Chapter IV : "Autodistruzione"

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Nei successivi giorni Camila non si sentì di andare a scuola, era stranamente stanca e improvvisamente triste per uscire. Era rimasta tutto il tempo sul letto. Non fece nemmeno uno sforzo se non quando la madre tornava in camera per portarle il pasto. Ci aveva litigato, insieme al padre, perché volevano che ritornasse a scuola, quindi la sua voglia di rimanere sotto le lenzuola era soltanto aumentata.

Sua madre quel giovedì fece lo stesso: entrò in camera e le portò il pranzo su un vassoio da letto si legno. Non proferì parola, ma Camila stavolta fece una cosa che non faceva ormai da anni: la prese dal polso e la spinse forse lei per abbracciarla. Era seduta, mentre la madre piegata.

"Per favore, smettila di continuare in questo modo" disse tra le lacrime.

Non passò molto tempo prima che la madre si staccasse e le tirasse un ceffone.

"Hai diciassette anni. Sii più matura"

"Me lo hai detto anche l'anno scorso, e avevo sedici anni, e anche due anni fa, e tre anni fa. Per te, quando avrò il diritto di essere trattata come tua figlia?"

"Tu mi hai portato via l'unica cosa che amavo davvero, Camila! Come posso perdonarti? Come?!"

"Io non l'ho fatto apposta!"

"Potevi essere così maleducata quel giorno, e avresti evitato così una famiglia infelice, invece non hai perso il controllo"

La porta fu chiusa forte e Camila rimase sola in camera. Aveva iniziato un pianto isterico e fu titubante nell'idea di chiamare Ally o no. L'amica in tutta la sua vita l'aveva vista piangere solo una volta, ma da quella volta in poi Camila non la disturbò perché si sentiva un peso. Avete presente quando conoscete una persona complicata e non sapete come gestirla? Sentite uno zaino pesante addosso, ed è la sua vita. Ecco, Camila il suo zaino voleva portarlo da sola, non voleva liberarlo per far portare un po' di contenuto all'amica. Anche per questo motivo, Camila, fu una delle ragazze che non riuscì a correre a passo delle bambine della sua età, quindi si fece male, tanto male.

"Ally" aveva la voce tremante.

"Mila! Tutto ok?" disse felice l'amica. Era da qualche altra parte, non a casa. Camila lo percepiva dai rumori che sembravano quelli di un bar e dalle chiacchiere della folla.

"È Camila? Come sta?" chiese una voce familiare.

Camila corrugò le sopracciglia e ben presto tra i suoi dolori lasciò spazio anche a quella delusione.

"Con chi sei?" domandò, sperando che l'amica non mentisse.

"Con nessuno"

"Avrei preferito che tu me lo dicessi" chiuse la chiamata.

Asciugò le lacrime, si alzò e uscì dalla stanza, per recarsi nella cosiddetta da lei stanza dei dolori, perché ci andava solo quando stava male. All'interno vi era un sacco da boxe, un pianoforte, una chitarra acustica, una elettrica e una acustico-amplificata.

Si diresse verso il tappetino su cui fluttuava il sacco attaccato al soffitto.
Guardò verso il borsone abbandonato vicino alla porta. Non aveva intenzione di mettere i guantoni, il casco, tantomeno l'abbigliamenti specifico.
Lei si voleva fare male, quindo evitava le precauzioni.

"Questo è perché non ti sei preoccupata" un pugno, di media forza. "Questo perché in questi giorni non mi hai chiamata" diede un altro pugno con l'altra mano. "E questo perché mi hai mentito, perché con te c'era Lauren e tu non me lo hai voluto dire perché non ti fidi"

Passò il pomeriggio in quel modo: pugni e calci, nient'altro.
Lei non voleva controllare le sue emozioni quindi quando stava male si rovinava le mani in quel modo, tirando poi pugni al muro come se il medesimo fosse la sua anima odiosa.

In tardo pomeriggio era già stanca.

Si sedette a terra, contro il muro freddo e respirò affannosamente.

"Sei una bastarda, Allyson. Io con te ho chiuso"

Le lacrime le aveva finite, perché in quel momento era solo arrabbiata. Si alzò e diede un pugno forte contro il muro. Gemette dal dolore perché le sue nocche erano stanche e insaguinate, ma c'era abituata.
Si recò verso il borsone vicino alla porte e da esso prese delle fasce, come al solito. Andò in bagno e senza nemmeno disinfettare le mani perché non ne aveva voglia, me fasciò soltanto per evitare sangue sul letto.

Non poteva muovere le dita, ma c'era abituata, e può sembrare strano, ma a Camila piaceva distruggersi in quel modo. Le piaceva vedere il sangue scendere. Forse era convinta che si meritasse tutto quello? Forse credeva che fosse il modo migliore per perdonarsi, ma perdonarsi di cosa? Ogni sera, quando andava a letto, chiedeva scusa dieci volte con gli occhi chiusi, ma nessuno lo sapeva.

Ho perso il controllo ➳ CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora