco di prendere sonno con questa mia quasi certa affermazione che continuo a ripetermi in testa.
Dopo vari tentativi finalmente mi addormento.
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Il ragazzo della panchina - Cesare Cantelli
Fanfictionuna ragazza troppo fragile per un amore troppo stabile [completa]