Capitolo 1: Gucci Gang.

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Corro lungo le strade trafficate, i tacchi ticchettano nel frattempo. La maggior parte delle donne si sarebbe sentita a disagio a correre sui tacchi, ma io mi sono abituata a ciò dato che penso sempre sarò capace di prendere un taxi in tempo per andare a lavoro, ma non è mai così. Quindi eccomi ora a rallentare il passo mentre mi avvicino all'enorme edificio, che assomiglia ad una casa più di quanto lo sia il mio appartamento. Schiaccio il bottone dell'ascensore, ovviamente con un bicchiere di caffè in mano e una mente ignara. Non so mai in cosa mi cimento quando arrivo a lavoro, maggiormente perchè c'è sempre un nuovo progetto, un nuovo cliente...una nuova star.

Mi è stato detto che ci sarebbe stato qualcuno un po'...più importante...qui oggi e, appena le porte dell'ascensore si aprono, vedo esattamente chi è. L'uomo in sè, il capo del mio capo del mio capo. Alessandro Michele, i suoi capelli sciolti come li tiene in ogni foto, indossa tutti indumenti Gucci, insomma considerando che è un pezzo grosso, non mi aspetterei altro. Lui è il direttore creativo di Gucci, qualsiasi disegno io faccia prende spunto dalla sua visione, o deve guadagnarsi la sua firma d'approvazione.

Esco dall'ascensore e lancio un'occhiata in giro nel lucente ufficio per vedere come si stanno muovendo gli altri e noto che tutti si muovono al loro solito ritmo, nessuno batte ciglio e immagino che siano state già fatte le presentazioni. Non sono mai stata una che gira intorno alle cose o timida, quindi faccio un passo in avanti, sorridendo allegramente all'uomo che fisicamente a me mi è sconosciuto, ma, attraverso le e-mail, lo conosco meglio di chiunque altro. Gli allungo la mano e lui la accetta, scuotendola con fermezza.

"Sono El Montgomery, a capo del team design speciali a New York. Ci siamo sentiti via e-mail, ma è un piacere finalmente conoscervi dal vivo." dico sicura di me e ritiro la mano nello stesso momento in cui lui lo fa con la sua.

"È un piacere conoscerti, El Montgomery." il suo accento italiano è marcato, proprio come immaginavo sarebbe stato. È un po' più alto di me, esattamente come mi aspettavo, considerando che io sono 1.72 senza tacchi, ma io non tolgo mai i tacchi.

"Vi hanno assistito? Fatto fare un giro?" chiedo, posando il raccoglitore sulla scrivania, allegerendomi un po'. Lui annuisce lentamente e io sorseggio il mio caffè. "Bene. Odio lasciarvi così presto, ma ho un appuntamento per il quale sono già in ritardo e da quel che ho sentito dal ramo alto di New York è piuttosto importante, ma immagino voi siate qui per affari, quindi ci vedremo in giro?" chiedo, osservando la mia assistente prendere il mio raccoglitore dalla scrivania e dirigersi verso quella che è la sala per l'incontro.

"Sono io l'appuntamento, El, andiamo insieme." ride, sembra gentile e meno intimidatorio di quanto pensassi.

"Oh, sì, signore, sarebbe perfetto." gli dico, invitandolo a seguirmi.

"Non c'è bisogno che mi chiami signore, solo Alessandro. Sai accogliere la gente, El, mi piaci." mi dice e io gli sorrido, sapendo di star mettendo in atto un teatrino, ma non mi importa, gli piaccio e ne sono felice perchè ho bisogno di questo lavoro.

"È il fascino del sud." ammetto, aggiungendo un sorriso smagliante alla fine della frase. Lui non parla molto, a meno che non si tratti di affari suppongo, perchè per il resto del corridoio non dice una parola. Apro la porta della sala incontri, notando tutto il mio team di design seduto su delle stupide sedie cigolanti, una lasciata libera per me. È presente anche Jaclyn, il capo del ramo, a capotavola e, appena entro, vengo salutata dal suo sguardo d'acciaio.

"Sei in ritardo, El." mi rimprovera a bassa voce Jaclyn.

"Stava parlando con me, ma che lo sia o meno, ho cose più importanti di cui discutere. Per prima cosa, la ragione per cui sono qui." appena conclude, si sente un brusio e una voce all'interfono.

Stylist [h.s. - italian translation]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora