Il ragazzo della panchina - Cesare Cantelli

Cap. 27

avete presente quando vi sentite vuoti? Quando vorreste solo scomparire, ripartire da zero, modificare il passato?...
beh ecco mi sento così
Ho in testa solo quella sera, non riesco a smettere di pensare alle parole dell'amico del ragazzo che mi ha stravolto la vita.
Sto passando un periodo di puro silenzio, non riesco a parlare, a seguire in classe, a fare qualcosa di concreto. Sono qui fisicamente ma mentalmente sono da tutt'altra parte, ad immaginarmi varie cose che sarebbero potete succedere, che avrei potuto fare diversamente, cercando di farle finire con la solita frase "e vissero tutti felici e contenti".
Nella mia testa riesco a creare vari finali tutti belli per i miei mondi paralleli, ma per il mio mondo no, non vedo via d'uscita da quel buio che mi sta di nuovo divorando.
Forse ho veramente bisogno di parlare con qualcuno, spiegare come mi sento e tutto il casino nella mia testa.
Ma no, non voglio parlare o meglio, non ho bisogno di parlare con una persona qualunque, che sia uno psicologo, un parente, un amico. Ho bisogno di parlare solo con una persona e questa persona sono io.
Forse la persona di cui ho più paura è proprio me stessa, perché insomma pensandoci, la prima persona che mi giudica per il primo errore, non è il bulletto della classe, ma io.
Sono pronta ad affrontare le mie paure ad ascoltare le mie parole.
Registro un audio dove mi sfogo con me stessa e mi sento libera, mi sento bene.
Avevo bisogno solo di questo, di far uscire tutto lo schifo che mi stava consumando.
Dopodomani ho il concerto dei rovere a Bologna, non volevo andarci, ma ora mi sono detta perché no? Perché non posso andare ad un concerto? Se ci fosse Cesare beh, meglio così, perché ho bisogno di vederlo, forse neanche gli parlerò, ma lo devo vedere, mi manca il suo sorriso, la sua risata, la sua parlantina, mi manca lui.
E non sarà di certo un tizio che si fa chiamare come un prodotto in scatola ad impedirmi di vederlo