Cap. X

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La compagnia si fermò sulla Caroccia per alcune ore, se lo potevano permettere per un po', le aquile vegliavano sui dintorni e in caso il branco di Orchi li avesse raggiunti sarebbero scappati.

Miriel si era stesa a terra e, coperta dal suo mantello, cercava di riposarsi e recuperare le forze, anche se tensione e adrenalina attraversavano ancora il suo corpo, facendola stare in dormiveglia.

I suoi pensieri erano totalmente rivolti ad Azog e alle parole che quella fetida creatura aveva pronunciato la notte precedente: aveva ucciso i suoi genitori, senza pietà, senza un briciolo di cuore, ma un aggettivo che aveva utilizzato per sua madre le era rimasto impresso; cosa significava "cuore di stella" ? Ne avrebbe dovuto parlare con Gandalf, magari lui avrebbe saputo darle le risposte che cercava


Sentì un fruscio a pochi passi da se e aprì gli occhi, vedendo un grosso stivale di metallo vicino al suo viso, subito dopo il proprietario si inginocchiò e le si sedette accanto.

 «Dovresti riposare» le disse Thorin lasciandosi scappare un sospiro e alzando gli occhi al cielo sempre più chiaro

 «Sai che non ci riuscirei neanche se tutto questo fosse finito e Erebor fosse nuovamente nostra; quello che Azog ha detto, ciò che ha fatto... io non posso riposarmi, lo voglio uccidere esattamente come lui ha ucciso i miei genitori, nostro nonno e tutta la nostra gente» disse l'altra digrignando i denti dalla rabbia e conficcando le unghie nella pelle del mantello.

 «Pensi che io non desideri avere tra le mani quella feccia d'Orco dopo tutto ciò che ci ha fatto? Dobbiamo solo attendere, arriverà il giorno in cui vendicheremo tutto il suo male» le rispose guardandola dritto negli occhi visibilmente arrossati da un po' di lacrime.

 «Tra poco ripartiamo, non appena avrai ripreso le forze» continuò il Nano, guardando l'orizzonte con la classica espressione che assumeva quando non pensava a nulla in particolare ma elaborava tutta la situzione dentro di se.

 «Sto bene, possiamo andare» Miriel cercò di rimettersi in piedi ma la forte mano di Thorin la prese per una spalla e la rimise sdraiata con poca grazia

 «Non provarci nemmeno, ripartiremo quando sarò certo che hai ripreso le forze. Cerca di stare  tranquilla adesso» le disse portandola sul suo petto ed iniziando ad accarezzarle i capelli, trasmettendole la sicurezza di cui aveva bisogno e facendole chiudere gli occhi.

I capelli riccioluti dello Hobbit spuntavano da dietro la roccia, seguiti subito dopo dai ai suoi grandi occhi castani, il capo della compagnia lo aveva mandato in avanscoperta per sapere quanto il branco di Ochi distasse da loro.

Pronti a partire, i Nani attendevano sue notizie.

Bilbo vide gli Orchi sui loro spaventosi mannari correre lungo il crinale delle montagne, Azog stava urlando loro ordini in una lingua che lo Hobbit non comprendeva; d'improvviso un ruggito fortissimo si sovrappose alle urla di Azog, attirando l'attenzione di Bilbo verso un enorme ombra scura che si trovava poche rocce sotto di lui.

Lo Hobbit tornò dalla compagnia di corsa con il cuore in gola per lo spavento, venendo però subito interrogato da Thorin

 «Quanto è vicino il branco?» chiese il Nano frettoloso con Orcrist sguainata e stretta alla mano.

 «Troppo vicino, due leghe al massimo, ma questo non è il peggio» ansimò Bilbo in mezzo ai Nani

 «I mannari ci hanno fiutato?» domandò Dwalin pensieroso e pronto a scattare.

 «Non ancora ma lo faranno, abbiamo un altro problema» rispose Bilbo cercando di riprendere fiato

 «Ti hanno visto?» Gandalf avanzò verso l'amico, visibilmente preoccupato

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