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Lance tornò dalla discarica, ma il suo ovvio desiderio di raggiungere Keith venne bloccato da Emilia con un cesto pieno di lenzuola da stendere.

Con non troppa fatica la donna convinse il ragazzo ad aiutarla (minacciandolo).

Risalirono la piccola collina fino a raggiungere la piscina principale, accanto al campo di ulivi.

Emilia legò un filo da un capo a un altro di due paletti in legno di medie dimensioni.
Sbatté un telo per pulirlo porgendo le altre due estremità a Lance che, dopo tutti quegli anni, sapeva benissimo cosa fare.
Indietreggiò sull'erba superando l'altro lato del filo teso e recuperando delle mollette.

Emilia era una persona molto solare, se non che giovanile, aspetto, movenze e modi di fare, riconducevano tutti ad una giovane donna in pieno del suo fiorire.
Era la persona più matura che Lance conoscesse e l'unica con cui si confidava davvero.

Ma come ogni membro della famiglia, anche se non di sangue, aveva un difetto.
Logorroica, parlava, parlava davvero tanto. Ma non era mai stato un vero problema, la sua voce calda e amorevole era capace di farti sentire bene e al sicuro.

Inoltre non dava aria alla bocca, ciò che diceva lo pensava davvero e rifletteva sempre. Una donna intelligente di cui Lance si fidava cecamente.

-Qualcosa non va?-

Lance non assimilò la domanda, assortito tra i suoi pensieri con lo sguardo fisso tra le lenzuola stesse.

Pensa a Keith, a come avrebbe fatto ora che tutto il suo futuro si era sconvolto.

Alla fine dell'anno avrebbe raggiunto la madre mandando avanti con i suoi fratelli il negozio di famiglia.
Si sarebbe sposato e avrebbe avuto dei bambini.
Suo padre lo voleva al negozio, sua madre voleva nipotini e fino a poco tempo fa lui una moglie.

Era incredibile come tutto si potesse ribaltare, come una cosa tanto programmata e importante subito dopo possa parere irrilevante.

Voleva Keith, voleva solo lui.

Voleva laurearsi, andare a vivere con lui e chissà, adottare una bambina.

Desiderava più di ogni altra cosa aprirsi, gridare ciò che provava, mettere a chiaro che la sua vita era la sua vita.

Ma qualcosa lo aveva sempre bloccato.

"Qualcosa".

Sapeva benissimo cosa fosse, paura di deludere le aspettative, non era abbastanza forte per reggere  testa alla rabbia di suo padre e alla tristezza negli occhi della madre, illusa.

-Allora?-

Lance alzò la testa, -Io, io sto bene-.

Bugia, una bugia tanto grande che lo stava consumando.
Portata avanti da anni ormai.
Tutto per il bene della famiglia secondo lui.

Non poteva lacerarla ancora di più, avevano già troppo a cui pensare, troppo a cui tenere i nervi sardi. Un piccolo colpo e tutta la nave sarebbe affondata.
Perché dopo essersi scontrata contro malattie, lutti, drammi e delusioni, non poteva esserci lui.

Così restava lontano, un piccolo iceberg abbandonato ad un oceano impetuoso.

-Ti vedevo distratto, finisco io qui. Tu vai a casa, devi essere affamato-

Erano oramai le 14:00 e il stomaco fremeva per ricevere del cibo.

Percorse tutto il viale e raggiunse l'entrata dirigendosi in cucina.

-Mamá, ¿qué queda de la noche anterior?-
Aprì il frigorifero.

-Qualche avanzo, i rustici e un po' di torta. Se hai fame in freezer c'è la pizza da scongelare-

La donna gridava dal piano superiore con estrema calma.
Lance optò per la pizza e la mise in microonde.
Chiuse lo sportello e azionò l'elettrodomestico.

-Che sto facendo-
Si strofinò gli occhi con due dita.

-Una pizza?-

Keith sbucò dalla porta sul retro con un bicchiere di limonata in mano e una maglia decisamente troppo larga per essere una delle sue.

Lance sorrise, -Niente, riflessioni interne-.

Keith si sedette sulla tavolata a penisola lasciando riposare le sue gambe stanche.

Appoggiò le mani al banco e lasciò andare indietro la testa guardando il soffitto.

-E per la cronaca non si mette qualcosa con ancora il ghiaccio sopra nel microonde-
Rise, scuotendo la testa.

Lance si morse il labbro, -Devo ricordarti che tra i due sono io quello che sa cucinare-

Il corvino lo guardò con fare di sfida, -Non mi pare-

Lance accettò volentieri il gioco e lo avvicinò a se prendendolo per la vita, Keith lo lasciò fare inarcando la schiena accentuandone il movimento.

-Cambierai idea stanotte-
Gli sussurrò il castano  accanto all'orecchio.

-Su cosa?- Nadia entrò salterellando facendo irrigidire e allontanare i due ragazzi.

Rimasero in silenzio confidando nella memoria a breve termine che solitamente possiedono i bambini.

Nadia aveva solo voglia di giocare e fortunatamente per loro dimenticò presto.

Trascinò i due ragazzi nella sua camera per due ore consecutive.
Bevvero del tè finto e mangiarono cibo di plastica, cercando di compiacere la piccolina il più possibile.

Era raro e importante per lei passar del tempo con suo Zio e avere anche Keith, beh non le pareva vero.

Forse li schiavizzò un po', ma d'altronde era sempre una McClain.

-Nadi possiamo andare ora?-
Lance poggiò la tazzina rosa sul piattino.

-Di giaaaaà?!-
Sporse il labbro.

-Dobbiamo prepararci per i fuochi d'artificio di stasera-
Keith con queste poche parole illuminò di gioia il viso della bambina.

-OK!- Gridò allegra.

-Spit, Mr. Gee, LadyTaffy, con permesso-
Lance si alzò salutando cordialmente tutti i peluche meticolosamente posizionati attorno al tavolino, ognuno con i propri gaget.

Anche Keith sì mise in piedi, il dolore alla schiena lo stava consumando, quelle sedioline azzurre erano davvero troppo piccole.

STUCK HERE | KlanceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora