Cap. V

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Il Sole inondava di luce la valle dove quello stretto passaggio li aveva condotti e davanti ai loro occhi si ergeva, tra le limpide cascate, uno splendido palazzo; l'intera compagnia era a bocca aperta, tutti tranne uno ovviamente.

Thorin Scudodiquercia guardava tutto ciò che ai suoi compagni scaturiva meraviglia con dubbio e diffidenza, la mascella era contratta e i muscoli tesi dallo sforzo che faceva per resistere all'impulso di tornare indietro senza preoccuparsi della probabile morte.

Nemmeno Miriel era troppo felice di trovarsi lì, dopotutto gli Elfi avevano voltato loro le spalle nel momento del bisogno, però sentiva le forze abbandonarla progressivamente e aveva anche una certa fame; di sottecchi osservò Thorin e non si stupì affatto di trovarlo con sguardo torvo e le braccia incrociate sul petto.

 «La valle di Imladris» disse Galdalf «Nella lingua comune è nota con un altro nome» continuò

 «Granburrone» concluse Bilbo estasiato da ciò che vedeva

 «Qui si trova l'ultima casa accogliente elfica ad Est del mare».

Thorin si girò velocemente verso lo stregone per ringhiargli contro

 «Era il tuo piano fin dall'inizio. Trovare rifugio dal nostro nemico» il suo sguardo era minaccioso e pieno di furia

 «Non hai alcun nemico qui, Thorin Scudodiquercia; il solo malanimo che aleggia in questa valle è quello che porti tu stesso» gli rispose a tono lo stregone, ponendo fine alla discussione.

In fila si avviarono verso i cancelli di pietra riccamente decorati di bassorilievi e statue, attraversarono il fiume dall'acqua limpida e si fermarono in quella che sembrò loro una piccola piazza; un Elfo dai lunghi e lisci capelli castani si avvicinò solenne a loro e salutò Gandalf in lingua elfica.

 «Ah Lindir, devo parlare con re Elrond» lo salutò lo stregone prima sorridendo poi facendosi serio

 «Il mio signore Elrond non è qui» rispose inespressivo l'altro

 «E dove si trova?» chiese Gandalf pochi secondi prima che un corno risuonasse tra le pareti rocciose della valle e un gruppo di Elfi a cavallo si avvicinasse a loro a gran velocità.

La reazione dei Nani fu immediata.

 «Serrate i ranghi!» fu l'ordine di Thorin e si misero tutti a cerchio intorno allo hobbit con le armi ben in vista, guardando minacciosi gli Elfi che gli trottavano intorno.

 «Gandalf» un elfo a cavallo salutò lo stregone, vestito come tutti gli altri ma con una sottile corona sopra la fronte a distinguerlo, dopo aver detto alcune parole elfiche allo stregone smontò da cavallo e aggiunse

 «Strano per gli orchi avvicinarsi così tanto ai nostri confini, qualcosa o qualcuno deve averli attirati» concluse porgendo una rudimentale ed insanguinata spada all'Elfo chiamato Lindir.

 «Ah forse siamo stati noi» disse Gandalf, allargando le braccia per indicare la compagnia.

Il re elfico si avvicinò al capo della compagnia, incuriosito dal vederlo nelle sue terre

 «Benvenuto Thorin figlio di Thrain»

 «Non credo di aver mai avuto il piacere di conoscervi» rispose l'altro con tono leggermente sgarbato

 «Tuo nonno aveva lo stesso portamento; conoscevo Thror, quando ancora era re sotto la Montagna»

 «Ah sì? Non ti ha mai menzionato» la tensione tra i due era palpabile.

Elrond lo guardò con espressione furente poi gli disse qualche parola in elfico con tono minaccioso,

 «Come ti permetti di parlargli con questo tono?! Tu, orecchie a punta» Miriel non aveva resistito e ora aveva alzato la lama verso re Elrond che la guardò dritto negli occhi, per nulla sorpreso;

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