cap.5

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Il pomeriggio passa abbastanza velocemente, non succede nulla di particolare.
La sera invece, subito dopo cena, mi dirigo quasi d'istinto verso il parco della scorsa sera, da un lato spero che anche l'anonimo ragazzo ci sia dall'altro spero di no, perché ho... "paura"
Arrivo e lui sta lì, seduto, immerso nei suoi pensieri, vorrei andarmene ma qualcosa dentro di me mi ferma, voglio stare lì, anche solo a fissarlo, non so perché, non so cosa significhi, ma voglio rimanere. Ho un po' d'ansia di avvicinarmi, sono un po' intimorita, insicura e continuo ad avere quella sensazione che mi fa rimanere bloccata, ma vengo trasportata da un lato di me, che non sapevo neanche di avere, che mi dice "buttati Elisa!" e l'ho fatto.
"Ciao" gli dico appena sono abbastanza vicina, mi guarda e solo ora noto i suoi occhi verdi, così belli che ti ci perdi, mi sorride "ehi! Che bello vederti!" ricambio il sorriso e mi siedo di fianco a lui "comunque grazie per l'acqua" "figurati quelli sono proprio dei bastarti! Ma perché ti trattano così?" "eh... bella domanda" gli rispondo con lo sguardo rivolto altrove per non incrociare il suo "non farti mettere i piedi in testa da loro" "ormai..." gli rispondo sconfitta "no, ormai niente! Fatti rispettare!" "non ce la faccio..." "ce la devi fare, guarda che oggi se non fosse stato per i miei amici che mi hanno detto di stare fermo uno schiaffo a quello stupido glielo avrei dato più che volentieri" mi viene automatico sorridergli, nessuno mi aveva mai detto una cosa del genere, nessuno era mai stato dalla mia parte, ma un qualcosa mi impedisce di provare ad iniziare a fidarmi di lui "grazie, ma neanche mi conosci cioè alla fine che ti frega..." mi guarda e sospira
"beh è vero, non ti conosco ma ciò non giustifica che quelli possano trattarti così! Non sopporto assiste a questi atti di vero e proprio bullismo, se non intervengono neanche i professori, mi viene spontaneo alzarmi e rimettere a posto queste persone che si approfittano delle debolezze altrui per sentirsi superiori e poi tu hai qualcosa di speciale, non ti meriti di essere trattata così ne sono sicuro" gli sorrido di nuovo, sono letteralmente pietrificata dopo queste parole che mi ha detto, ma la mia curiosità mi porta a rispondergli
"c-cosa?... cosa avrei di speciale?" gli domando tutto d'un fiato "sinceramente non lo so, forse questa parte di te la devi ancora tirare fuori" "no fidati" gli rispondo per poi fare una risatina nervosa e continuare "non ho niente di speciale, sono tutto il contrario, sono un vero e proprio disastro, un miscuglio di ansie, insicurezze e paranoie che mi bloccano nel fare tutto, vivo nella mia bolla e ogni qualvolta devo prendere delle scelte, finisco sempre per seguire la strada sbagliata, non mi merito niente, fidati un disastro non è speciale, una perfezione lo è, di certo non io" non so perché gli risposi così, dove trovai il coraggio, ma mi venne naturale.
Si avvicinò a me mise il suo braccio intorno alle mie spalle e mi avvicinò a lui
"non dire cazzate, nessuno è perfetto, ma tu fidati che sei perfetta così con tutte le tue imperfezioni" e mi diede un caldo bacio sulla testa "vorrei piangere ma non ci riesco" gli confesso "lasciati andare, tranquilla" mi risponde coccolandomi "mi hanno sempre detto quando piangevo che piangere è da deboli, sono di questa idea, per questo non piango da anni, non l'ho fatto neanche al funerale di mio nonno..." sbuffa e mi sorride "stai dicendo una marea di cazzate, piangere non è da deboli, anzi! Ci vuole coraggio nel mostrare cosa veramente senti, cosa veramente ti fa male, mostrare i tuoi talloni di Achille. Piangere è dar voce a quelle sensazioni, emozioni e dolori che le parole non riescono ad esprimere"
non so cosa rispondergli, nessuno mi aveva mai detto qualcosa del genere, nessuno aveva mai parlato così tanto con me, ma sopratutto di me, nessuno mi aveva mai stretto a lui come per dirmi "io ci sono", non sono abituata a tutto ciò vorrei scappare ma mi fa piacere stare con lui, amo stare appoggiata sul suo petto e sentire i battiti del suo cuore, nonostante ciò mi stacco dal suo abbraccio, amo gli abbracci, ma allo stesso tempo il contatto fisico mi fa strano.
Spezza il ghiaccio dopo vari minuti di silenzio "quindi tu vai ancora a scuola?" "Si, vado in quinto" "ah quindi hai 18 anni! sembri più grande!" "in realtà ne ho 17, ho fatto la primina" rido e continuo "sei la prima persona che mi dice che sembro più grande" gli dico grattandomi dietro la nuca "tu invece? Quanti anni hai?" gli chiedo curiosa "25, un po' più grande di te eh" ride e lo faccio anch'io, contagiata da lui. La serata passa abbastanza velocemente, abbiamo fatto vari discorsi strani ma belli, si fa tardi e devo tornare in hotel.
"allora io vado" gli dico "va bene, ma aspetta! Me lo vuoi dire il tuo nome?" "In realtà mi piace questa cosa che rimaniamo anonimi" gli confesso e rido "va bene" mi risponde arreso, ci salutiamo e le nostre strade si separano.
Il giorno seguente non successe nulla d'interessante, fin quando non mi fermai insieme alle mie compagne di classe, i maschi erano andati per conto loro a vedere non so cosa, ad una gelateria in centro, prendo i miei soliti due gusti cioccolato e limone, già una combo un po' particolare ma che insieme sta una favola.
Ci sediamo su un muretto e assaporo il mio gelato mentre ascolto le conversazioni delle altre ragazze "ma avete visto che fregno quello" "mazza se me lo farei" non capivo a chi si riferivano quindi ho cercato di seguire i loro sguardi ed indovinate? Stavano parlando del ragazzo della panchina. AOOO BELLE L'HO VISTO PRIMA IO.
"Tu Elisa che ne pensi?" mi chiede una di loro "beh io in realtà..." mi interrompe un'altra "lo sappiamo che sei lesbica, ma è oggettivamente bello no?"  dice seguita dalle risate delle altre, mi sento a disagio e mi viene spontaneo abbassare la voce  "Io non sono..." vengo interrotta di nuovo "si eh!" Mi dice quella accanto a me dandomi una gomitata sul braccio e facendomi di conseguenza cadere il gelato che avevo in mano e parte una risata generale da oche che attira l'attenzione di tutte le persone che stavano la, compreso del ragazzo, che appena vede la scena, mi viene incontro, le altre lo notano, "oh raga guardate chi sta venendo" "secondo me già ci ama" "come mi sta il trucco?", Dio quanto sono odiose! appena lui è abbastanza vicino a noi, loro lo salutano e lui gli accenna un sorriso forzato per poi girarsi verso di me "non dire niente per favore" gli dico non riuscendo a guardarlo negli occhi.
Mi prende il polso "tu ora vieni con me" mi dice tirandomi a lui e ci allontaniamo

Il ragazzo della panchina - Cesare Cantelli Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora