Hotel cap.2

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Neanche scendo dall'autobus che mi fanno inciampare e finire quasi per terra
"oh scusa non l'ho fatto apposta"
"immagino" rispondo scocciata a bassa voce
dovrei farmi rispettare di più ma è difficile, insomma neanche io mi rispetto.
Raggiungiamo l'hotel e andiamo ognuno nella propria camera, per una volta Dio me l'ha detta buona, ho la stanza singola.
Visto che noi ragazze siamo dispari la stanza non la devo condividere con nessuno e ne sono alquanto felice. Sistemo la mia roba e mi vado a fare una doccia, ho un'ora per prepararmi visto che sono le 19 e l'appuntamento per cenare è alle 20. Pronta per andare a mangiare raggiungo il ristorante dell'hotel, appena arrivo noto che tutti si erano già sistemati e mi siedo nell'unico posto rimasto ancora libero "come va Elisa?" Mi chiede la ragazza seduta di fianco a me dopo che avevamo finito di mangiare "bene" le dico con la mia voce bassa "cosa?" "bene" gli ripeto cercando di alzare un po' il tono
"tu?" gli chiedo per essere gentile anche se non mi poteva interessare minimamente di come stesse una persona falsa come lei "mh boh, non benissimo" mi risponde.
Intanto da dietro di me sento delle risate, mi giro di scatto e vedo quel ragazzo di cui  avevo una cotta avvicinarsi a me con un piatto in mano pieno di sugo, inizialmente non capii cosa volesse fare, poi quando mi trovai tutto il sugo della pasta addosso e sopratutto sui capelli realizzai, cominciano tutti a ridere la ragazza di fianco a me si sta sbellicando dalle risate "ora sto molto meglio" mi dice "io no"  le rispondo cercando di togliermi il pomodoro almeno dalla faccia, lei mi ignora e si gira verso il ragazzo "grande, Luca!" e gli batte il cinque.
Prendo il mio giacchetto e scappo nella mia camera, mi rilavo e mi cambio.
È proprio brutto non avere nessuno con cui sfogarsi, dover tenersi tutto dentro fa più male di un qualsiasi insulto o presa in giro,
avrei tanto bisogno di qualcuno che mi ascoltasse di qualcuno che si interessasse veramente di me, ma insomma, non la troverò mai almeno una persona capace di ciò se continuo ad essere così.
Mi parlo a malapena allo specchio,  figuriamoci parlare con un'altra persona di me, facendogli conoscere tutti i miei talloni d'Achille, nono io non mi fido delle persone, sono tutte pronte a girarti le spalle proprio quando meno te lo aspetti; però sento questo incessante bisogno di parlare con qualcuno, forse mi aiuterà o forse mi insulterà, ma insomma, una persona in più o una in meno che mi prende 24h su 24 in giro non è che mi cambi molto...
Quindi potrei provare no? No ma che cazzo dico. Il mio destino è diventare una gattara, non troverò mai nessuno capace di riuscire a farmi aprire questa è la cruda e triste verità.

Il ragazzo della panchina - Cesare Cantelli Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora