Cap. XV

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Altre due settimane passarono e il dì di Durin stava incombeva inevitabilmente su di loro, perdevano troppo tempo in quella cella dannata; ormai la speranza stava progressivamente abbandonando gli animi dei Nani.
Ma una notte Bilbo comparve dinanzi alle sbarre della cella del loro capo, portava grandi notizie:

 «Così pensi di riuscire a tirarci tutti fuori di qui?» chiese Thorin sospettoso, certo aveva imparato a fidarsi del piccolo Hobbit ma nella situazione in cui si trovavano la cosa più saggia da fare era diffidare di chiunque fosse al di là delle sbarre.
 «Come facciamo a sapere che non stai mentendo e non ti sei venduto agli elfi» rimarcò il tutto alzando un sopracciglio, le braccia incrociate sul petto.

 «Dovete fidarvi di me» non vi era menzogna negli occhi dello Hobbit, così il Nano si arrese ed accettò il piano che Bilbo gli propose.


Due sere dopo i Nani uscirono finalmente dalle loro celle, lo Hobbit aveva rubato le chiavi ed una ad una le sbarre di ferro che imprigionavano i suoi compagni furono aperte.
Li condusse per una scala, poi un'altra, un'altra ancora, un ponte, sempre più giù, fino alle cantine.

 «Perché ci hai portato qui, avevi detto che ci avresti fatto uscire» disse Fili visibilmente irritato, purtroppo per lui, o per fortuna, aveva man mano ereditato lo stesso carattere di suo zio Thorin.

 «Fidatevi di me, entrate nelle botti» disse gentile come sempre lo Hobbit, ma i Nani non erano dello stesso avviso.

 «Cosa? Entrare lì dentro?! No no no, tu sei matto» iniziarono a discutere tra di loro, cosa che fece tremare Bilbo fin nelle viscere al pensiero che gli Elfi potessero accorrere a tale baccano e scoprirli.
 «Fate come vi dice, entrate nelle botti» all'ordine di Thorin nessuno osò ribattere, un ad uno i Nani entrarono nelle botti, sporgendo poi la testa per ulteriori istruzioni.

 «E adesso?» domandò Bofur a nome di tutti
 «Trattenete il fiato» con queste parole il mezz'uomo tirò una lunga leva di legno aprendo un portellone nel pavimento, ed una ad una le botti rotolarono disordinatamente giù fino ad atterrare nell'acqua gelida del fiume.

Caddero in una piccola cascata, poi un'altra e un'altra ancora, bagnandosi dai piedi fino alle punte dei capelli; in lontananza scorsero un ponte in pietra bianca, la loro uscita.

 «Presto! Dobbiamo passare per di là» urlò Balin iniziando a remare più forte con le mani; alle loro spalle sentirono delle urla e proprio quando stavano per passare sotto il ponte i cancelli in ferro battuto si chiusero, bloccando loro il passaggio.

Sentirono i passi veloci di un Elfo che si dirigeva verso di loro poi, d'improvviso, udirono un corno e l'Elfo cadde morto in mezzo all'acqua.
 «Gli Orchi!» urlò Dwalin vedendo numerosi Orchi ripugnanti scavalcare come cavallette le mura bianche; dovevano passare ad ogni costo dalla parte opposta, dovevano scappare o per loro era finita.

Kili non se lo fece ripetere due volte dalla vocetta nel suo cuore, mentre i suoi compagni respingevano alla bel e meglio gli Orchi da dentro le botti, il giovane Nano si issò sul pontile in pietra, dirigendosi verso la leva che avrebbe permesso al cancello di lasciarli passare.
Schivando numerosi colpi da parte degli Orchi, si fece strada verso quella dannatissima leva ma mentre stava per afferrarla sentì un dolore acuto alla gamba destra; abbassò lo sguardo e vide che fonte di quel dolore non era altro che una freccia, nera come la notte.
Si accasciò a terra urlando per il dolore acuto che da li si stava propagando in tutto il corpo.

 «No Kili» sussurrò Thorin cercando di scorgere inutilmente il nipote da sotto il ponte; gli Orchi si stavano inesorabilmente avvicinando al Nano dai capelli corvini, dovevano fare presto.

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