capitolo 6

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The circle of an empty day
is brutal and at night it
tightens around your neck
like a noose.
(Elena Ferrante)




Quando tornammo in camera ero ancora confusa.

Speravo che Ariel mi dicesse qualcosa in più, ma era rimasta silenziosa per tutto il tempo.

Non si poteva sentire una mosca, solo il continuo scorrere del mio sangue nelle orecchie.

Inciampai un paio di volte per le scale. La troppa fretta di Ariel mi destabilizzò.

Quando arrivammo in stanza mi diede un pigiama e mi pregò di restare a dormire da lei.

All'inizio ero titubante, ma alla fine cedetti.

Poco dopo ci eravamo messe a dormire, lei si era addormentata subito, ma io ero rimasta ancora a pensare. Avevo sempre la paura di fare incubi che mi manteneva sveglia, ma questo non era il motivo principale per cui lo ero adesso.

Mi nascondeva qualcosa. Non ci conoscevamo da tanto tempo, in realtà da pochissimo tempo, quindi era giusto che non mi dicesse nulla. Ma sembrava che in qualche modo avessimo instaurato un rapporto speciale. Anche se non avevo mai avuto un'amica e lei era l'unica persona della mia età che mi aveva rivolto la parola negli ultimi dieci anni.

Avevamo ancora i capelli e i vestiti bagnati.

La testa mi faceva male e lo stesso era per Ariel poco prima che si addormentasse.

Lei non ci mise molto ad addormentarsi. Io mi alzai più volte girando per la stanza, ma non riuscivo ad addormentarmi.

Osservai i vari dischi disposti in ordine sullo scaffale accanto alla porta.

Ripensai al mio vecchio Mp3 abbandonato nel fondo del cassetto in camera mia, insieme alle cuffiette malridotte che tenevo da tanti anni. Per il mio dodicesimo compleanno la signora Wright mi aveva regalato quelli oggetti, pensando che la musica fosse l'unico strumento di allontanare i brutti pensieri lontano dalla mente.

Aveva ragione. Erano poche le volte che non li avevo usati prima di arrivare qui.

Continuavo a pensare a questo posto. Non c'era nessuno che si preoccupasse di quello che facevano i ragazzi che abitavano qui?

Sfruttai l'occasione.

Avevo bisogno di fare qualcosa, perciò decisi di lasciare Ariel in camera ed andare in piscina.

Sapevo come arrivarci, non avevo un costume, ma avevo veramente bisogno di muovere le gambe e fare qualcosa.

Non potevo farlo e se qualcuno mi avesse scoperto sarei finita in seri casini. Ma fortunatamente non sentivo nessun rumore e nessuno si vedeva in giro. Nessuno che faceva da guardia.

Era notte fonda.

Le candele non erano accese e andai a sbattere contro qualche scultura quando cercai di arrivare alla porta della piscina. Non feci cadere nulla e ringraziai Dio.

La porta dell'ufficio dei direttori era aperta e una leggera luce proveniva dall'interno. Non ci entrai, anche se avevo voglia di vedere che cosa ci fosse all'interno che brillasse in quel modo.
Forse c'era il direttore che stava ancora lavorando, perciò rallentai il passo e ridussi il rumore dei miei passi il più possibile.

Cercai di spingere la porta ma era chiusa. Sbuffai delusa.

Il legno scricchiolava per colpa delle mie spinte. Dannazione.

Cercai di fare altri tentativi, ma solo dopo il quarto tentativo la porta si aprì.

Uno strano odore di cloro mi invase le narici e mi bruciarono quasi gli occhi per la sensazione di disgusto. Ma quanto cloro hanno messo?

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