He did it again

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Frank, che quella mattina si era svegliato con i buoni propositi, si rabbuiò alla vista di Andres.
«E così lo sei andato a dire, eh?»
«Co-come? Dire cosa?»
«Oh non fare il finto tonto, Frank» Andres fece scivolare un dito sulla mascella del ragazzo, molto delicatamente, con un sorriso sarcastico sulla faccia.
«Non ho detto nulla, davvero»
«Ah no? Allora perchè diamine sono stato chiamato in presidenza e mi hanno sospeso per due giorni?!»
Gli occhi di Frank si sgranarono. Lui non aveva detto nulla davvero, proprio perché aveva paura che riaccadesse.
Sarebbe stato volentieri nell'ombra, tenendo tutti all'oscuro della cosa; tenendo se stesso all'ombra di quello che era successo, impedendosi di farlo tornare alla mente.
Infondo cosa poteva fare? Era appena arrivato, non aveva ancora confidenza con i suoi due amici attuali e non voleva dare noia già i primi giorni di scuola.
«Perciò non perdo nulla a picchiarti di nuovo prima di andarmene» Sghignazzò, sbattendo Frank contro gli armadietti dietro di lui. «Mossa sbagliata, cane»
E così Andres cominciò a picchiare il ragazzo.
Questa volta non era accompagnato dai suoi amici, ma non aveva bisogno di loro; Frank era debole in confronto a lui.
Dopo aver finito, Frank si accasciò da solo a terra.
Non reagì, di nuovo.
E nella sua testa cominciarono a frullare i pensieri di quanto fosse inutile. Si sentiva inutile.
Se non poteva difendere se stesso, non sarebbe stato in grado di difendere quelli che amava.
Lui non voleva questo. Ma non sapeva come reagire.
Non riusciva a farlo.
E non credeva che Andres avrebbe smesso, vedendolo così remissivo.
Gli studenti cominciarono a passare per i corridoi, così Frank si mise le mani sulla testa, fra i capelli; finse di stare lì per caso, di non esserci proprio, anzi.
Voleva solo sprofondare nel pavimento di quella scuola, o meglio scomparire e non ritrovarsi da nessuna parte.
Ma qualcosa poco più tardi gli ricordò di esistere.
Qualcuno lo toccò con un piede, come si fa con gli animali per controllare se sono vivi o morti.
«Il mio armadietto.
Dovrei aprire il mio armadietto»
Frank tolse le braccia dal viso solo quando riconobbe quella voce.
E quante erano le probabilità che quello doveva essere proprio il suo armadietto? Pensò Frank.
Strisciò di lato, e successivamente si alzò, mettendosi il cappuccio e camminando verso l'uscita.
«Scusa?» Chiamò Gerard inclinando la testa di lato, mentre ancora lasciava delle cose nell'armadietto.
Frank si girò per metà, in modo da non mostrare il suo viso; anche se Gerard l'aveva già notato.
«Sì?»
Il ragazzo dai capelli biondo cenere chiuse l'armadietto e ci si appoggiò contro con un braccio, sospirando. «Lo ha fatto di nuovo» Mormorò, sentendosi in colpa.
«Come?» Chiese Frank, confuso.
«Mi dispiace» Lui lo raggiunse, mettendogli una mano sulla spalla; o almeno era quello che stava cercando di fare, ma lo aveva sfiorato a malapena per mezzo secondo.
«Per cosa?»
«Ho raccontato io dell'accaduto. Mi dispiace. Non credevo venisse da te di nuovo. Mi-»
«È okay» Rispose Frank sollevando il mento, e mostrando un sorriso.
Gerard rimase sorpreso, e lo si poteva notare da come le sue labbra si erano schiuse e gli occhi si erano aperti leggermente di più.
«Hai creduto di fare la cosa giusta. Ed era la cosa giusta da fare, avrei dovuto dirlo io e anche la prima volta; non è stata colpa tua se lui è tornato.»
«Ho sottovalutato il grado di ignoranza di quel ragazzo»
«Definisci ignoranza la sua?»
«Sì. Perchè ci sarò io ad aspettarlo quando farà il suo ritorno»
Oh. Frank non ebbe tempo di rispondere, o ribattere, che Gerard se ne andò e lo lasciò lì impalato a pensare.
Ma perchè si era preoccupato di andare a dirlo al suo professore?
Forse non era quello il problema. Ma Frank davvero voleva saperlo.

A ricreazione, Frank disse ai suoi amici di voler provare a parlare con Gerard - dando loro la spiegazione di quello che aveva fatto.
Lo trovò al solito tavolo della mensa, vuoto, con il capo chino sul telefono. Non stava mangiando nulla, il suo vassoio era ancora totalmente vergine.
Si avvicinò un po' titubante e raggiunse la panca di fronte alla sua. Restò in silenzio a vedere la sua reazione, ma a quanto pare non avrebbe alzato la testa per alcun motivo.
O magari l'avrebbe fatto per morderlo se si fosse seduto.
«Ehm... posso sedermi?»
«Ci sono tanti posti, non credi?» Rispose distaccato con nonchalance, senza alzare lo sguardo.
«Certo. Ma sono qui per un motivo»
«Quale sarebbe?»
«Potresti guardarmi anche solo per un momento? Non che mi piaccia avere la tua attenzione, ma vorrei soltanto guardarti e sapere che sto parlando con una persona.» Si morse il labbro non appena finì di parlare; non era stato scorbutico ma aveva parlato in modo fin troppo veloce e poteva risultare frustrato. E forse un po' lo era.
E non appena attirò l'attenzione di Gerard, andò in panico.
«Ehm... beh» Adesso era Frank a non guardarlo. «Volevo dirti... cioè, volevo ringraziarti. Sì, ringraziarti, per prima. Ciao.» Si girò e, tenendo saldo il vassoio tra le mani, camminò verso il centro della sala.
Dove, casualmente, cadde.
Eh no, non casualmente, pensò subito dopo aver visto i due amichetti di Andres calpestarlo con i piedi e scavalcarlo mentre se la ridevano.
Adesso il suo ciuffo era impregnato di succo all'arancia, così come il viso e parte della sua camicia bianca.
Fantastico.
Si alzò strofinandosi una manica sulla faccia e raccolse il vassoio e il cibo caduto da terra restando in ginocchio; ma quasi subito Ron lo raggiunse e lo aiutò.
«Dio. Ecco. Vedi cosa succede a restare da solo?»
«Non ero da solo... io stavo parlando con Gerard Way ma poi... mi sono girato e...»
«Ehi» Ronald mise una mano sulla spalla del moro, «Quello lì non è tuo amico. Non ne vuole lui, amici
«Grazie Ronald, è molto rassicurante, ma non penso sia colpa di quel ragazzo se uno degli amici di Andres mi ha fatto lo sgambetto.» Detto questo, Frank si girò a dare un'occhiata al tavolo dove era seduto Gerard, e vide che non c'era più. Era sparito nel nulla, ancora una volta.
«E Jane dov'è?»
«Oh, è uscita con Dave.»
«Dave... quel Dave?»
«Dave quel Dave. Il ragazzo più popolare della scuola.»
«Oh... bene. Almeno qualcuno si è ambientato qui» Rispose Frank facendo un sorrisetto compiaciuto, e Ron lo guardò come se fosse pazzo; lui non era felice della scelta dell'amica, sapeva che tipo fosse Dave.
«Per quanto riguarda la tua vita sentimentale?»
«No. No Frank, cammina e non pensarci»
«Ma lo stavo chiedendo a te-»
«Zero. Su, su, devi andare a matematica.» Ron spinse l'amico per le spalle e lo guidò fino a fuori la mensa.

«Mi preoccupo per te.» Disse tutto d'un tratto il biondo riccioluto, attirando l'attenzione di Frank che disegnava sul banco al cambio d'ora.
«Come? E per quale motivo?»
«Ti stai avvicinando a Gerard. Beh, ovviamente lui non ti viene incontro, ma tu... perchè ti ostini a cercarlo?»
«Sai Ron... non lo so. All'inizio era solo curiosità. Ma adesso sento di, come dire, sento di volerci fare amicizia. Penso sia una brava persona. Dopotutto mi ha salvato,» Inclinò la testa di lato aggrottando la fronte, «Beh, la seconda volta non è andata a buon fine ma... non mi affido di certo a delle voci infondate che girano su uno stupido blog.»
Ron rimase in silenzio. Guardò l'amico e pensò che parlare, ribattere, sarebbe stato abbastanza inutile.
Frank era caparbio e determinato, anche se introverso.
La sua curiosità vinceva su tutto.
Il suo era sia un difetto che un pregio, quello di essere capace a fare di tutto pur di soddisfare i propri desideri; ovviamente niente di losco, Frank era un tipo apposto.

𝒊𝒍 𝑵𝒐𝒔𝒕𝒓𝒐 𝑷𝒐𝒔𝒕𝒐 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora