capitolo 27

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"Ma tu chi sei
che avanzando
nel buio della notte
inciampi nei miei
più segreti
pensieri?"
(William Shakespeare)







Quella conversazione non si era conclusa.

Non avevo ricevuto nessuna risposta consistente, nonostante avessi scoperto delle cose che dubitavo mi sarebbero state utili in futuro.

Avevo ancora dei dubbi, la testa era pesante come se qualcuno me la stesse spingendo con forza dentro l'acqua.

Cercai di distrarmi, togliendo i pelucchi che erano rimasti incollati alla stoffa del divano o cambiando canale alla televisione in continuazione perché nessun programma riusciva realmente a interessarmi.

Eros continuava a tormentarmi, Margaret nel frattempo non era ancora a casa, Mason invece era sparito da qualche parte.

Mi alzai e persi l'equilibrio per qualche secondo, avevo preso un antidolorifico che non mi faceva più sentire tutto quel dolore, anche se comunque lo sentivo, ma in una maniera sopportabile.

Afferrai il telefono di Mason e digitai un numero.

Sapevo che non dovevo scrivergli, ma decisi di farlo lo stesso.

Cercai nella rubrica il suo numero di telefono e scrissi un messaggio.

Il cuore prese a battere, mentre fissavo lo schermo aspettando una risposta.

Spostai lo sguardo sulla credenza, poi sul frigo e poi ancora sul pavimento, mentre aspettavo che rispondesse.

Nel frattempo stavo sentendo passi sopra la mia testa, segno che Mason si stava spostando al piano di sopra.

Sbattei qualche volta la mano sul tavolino, impaziente della risposta.

Dopo poco tempo, uno squillo riempì lo spazio silenzioso e quasi sobbalzai perché non mi ero aspettata una risposta.

Alle nove, dal Black

Tirai un sospiro di sollievo, ma quando mi accorsi di che ore erano, quasi urlai.

Erano esattamente le 8 e 41 e non sapevo neanche dov'era il Black.

Corsi al piano di sopra anche se rischiai di cadere una ventina di volte. Afferrai un paio di pantaloni larghi neri, una maglia con il collo alto nera e una giacca, poi quando li infilai le scarpe, Mason scese al piano di sotto, apparendo ai piedi della rampa di scale.

"Dove stai andando?"

Non gli risposi, ma presi il suo telefono e uscii velocemente dalla casa.

Il dolore alla gamba stava passando velocemente per l'adrenalina e mentre camminavo velocemente cercai di memorizzare l'ambiente intorno a me. I palazzi, i negozi, i lampioni, i cespugli e anche le persone che passavano accanto a me.

Avevo preso una felpa nera velocemente al posto della giacca e mi misi subito il cappuccio sulla testa, non appena varcai la porta d'entrata.

Le macchine sfrecciavano vicino a me. Mi facevano muovere i ciuffi di capelli che uscivano dal cappuccio, che a fatica riusciva a coprirmi del tutto la testa.

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